IL DRAMMA DEL CONVERTITO

Cambiare opinione è lecito. Addirittura è doveroso, se si riconosce una migliore verità. Ma non è cosa che si possa fare senza pagare prezzi e, all’occasione, correre rischi. La differenza fra il convertito e il traditore è soltanto una questione di direzione: è un convertito se da loro viene da noi, è un traditore se da noi va da loro. E chi è terzo, è libero di scegliere.
Ma la stessa intelligenza della lingua può contribuire ad uscire dal soggettivismo. Basta mettere in chiaro il significato delle parole. Il convertito è qualcuno che ha cambiato opinione in buona fede, tanto che la nuova posizione potrebbe indifferentemente essergli favorevole o dannosa. Infatti non l’ha assunta per guadagnarci. Il traditore, al contrario, è caratterizzato dal fatto che è mosso da un movente deteriore: il denaro, l’indifferenza ai doveri di lealtà, la volontà di vendicarsi a suo modo dei suoi precedenti sodali. Un qualunque profitto. E infatti il voltagabbana è un traditore di piccolo cabotaggio. Qualcuno che cambia posizione per un interesse, nell’ambito della legalità, senza nemmeno mostrare il coraggio del traditore. Questi, spesso, meriterebbe il carcere, quello, sempre, merita il disprezzo.
Per districarci fra le diverse ipotesi, prendiamo un caso concreto, un uomo che è passato dalla religione all’ateismo (o viceversa), dal comunismo al liberalismo (o viceversa) e non da adolescente, nel momento in cui gli errori sono ancora scusabili, ma a quarant’anni. E del tutto in buona fede. Ovviamente molte persone saranno stupite, perché a quell’età si è avuto ampiamente il tempo di riflettere. L’interessato può sempre dire: “Prima la pensavo in quel modo, perché mi erano state fornite delle ragioni convincenti o, almeno, che io ho trovato convincenti, per decenni. Ora mi sono state fornite ragioni migliori per pensarla all’opposto e non sarei onesto se, pur di non cambiare opinione, rimanessi nella posizione precedente”. Come non arrendersi, dinanzi a queste parole? Come non accettare a pieno titolo il convertito nel gruppo al quale finalmente aderisce? Purtroppo non è così semplice.
Forse, se io appartenessi al gruppo “di arrivo”, obbedirei ad un’antica pulsione di empatia e cercherei di accoglierlo, pensando che potrei essere al suo posto. E a quanto sarei addolorato, vedendo gli altri sospettosi nei miei confronti. Purtroppo la realtà è quella che è, e il nuovo arrivato suscita perplessità.
La distinzione fra il convertito e il traditore è in teoria chiarissima, ma nella concretezza può essere difficile distinguere i due casi. Poi ci si può chiedere come mai il convertito non abbia visto prima le obiezioni che ora gli hanno fatto cambiare rotta. Se prima era liberale, come ha fatto a non vedere le ingiustizie perpetrate contro i deboli e i poveri? E se prima era comunista, come ha fatto a non vedere la miseria e la mancanza di libertà provocate dal comunismo? Anche ad ammettere che si sia trovato in un ambiente in cui nessuno vedeva quelle obiezioni, o le vedeva e le giudicava ininfluenti, possiamo eliminare il sospetto che quest’uomo sia suggestionabile e dunque inaffidabile? Oggi si dichiara sinceramente convertito e magari lo è, ma domani non potrebbe tornare alle convinzioni di prima e danneggiarci? O non potrebbe passere ad una terza posizione?
La conclusione è mesta. Il convertito è infinitamente superiore al traditore, ma non per questo deve aspettarsi vita facile. Pur avendo magari cambiato posizione soltanto in nome dell’onestà intellettuale, non per questo avrà mai una vera assoluzione. Chi cambia opinione disinteressatamente sceglie l’eroismo della verità e la sua unica ricompensa sarà la luce di quella verità.
Nel partito radicale italiano c’è un uomo, Sergio D’Elia, del quale si legge su Wikipedia: “Dopo l’abbandono della lotta armata e aver scontato 12 anni di carcere per banda armata e concorso morale in omicidio volontario, è divenuto sostenitore della non violenza e attivista contro la pena di morte e la tortura“. Ecco un personaggio esemplare. Personalmente non dubito della sua buona fede, e sarei lieto se tutti, l’umanità intera, fossimo veramente capaci di perdonarlo. Ma poi mi chiedo: e se fossi il padre di uno di coloro che quei terroristi uccisero?
Com’è difficile, trovare la retta via. E com’è difficile vivere, se per qualche tempo si è imboccata una via gravemente sbagliata.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

30 agosto 2018
Invito gli amici ad usare come indirizzo giannipardo1@gmail.com. Grazie.

