INVESTIMENTI PER LA SICUREZZA DELL’ITALIA

Come finalmente tutti sanno, i ponti in cemento armato hanno un lungo periodo di vita oltre il quale però divengono pericolosi. Tanto che converrebbe rifarli ex novo. Infatti ciò costerebbe meno della manutenzione e della messa in sicurezza. Purtroppo nella realtà si va avanti con i rattoppi, semplicemente perché non si hanno fondi sufficienti per una soluzione radicale.
E c’è di peggio. Le scuole, nella stragrande maggioranza, non sono antisismiche e e non corrispondono agli standard che lo Stato stesso ha stabilito. Né meglio stanno gli altri edifici pubblici. Insomma, un piano di risanamento e di messa in sicurezza dell’intera Italia, ammesso che sia possibile formularlo e realizzarlo, richiederebbe una tale quantità di denaro (40? 50? 100 miliardi?) che la cosa è impensabile. Dunque chi ne parla vende fumo.
Inoltre non possiamo effettuare la spesa in deficit, perché “l’Europa non ce lo permetterebbe”. Ma secondo molti questo problema non è insolubile. Trattandosi non di spese per consumi ma di investimenti assolutamente necessari ed anche produttivi, si potrebbe chiedere all’Europa di non considerarli ai fini del bilancio nazionale, cioè del limite del 3% del deficit.
Il ragionamento è stupefacente. Comunque battezziamo quelle spese, sempre spese sono. Se un uomo ha 38 di febbre e chiede qualcosa che però farà salire la temperatura a 39, non è spostando di un grado la scala del termometro che non avrà la febbre a 39.
Ammettiamo che l’Europa autorizzi l’Italia a spendere cinquanta miliardi per i risanamenti. L’Italia non li ha, ma è autorizzata a “stamparli”. Cioè ad accreditare quei miliardi alle imprese che effettuerebbero i lavori di risanamento. Ma, dal momento che questo denaro lo Stato non lo avrebbe né guadagnato con proprie imprese (e quando mai s’è visto?) né ottenuto tassando i suoi cittadini, se ne deduce che comunque l’Italia “spenderebbe il denaro che non ha”. E ciò andrebbe ad aumentare il suo debito pubblico.
Qui bisogna essere chiari. Se l’Italia avesse ancora la lira, e spendesse una somma corrispondente a quei cinquanta miliardi, provocherebbe inflazione, diminuendo il valore delle lire che gli italiani hanno in tasca e il potere d’acquisto di stipendi e salari. Ma dal momento che l’Italia è nell’eurozona, spendendo cinquanta miliardi in deficit, non diminuirebbe soltanto il valore degli euro che gli italiani hanno in tasca, ma quella di tutti i cittadini dell’eurozona. E questi, non avendo l’anello al naso e soprattutto non avendo fruito di analoghi vantaggi, ci mangerebbero vivi, se soltanto ci provassimo. È questo il senso del “vincolo europeo”.
E allora facciamo un’altra ipotesi. L’Europa ci autorizza ad emettere titoli di Stato per cinquanta miliardi e a proporli al mercato borsistico. Così i soldi all’Italia non li danno né l’Europa né i contribuenti ma gli investitori, italiani e stranieri. Una soluzione perfetta. Tuttavia così si confesserebbe che quei cinquanta miliardi vanno a fare aumentare di altrettanto il nostro già stratosferico debito pubblico, E chi dice che allora i mercati assorbirebbero quei titoli? Gli investitori non sono affatto obbligati a comprarli. Anzi, se la nuova emissione rendesse ancor più improbabile che l’Italia faccia fronte ai suoi impegni finanziari (in chiaro: paghi i suoi debiti), gli investitori, perdendo fiducia nell’Italia, potrebbero non soltanto non comprare i nuovi titoli pubblici, ma neppure quelli che emettiamo continuamente per rimborsare i titoli in scadenza.
La conseguenza sarebbe semplice: da un giorno all’altro l’Italia fallirebbe e forse trascinerebbe nel baratro lo stesso euro. Una catastrofe per evitare la quale da sempre l’Europa cerca di frenarci, quando manifestiamo la nostra incoercibile voglia di far debiti.
La morale è molto semplice. I soldi o si hanno o non si hanno. Se non si hanno e si spendono lo stesso, li si può designare come si vuole, regali o investimenti, sprechi o necessità, li si può giudicare morali, immorali, voluttuari o indispensabili, ma sempre di debito si tratterà. E quando qualcuno fa debiti che non può rimborsare, rischia che i finanziatori non concedano ulteriori prestiti e addirittura che provochino il suo fallimento.
Chi parla di risanare l’intera Italia e di metterla in sicurezza, non sa far di conto. E questo quand’anche si metta a discettare dottamente di investimenti produttivi e di moltiplicatori keynesiani.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
20 agosto 2018

