CHI HA VINTO LA SECONDA GUERRA MONDIALE?

In Italia circolano due idee importanti, in materia di storia. La prima è che la Seconda Guerra Mondiale l’hanno vinta gli americani, la seconda che gli italiani, con la Resistenza, hanno scacciati i nazisti dall’Italia del Nord. La seconda affermazione è così platealmente falsa che non val la pena di occuparsene. Più o meno come se ci chiedessero ­di discutere la tesi che Giulio Cesare si sia suicidato. Quanto alla prima, è vera se intendiamo che anche gli americani hanno vinto la guerra, è falsa se intendiamo che senza di loro la guerra si sarebbe perduta. Per dimostrare compiutamente questa tesi, un articolo non basterebbe. Ma qui non si ha l’ambizione di convincere nessuno. Si espone una tesi.
La Seconda Guerra Mondiale è cominciata nel settembre del 1939, ed è stata caratterizzata da una serie di sconvolgenti vittorie di Adolf Hitler su tutti gli scenari di guerra. Sembrava che nulla potesse resistere alla Wehrmacht. Gli Stati cadevano uno dopo l’altro come birilli e l’idea tedesca di avere inventato un nuovo tipo di guerra, la Blitzkrieg, la guerra-lampo, sembrava dimostrata. È vero che la Germania si era trovata ad affrontare, in quel primo periodo, nazioni militarmente “piccole”, e infatti – a quanto sembrava – Hitler non aveva osato affrontare la Francia, benché formalmente i due Paesi fossero già in guerra. Del resto, nella Guerra Mondiale precedente, era stato proprio sulla Francia che il Kaiser s’era rotto i denti. Ma poi, col 1940, Hitler ruppe gli indugi e la conquista della Francia si rivelò di una tale facilità, da umiliare per sempre quel grande Paese.
Hitler era il dominatore dell’Europa. La sorte della stessa Gran Bretagna appariva questione di settimane o al massimo di mesi. Mussolini, dichiarando la guerra alla Francia già battuta, commise un’azione vile e disonorevole, ma non assurda. Anche gli italiani che lo applaudivano pensavano, insieme con lui, di beneficiare furbescamente di una grande vittoria senza combattere nessuna guerra.
Forse era vero che in quel momento nessuno era in grado di battere l’esercito tedesco sul terreno. Ma molti dimenticarono che, oltre la terra, c’era il mare, e la flotta inglese era ancora un osso duro, e ciò rese l’invasione dell’Inghilterra – cui Hitler pensò molto, molto seriamente – più difficile del previsto. Il dilemma era: sbarcare in forze su un singolo punto, e così esporsi alla reazione della flotta inglese che si sarebbe anch’essa concentrata su quel punto, fino a rendere praticamente impossibili i collegamenti e i rifornimenti dell’eventuale testa di ponte, o sbarcare in più punti, ma le forze degli invasero sarebbero state meno concentrate e i difensori inglesi, anche se largamente impreparati alla guerra, avrebbero avuto la possibilità di rigettare a mare i tedeschi. Così, di rinvio in rinvio, quella progettata invasione divenne sempre meno probabile, e la Gran Bretagna guadagnava tempo prezioso.
Rimaneva la guerra psicologica. Hitler cominciò a bombardare la popolazione civile, sperando di piegarne il morale e di indurre gli inglesi, se non alla resa, ad un accordo col Reich. Fu così che si trovò a combattere non sulla terra o sul mare , ma nei cieli di Londra e del Sud dell’Inghilterra. Siamo nell’estate del 1940, a quasi un anno dall’inizio della guerra, e ancora non abbiamo parlato degli americani.
In quell’epica battaglia, al prezzo di una strage di eroi, pochi piloti con pochi aerei finirono con l’infliggere tali perdite alla Luftwaffe, che Hitler dovette interrompere quell’operazione che, partita come una passeggiata, si era rivelata una trappola infernale. Come ringraziamento dell’intera nazione ai piloti, scrisse Churchill: “Never was so much owed by so many to so few” mai un tanto grande debito fu contratto da così tanti verso così pochi. Un epitaffio degno delle Termopili.
