CRISI E RICCHEZZA

Quando si ipotizza di rilanciare l’economia, tutti parlano di “investimenti” e i più accorti precisano: “investimenti produttivi”. Ma gli investimenti pubblici sono tutti dichiarati produttivi. Purtroppo poi, troppo spesso, dimostrano di non esserlo. Per i keynesiani, basta che si assumano persone, e l’investimento è giustificato. E questa è una balla.
“Rilanciare l’economia” non significa vedere tutti i cittadini al lavoro. Se no basterebbe mandarli a lavorare nelle miniere come schiavi. La gente non lavora per il piacere di lavorare, ma perché col lavoro guadagna e col guadagno si procura beni e servizi. Dunque la molla dell’economia non è il lavoro, e neppure il guadagno, ma ciò che si compra con quel guadagno. Rilanciare l’economia corrisponde a produrre ricchezza. .
Correntemente, invece, quando si parla di “rilanciare la produzione” si accenna alla creazione di posti di lavoro, alla distribuzione di salari, dimenticando che in fin dei conti questi servono per acquistare beni e servizi. La ricchezza si crea con le attività veramente produttive, per esempio agricoltura e industria, non con qualunque attività retribuita. Se si paga qualcuno perché stia seduto dietro una scrivania, senza far niente, non si crea ricchezza. Nemmeno se costui dopo spende, incrementando i consumi. Perché, appunto, consuma senza produrre..
Il rilancio dell’economia corrisponde all’incremento della ricchezza. L’imprenditore la produce per guadagnarci e a questo scopo assume operai, li paga, e quelli consumano. Ma tutto parte dall’iniziativa dell’imprenditore. Se spargiamo denaro con l’elicottero, creiamo prima inflazione e poi miseria. Il denaro non si mangia, non è ricchezza. È vero, la compra, ma per comprarla deve prima essere prodotta.
E quando si parla dell’imprenditore, si accenna anche al selvaggio che va a caccia da solo, con arco e frecce. Egli è il capo di un’impresa individuale che produce ricchezza con capitale proprio (l’arco e le frecce). Un uomo mosso, come Rotschild o Vanderbilt, dal desiderio di guadagno. Lo schema vale a tutti i livelli.
Proprio perché la crisi economica si risolve soltanto con un aumento della produzione, sono inutili tutte le manovre monetarie come aumento dell’inflazione (sempre un male, in questo hanno ragione i Paesi rigoristi del Nord), abbassamento dei tassi d’interesse, Quantitative Easing ed altre diavolerie. Il denaro non si mangia. Ed è comunque un errore sperare che lo Stato possa risolvere il problema in prima persona. Esso è per sua natura un pessimo imprenditore e non sa produrre ricchezza. Deve per forza occuparsi di spese necessarie (per scuole, strade, amministrazione della giustizia, ecc.) che costano molto e producono ricchezza molto indirettamente Ed è bene che si limiti a questo. Quanto alla produzione di beni e servizi, ciò che può fare di meglio è facilitare l’attività dei privati. I privati sono ben felici – anche rischiando in proprio – di creare ricchezza. Se lo Stato poi non gliela confisca.
Quando i privati non creano ricchezza (momento di crisi) è segno che qualcuno o qualcosa glielo impedisce. La società deve smettere di demonizzare il profitto (come fa in Italia). Lo Stato deve limitare al massimo tasse, imposte, leggi e regolamenti. A costo di diminuire i servizi offerti ai cittadini. Meglio che costoro guadagnino di più e se li pagano da sé, i servizi, piuttosto che impoverire l’intero Paese per fornire a tutti servizi di bassa qualità.
E qui veniamo agli investimenti. Dicono tanti: se lo Stato investe una grossa somma, per esempio per creare un’autostrada, con ciò dà lavoro a migliaia di operai, i quali guadagneranno, spenderanno e rilanceranno l’economia. Giusto. Ma soltanto teoricamente.
Ammettiamo che l’autostrada sia la Trapani-Agrigento. Sappiamo che costerà sicuramente ics miliardi (e spesso più del previsto) mentre non siamo sicuri che favorirà l’economia in misura tale da compensare la spesa. E infatti nella stragrande maggioranza dei casi gli investimenti dello Stato producono meno ricchezza di quanta ne costino. Dunque, nei momenti di crisi economica, non sono consigliabili, non più che curare la denutrizione con l’anoressia.
Per intenderci. Immaginiamo che l’autostrada Trapani-Agrigento sia veramente necessaria, e dunque produttiva in termini di pedaggi. In questo caso basterebbe bandire un concorso e l’autostrada sarebbe costruita (e amministrata) da un privato. Col doppio corollario che, se l’impresa non è produttiva, il costo ricade sul privato, e non sui cittadini, e se è produttiva si è aumentata la ricchezza senza oneri per la collettività. Invece se la stessa autostrada la costruisce lo Stato, ed è improduttiva, lo Stato non la chiude, ormai che l’ha costruita, e da quel momento sarà un peso in più per la collettività.
Se si vuole che l’economia riparta, in Italia, basta abbassare tasse e imposte sull’imprenditoria. I privati non rischiano i loro soldi a vanvera e se c’è da guadagnare si attivano volentieri. Naturalmente in questi casi le anime belle parlano di liberismo selvaggio, di avidità imprenditoriale e degli altri sette peccati capitali. Eppure basterebbe chiedere: “Preferireste avere un buon lavoro, anche se il vostro datore di lavoro si arricchisce, o preferireste essere disoccupati?” La politica dell’invidia è la più miope.
Ovviamente, quando si parla di “rilanciare l’economia”, si parla di un provvedimento congiunturale. Congiunturale significa temporaneo. Il concetto è che prima l’economia andava, poi si è fermata, e ora bisogna rimetterla in moto. Una mucca che rischia di morire di fame non è né una buona fattrice né una buona produttrice di latte. Dunque per qualche tempo trattiamola meglio che possiamo, per farla riprendere. Poi si potrà pensare a mungerla.
La Cina è passata dai morti per fame ad essere forse la prima potenza economica del mondo e ciò perché, abbandonando le funeste fantasie maoiste, ha permesso ai cinesi di lavorare ed arricchirsi, senza strangolarli con le tasse e i regolamenti. L’Italia è ferma perché lo Stato pesa troppo e interferisce troppo nella produzione di ricchezza. E figurarsi ora che ha un governo di sinistra nostalgica da un lato e demenziale dall’altro.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
13 settembre 2019

CRISI E RICCHEZZAultima modifica: 2019-09-14T10:20:23+02:00da gianni.pardo
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