INVESTIMENTI PER LA SICUREZZA DELL’ITALIAultima modifica: 2018-08-20T09:04:20+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “INVESTIMENTI PER LA SICUREZZA DELL’ITALIA

  1. Forse la situazione e’ molto peggiore: gran parte del “patrimonio degli italiani”, pubblico e privato, che si ritiene controbilanci il debito esorbitante, e’ patrimonio immobiliare sopravvalutato (siamo il paese europeo considerato con piu’ risparmio privato, di sicuro MOLTO piu’ dei tedeschi, e poi non vogliamo pagare le nostre modestissime tasse!):

    1 – sopravvalutato dal fatto che per tradizione del nostro paese il mattone e’ la valuta pregiata in cui si accantonano i risparmi (a causa dei decenni di inflazione imprevedibile della lira e dei tassi negativi che rendevano impossibile risparmiare in altra forma);
    2 – dal fatto che, anche in conseguenza di quanto sopra, si ritengono gli edifici di durata illimitata e addirittura di valore sempre crescente;
    3 – dal fatto che la popolazione residente in crescita continua (il che evidentemente non puo’ continuare all’infinito) ha contribuito a sostenere la domanda e i valori (senza i piu’ di 5 milioni di stranieri arrivati nel nostro paese negli ultimi vent’anni le periferie, almeno al nord, sarebbero deserte e abbandonate, oppure non sarebbero cresciuti i tanti nuovi quartieri in cui mettere il corrispondente numero di italiani via da li’ trasferiti, con grande disappunto del rapporto DEBITO/PIL e degli enti pubblici di ogni ordine e grado che sulla relativa tassazione campano).

    Preso atto di questo, si vede che se da un lato gli “investimenti” potrebbero contribuire ad allungare la vita utile degli edifici e quindi sostenerne il valore, dall’altro lato si sta giocando col fuoco perche’ col solo fatto di sollevare, e anzi come al solito ingigantire enormemente il problema dell’effettivo stato degli edifici, e’ probabile si crei un sentimento comune di precarieta’ edilizia tale da farne precipitare il valore, in modo da rendere ancora piu’ difficile trovare i soldi per effettuare le manutenzioni.

    D’altra parte e’ da anni se non decenni che le millemila corporazioni e lobby spingono per ottenere dal legislatore l’obbligo della revisione periodica obbligatoria di TUTTI gli edifici: proprio ieri sentivo un autorevole esponente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri chiedersi “perche’ per l’automobile si’, e per la casa no? Prima o poi ci si arriverà” mentre altri (fra cui Aldo Loris Rossi, recentemente scomparso) sostengono apertamente nientemeno che un massiccio piano di investimenti per la “rottamazione degli edifici di scarsa qualita’ architettonica”!

    Si torna al punto di partenza cui ho accennato in un altro recente commento: che l’accumulo continuo di “roba” soggetta a decadimento prima o poi fa raggiungere il punto di soglia in cui diviene impossibile la gestione e la manutenzione, perche’ non ci sono piu’ abbastanza risorse, materiali e umane (e solo di conseguenza anche monetarie).

    E’ la spietata legge del “vantaggio marginale”. Il “di più” e’ meglio solo fino ad un certo punto: poi comincia a trasformarsi in un fardello che tira a fondo. Vale per tutto, cibo, durata della vita, e forse anche cultura, non e’ per caso che oggi abbiamo il problema dell’enorme spesa sanitaria per la parte anziana sempre piu’ numerosa della popolazione, e un curriculum studii che si estende sempre di piu’ nel tempo con peraltro risultati sempre piu’ scarsi (persino gli ingegneri escono da 20 anni di istruzione che di pratico non sanno fare nulla, e la formazione un po’ in tutti i campi tende a essere sempre insufficiente e dover diventare continua e estendersi fino all’eta’ della pensione).

    Da cui l’emergere di fenomeni come quello descritto nella parte finale di un interessante articolo trovato qui:
    https://guidovitiello.com/2018/08/16/due-libri-per-rovinarsi-le-vacanze/

    Fose ci siamo messi in una situazione “lose-lose” da cui una possibilita’ di fuga e’ nella negazione della realta’, che se quest’analisi e’ corretta e’ capillarmente diffusa a tutti i livelli della societa’, nel ceto dirigente inconsapevole non meno che nel popolo infuriato. L’altra possibilita’ di fuga e’ quella solita: una guerra distruttiva contro un qualsiasi capro espiatorio, che distruggendo tutto il superfluo e non solo, liberi spazio, e permetta cosi’ di ricominciare ricostruendo da zero. Alcuni “selvaggi” nordamericani chiamavano cio’ che per loro era un rito di liberazione dal superfluo “potlatch”. Quando sono arrivati i dominatori europei con i loro notai, i loro avvocati e le loro leggi, l’hanno reso illegale perche’ il disprezzo di quanto accumulato, della “roba”, secondo loro era immorale: meglio farsi una guerra che distrugge tutto, uomini e cose.

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