Ad un anno dall’inizio della guerra, Hitler, padrone del Continente, si trovava a fronteggiare non un’isola – fino a poco tempo prima del tutto impreparata alla guerra – ma l’immenso impero inglese: quello che colorava di rosa tutti gli atlanti geografici del tempo. Hitler non aveva potuto tagliare la testa dell’Idra, ed ora non si trovava ad affrontare anche i suoi enormi tentacoli: il Canadà, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Sud Africa, l’India, quella marea umana che poi vedemmo arrivare in Europa nel 1943 e negli anni seguenti. Tutta l’azione di De Gaulle, a partire dal 1940, tese a fare la stessa cosa con l’impero francese, ma il Generale non ebbe successo per l’insipienza degli alti comandi francesi. Gli inglesi non potevano pensare di avere vinto la guerra. Ma sapevano almeno di non averla già persa, ed erano determinati a combattere fino all’ultimo uomo e fino all’ultima donna.
Lo scontro dunque proseguì e Hitler ebbe la pessima idea di attaccare la Russia. Mentre il conflitto si era esteso al Nord Africa, e qui i tedeschi scoprirono che gli inglesi e i loro alleati erano in grado di combattere anche sul terreno, mentre gli italiani erano così male armati, da rappresentare più un peso che un sostegno. Già prima i nostri connazionali avevano attaccato la Grecia (tanto per presentarsi come vincitori di qualcosa) ed erano riusciti a farsi battere dai greci. Tanto che i tedeschi erano stati costretti a correre in loro soccorso, al costo di ritardare la campagna di Russia e fino a ritrovarsi a combattere in inverno con l’equipaggiamento inizialmente previsto per l’estate.
La guerra contro la Russia, malgrado qualche successo iniziale, mostrò presto la sua difficoltà e si rivelò quasi impossibile da vincere. I russi erano stati colti di sorpresa, con l’Alto Comando decimato dalle criminali “purghe” staliniane, ma dimostrarono presto di essere disposti a morire a milioni, per difendere la loro patria. Le battaglie, le avanzate e le ritirate si succedevano, con grande dispendio di uomini e di mezzi, ma non se ne veniva a capo. Stiamo parlando dell’estate del 1941 e la guerra infuriava su tutti i fronti. Degli americani , sul terreno, neanche l’ombra: inviavano soltanto rifornimenti agli inglesi e ai russi.
Nel dicembre del 1941, oltre due anni dopo l’inizio della guerra, il lampo della Blitzkrieg era un lontano ricordo, e nessun profeta avrebbe potuto dire come sarebbe andata a finire. Fu allora che i giapponesi ebbero la bella idea di Pearl Harbour, provocando l’entrata in guerra degli Stati Uniti, cui anche la Germania dichiarò la guerra.
Ovviamente, nei primi di gennaio del 1942 la macchina bellica americana non poteva certo essere a punto. Infatti per molto tempo era prevalso l’isolazionismo e non era affatto certo che l’America sarebbe entrata in guerra. Ma fu proprio nel 1942 che, mentre gli americani cominciavano appena a pesare sul conflitto, fu tecnicamente vinta la guerra.