IL DRAMMA DEL CONVERTITOultima modifica: 2018-08-31T07:49:06+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “IL DRAMMA DEL CONVERTITO

  1. Concordo sull’ analisi.

    Se ci si converte seriamente si deve sapere che l’ esercizio di espiazione per la posizione precedente e’ a carico del convertito. Se si pensa di aver danneggiato qualcuno il perdono di questi non e’ dovuto: lo di deve meritare e comunque si deve accettare la sofferenza conseguente la mancanza di perdono come percorso di redenzione.

    Il fatto di accogliere con riserva nella propria “fazione” un convertito dell’ altra fazione in cui e’ visto come traditore deve essere da quest’ ultimo contemplata e gestita. In ultima analisi, anche un osservatore terzo non appartenente ad alcuna fazione di solito si riserva qualche perplessita’, ma questo perche’ un simile atto e’ un atto di liberta’ e la liberta’ degli altri piace sempre poco. Ci piace solo la nostra liberta’. Essere liberi non da’ necessariamente la felicita’ di un mustang selvatico che corre nella prateria. Chi gode della liberta’ lo fa anche dal carcere: se non ha tributato nulla al carceriere, se ha preferito mordere la frusta del padrone, e’ comunque libero. c’ e’ che ne gode… e io li capisco.

    Ho rimuginato sul periodo di massiccia emigrazione italiana. Spesso ci raccontano storie di successo degli italiano emigrati o lor discendenti per accrescere il sentimento patrio, ma come interpretare tale cosa?

    Se sono emigrati e’ perche’ la loro patria era per loro inadempiente: o non dava loro sostentamento di base o anche solo la possibilita’ di realizzare sogni di felicita’. Anziche’ rimanere e modificare il sistema e le istituzioni hanno preferito godere di istituzioni fatte da altri con epopee di popoli con diversi percorsi alle spalle. Andare in Australia e godere delle istituzioni inglesi? Piu’ facile che trasformare l’ Italia in Australia. Quindi come sono da vedere? Io non critico perche’ potrei averlo fatto anche io, ma dovremmo sentirci ammoniti perche’ sono stati sospinti ad emigrare, cioe’ a rinnegarci. Ecco, appunto: rinnegato vs. traditore. (al posto di convertito uso rinnegato). In se’ hanno una grande distinzione, il rinnegato puo’ ammonire, il traditore no’, ma non abbiamo un metodo per distinguerli senza essere nella loro testa.

  2. Aggiungo che San Paolo convertito sulla via di Damasco, ha trovato la strada dell’ espiazione divenendo, da persecutore di cristiani, martire per il cristianesimo. Solo con una dimostrazione di sacrificio si possono distinguere i devoti dagli opportunisti.

  3. Un esempio illustre di convertito : Walter Veltroni.
    Walter Veltroni è stato un comunista professionista. Questo personaggio ha sostenuto il sistema politico dei tristi Paesi-caserma, adoperandosi perché in Italia si attuasse quel tipo di regime basato sulla negazione della libertà, sull’ingiustizia, e sui privilegi della nomenclatura. Vi è un fatto degno, secondo me, di essere sottolineato ma che i più ignorano: il ceppo di Walter Veltroni per parte materna è sloveno: Kotnik. Questo per dire ch’egli, anche se nato in Italia, ha avuto ampie opportunità di conoscere meglio di tanti altri il vero volto delle democrazie popolari, e in particolare del regime titoista, tanto esaltato allora in Italia dalle nostre “forze progressiste”.
    Nonostante la sua lunga carriera al servizio del Pci, Veltroni ha dichiarato “non sono mai stato comunista”. Insomma egli è stato per anni al servizio del Pci (quel Pci che aveva sostenuto, tra l’altro, i carri armati sovietici a Budapest, nel 1956) senza essere nell’animo comunista. E ci ha detto tutto questo senza rilevare l’immoralità della cosa e senza subire conseguenza alcuna per una tale doppiezza. La “spiegazione” di Veltroni non fa altro che rivelare, secondo me, un atteggiamento molto diffuso tra gli italiani: l’adesione a una causa, a un movimento, a un’ideologia, a un partito “senza un’intima convinzione”.
    Veltroni il “buonista” si è comportato da buon italiano, da opportunista insomma.

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