DE ALBO NIGRUM, ANZI DE NIGRO ALBUM

Il Tg5 delle ore sette, come tutti quelli di quella fascia oraria, dura pochissimi minuti. Forse nemmeno cinque. Dunque deve tutto ciò che c’è da dire su ogni argomento, anche il più serio, deve essere detto in pochi secondi. E oggi la notizia più importante (o, come direbbero gli italiani, “breaking news) è l’incontro dei vertici del governo e dell’ArcelorMittal a Palazzo Chigi.
Il giornalista, compunto e compreso dell’importanza della materia, ne parla per un totale di un minuto e trentadue secondi. Un tempo lunghissimo, data la sede, e tuttavia oggettivamente brevissimo. Ciò malgrado il giovane incravattato – peraltro persona gradevole e beneducata – è riuscito in questi secondi è riuscito a snocciolare una tale quantità di bugie da far pensare all’Unione Sovietica e alla sua disinformatia.
La disinformatia è la tecnica con cui i media pubblici fanno de albo nigrum: cioè il bianco diventa nero. Per sostenere il governo, si rovescia la realtà nel suo opposto. Così in guerra una disfatta che ha condotto ad una rovinosa ritirata si trasforma in “una rettificazione della linea del fronte allo scopo di attestarsi su nuove e più solide linee di difesa”. Non a caso si è detto che in qualunque guerra la prima vittima è la verità. E dire che il Tg5, appartenendo (secondo la vulgata) a Berlusconi, e dunque all’opposizione, non dovrebbe avere interesse a favorire così il governo. Di che si tratta, di vocazione servile, di volontà di non farsi accusare di “fedeltà al padrone”, o semplice di stupidità? Certo è che i media italiani vanno ascoltati con spirito critico, essendo pronti a sventare gli inganni. Come si fa con le peggiori dittature. A volte torna in mente il Candido di Giovannino Guareschi, col suo: ”Visto da destra, visto da sinistra”, che presentava lo stesso fatto in modi talmente opposti, da indurre a pensare che non si parlasse della stessa cosa. E a ridere.
Il giornalista comincia parlando di un “passo indietro” dell’ArcelorMittal, solo perché si è seduta al tavolo del negoziato. Ma se è un passo indietro per l’ArcelorMittal, perché non sarebbe la stessa cosa per il governo italiano, che fino ad ora ha risposto all’impresa con un’azione legale dinanzi al Tribunale di Milano? La distanza per andare da A a B è la stessa di quella per andare da B ad A.
Il tono generale del giornalista è trionfalistico, ma il sugo di questo successo è che. Nientemeno, si sono “aperti spiragli” per una futura discussione o trattativa che sia. Cioè non solo la trattativa non si è conclusa, ma ci sono appena spiragli perché cominci. All’anima del successo.
Per giunta buona parte della materia discussa nell’incontro – sempre in tono trionfalistiico – riguarda la futura produzione, il rispetto dell’ambiente, l’ammodernamento degli impianti, la protezione dei posti di lavoro, riducendo al minimo la loro diminuzione,, cioè non il ritorno in vigore del vecchio contratto, come sarebbe se l’ArcelorMittal tornasse all’ovile, ma un nuovo contratto. Dunque si dà per scontato che la risoluzione del vecchio contratto sia un fatto compiuto, avendo avuto l’ArcelorMittal partita vinta nella sua mossa del 4 novembre. Si tratta di redigere un nuovo contratto, con nuove condizioni e pattuizioni. Non a caso il governo promette il suo concreto sostegno: e se ora promette qualcosa è segno che non l’ha già dato prima: una cofernama che si tratta di un nuovo contratto.
Interessante è pure il fatto che si dichiari sonoramente che “non si è parlato di scudo penale”. Cosa inverosimile. Come se questo non fosse l’argomento che ha dato ragione all’ArcelorMittal, quando ha denunciato il contratto. E come se non fosse a causa di questo “scudo” che il governo è disposto a siglare un nuovo contratto, magari facendosi carico di duemilacinquento operai licenziati (contro i cinquemila chiesti dall’ArcelorMittal). Ma – precisa, dolcemente acido, il giornalista – di questo “scudo penale” ha parlato il Tribunale di Milano, il quale ha scritto che il ritiro dello “scudo” non costituisce affatto il “vero motivo” della risoluzione del contratto richiesta dall’ArcelorMittal. Il vero motivo, secondo i magistrati, sarebbe che l’impresa, come “confessato” dai suoi dirigenti, versava in cattive acque economiche. E questa parte merita adeguato commento.
In diritto civile si studia la distinzione fra “causa” e “motivo” del contratto. Se affitto un appartamento per gli appuntamenti con la mia amante, la causa è lo scambio tra il godimento di un bene e un canone locativo, mentre il motivo è dato dagli incontri summenzionati ed è del tutto ininfluente, in diritto. Tanto che non viene neanche citato nel contratto. Nello stesso modo, la causa per denunciare il contratto deve essere giuridicamente valida (e il cambiamento unilaterale di una pattuizione essenziale del contratto certamente lo è), mentre non ha nessuna importanza giuridica il perché uno dei contraenti intenda avvalersene. Dunque, con tutto il rispetto per i magistrati di Milano, la speculazione sul “vero motivo” dell’ArcelorMittal si riduce a gossip, per non dire chiacchiericcio. Purché la causa del negozio giuridico sia lecita, i “veri motivi” del prossimo non ci devono interessare,.
Né è un successo, come è stato presentato, il fatto che l’ArcelorMittal per il momento non spenga gli altiforni. Se non ricordo male gliel’aveva ordinato il Tribunale di Milano (sulla base della richiesta ex art.700 del C.p.c. dei commissari) e l’ ArcelorMittal non aveva seri motivi per opporsi. Iinfatti, l’ordine del Tribunale costituisce, ai sensi dell’art.51 del Codice Penale, uno scudo penale contro ogni possibile accusa: “l’adempimento di un ordine imposto da un ordine legittimo della pubblica autorità esclude la punibilità”.,
In conclusione, ci si può chiedere se valeva la pena di discutere per quattro ore, nell’augusta sede del governo italiano, per giungere a questi risultati.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

DE ALBO NIGRUM, ANZI DE NIGRO ALBUMultima modifica: 2019-11-23T11:18:19+01:00da gianni.pardo
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