Non lo dico io, lo dicono i fatti e lo dice un famoso storico americano, William Shirer, il cui libro, “The Rise and Fall of the Third Reich”, è divenuto un classico, per tutti gli studiosi di quel periodo storico. In un capitolo, il Ventiseiesimo, intitolato in inglese “The Turning Point” (se non ricordo male) e in italiano “La grande svolta”, ha scritto: “Insieme a El Alamein, e agli sbarchi anglo-americani nel Nordafrica, Stalingrado segnò il grande capovolgimento di tutta la Seconda Guerra Mondiale. La marea delle conquiste naziste che riversatasi su gran parte dell’Europa, fino alle frontiere dell’Asia sulla Volga, e in Africa fin quasi al Nilo, ormai cominciava a rifluire, non si sarebbe più rinnovata. I tempi delle grandi offensive-lampo tedesche, con migliaia di carri armati e di aerei che spargevano il terrore tra le file degli eserciti nemici facendoli a pezzi, erano tramontati. Certo, vi sarebbero state ancore alcune disperate offensive locali – a Kharkhov, nella primavera del 1943, nelle Ardenne, nel periodo natalizio del 1944 – ma facevano parte di un’azione soltanto difensiva, svolta dai tedeschi con grande tenacia e grande valore nei due anni successivi, gli ultimi della guerra. Non er più Hitler ad avere l’iniziativa: era passata nelle mani dei suoi nemici, e in esse restò”.
Naturalmente, l’intervento americano fu tutt’altro che insignificante. Gli Stati Uniti erano anche allora un gigante economico e tecnologico, e mentre gli inglesi facevano la guerra “al risparmio”, gli americani potevano largheggiare e usare il cannone anche per ammazzare una mosca. Il loro intervento sicuramente accelerò e rese più facile la vittoria sulla Germania, e fu importantissimo per la ripresa del Continente, dopo le distruzioni e le spese della guerra, da cui l’Inghilterra uscì letteralmente spossata. Ma Hitler la guerra la perse negli anni fra il 1939 e il 1942, mentre il periodo che seguì, dal ‘43 al ‘45, testimoniò soltanto la follia di Hitler e la sua volontà – testuale – di distruggere la Germania per punire i tedeschi di non aver saputo vincere la guerra.
Non sto farneticando io, farneticò Hitler. Mentre nella Prima Guerra Mondiale la Germania si arrese senza nemmeno essere invasa, perché i generali tedeschi evitarono alla Germania ulteriori perdite e ulteriori lutti, con Hitler si andò avanti finché la truppe russe furono a Berlino. A che cosa servirono gli ultimi mesi, anzi, gli ultimi anni della guerra, se non a far soffrire i tedeschi e il resto degli europei? Siamo alla follia criminale.
Quando gli Alleati sbarcarono in Sicilia, nel 1943, chi poteva ancora pensare che l’Asse avrebbe vinto la guerra? Quando gli Alleati sbarcarono in Normandia, e siamo nel giugno del 1944, che senso aveva combattere ancora?
A conti fatti, almeno tecnicamente, la guerra fu vinta dal Commonwealth, e dalla determinazione ingles, negli anni dal 1939 al 1942. Il massimo apporto, a questa loro vittoria, fu dato dai russi che perdettero molti milioni di uomini combattendo contro Hitler, e fiaccandone l’energia. Si sarebbe potuto comprendere che un Alto Comando tedesco conservasse ancora qualche speranza, dopo quei giorni, ma presto avrebbe dovuto capire che la guerra era perduta e il meglio che si potesse fare sarebbe stato limitare le conseguenze negative della sconfitta. Invece, come detto, il conflitto andò avanti, senza significato e senza dubbi sull’esito.
Sono sempre stato e rimango filoamericano. Ringrazio gli statunitensi per il loro grande e fattivo intervento in guerra. Li ringrazio per il cibo che distribuirono (insieme con gli inglesi) nei territori da loro occupati e li ringrazio per avere rispettato le nostre donne e i nostri beni. Li ringrazio anche per aver contribuito a ridarci la democrazia, ma – per quanto riguarda la vittoria su Hitler – prima di pensare a loro penso agli inglesi. Semplicemente perché è andata così.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
30 aprile 2019

CHI HA VINTO LA SECONDA GUERRA MONDIALE?ultima modifica: 2019-04-30T09:16:43+02:00da gianni.pardo
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17 pensieri su “CHI HA VINTO LA SECONDA GUERRA MONDIALE?

  1. La sua sintesi non fa una piega ma, a voler essere pignoli, il 1942 fu un anno di alterne vicende. Se il turning point fu Stalingrado, bisogna attendere il gennaio – febbraio del 1943, quando la VI Armata di Paulus fu annientata, per la caparbietà di Hitler nel costringere 300.000 soldati a resistere all’assedio dell’Armata Rossa, con rifornimenti insufficienti nel mezzo dell’inverno russo. Tra parentesi anche 100.000 italiani sul Don furono sconfitti, molti morirono, molti furono presi prigionieri, alcune migliaia affrontarono una marcia massacrante per tornare in Italia (e raccontare quello che avevano sofferto).

  2. Prima di scrivere ho prudentemente controllato le date, e so che Lei ha ragione. Non dimeno, da una parte la battaglia di Stalingrado si prolungò per la crudele ottusità di Hitler (la posizione non era tenibile) e in secondo luogo, la responsabilità di stabilire il turning point ne, 1942, grazie al cielo, se l’è presa William Shirer.
    Comunque è assolutamente vero che la tendenza è a sottovalutare ingiustamente il contributo inglese alla vittoria. Sembra, a sentire la gente, che la guerra l’abbiano vinta, da soli, gli americani. I più sottovalutati sono gli inglese e poi, buoni secondi, i russi.

  3. Pardo, trovo disgustoso questo Suo articolo! Mio dio, ma dove vuole arrivare con la distruzione dei più bei racconti? La prossima tappa quale sarà, ridurrere in polvere anche “La principessa e il ranocchio”? Si vergogni e si emendi, di fronte ai milioni di italiani che parteciparono alla lotta partigiana, aprendo e lucidando la strada per l’arrivo degli americani.

  4. “ Sono tuttora convinto che saremmo riusciti a conseguire gli obiettivi che ci eravamo prefissi con la campagna del 1941 se non fosse stato per le fatali di Adolf Hitler, la più grave delle quali sfociò nella battaglia di Kiev. Le conseguenze di una vittoria militare sarebbero state comunque opinabili , dal momento che Hitler puntava alla conquista di spazio vitale e ciò implicava necessariamente la distruzione totale dello stato russo. Noi dello Stato Maggiore generale eravamo invece arrivati a concepire una soluzione politica più moderata e realistica, nel cui ambito una Russia in quanto tale avrebbe continuato ad esistere. Ci eravamo resi conto che questo vasto paese, ricco di potenziale umano e di risorse naturali, in ultima analisi avrebbe potuto essere conquistato, o meglio, liberato dal comunismo, solo con l’aiuto degli stessi popoli russi, ed è questa la ragione per cui anche dopo gli smacchi della campagna invernale del 1941-1942 eravamo convinti che la guerra poteva essere vinta, a condizione che avessimo saputo condurla con intelligenza. Se lo avessimo voluto, non ci sarebbe stato difficile guadagnare i russi alla nostra causa : sarebbe bastato far leva sul loro istinto di autopreservazione nazionale oltre che, naturalmente, sul profondo odio che avevano accumulato nei confronti del comunismo in generale e del sistema stalinista in particolare. Hitler però si rifiutò sistematicamente di credere in questa possibilità. Ed è proprio nell’incapacità di Hitler di sfruttare il potenziale psicologico delle popolazioni russe, la massima parte delle quali ci aveva accolto con straordinario calore nelle prime fasi della campagna, che possiamo scorgere il suo errore decisivo : si pensi al modo brutale in cui egli impose i suoi satrapi Koch, Sauckel e Kube alle province russe conquistate, trasformando le speranze frustrate dei russi in cieco odio verso i tedeschi. Questi errori ebbero per noi ripercussioni più gravi di molti sbagli strategici, per la semplice ragione che l’arrivo delle truppe tedesche aveva suscitato profonde reazioni positive a livello psicologico….. “ ( Reinhard Gehlen – Memorie di una spia – Capitolo 3 – L’importanza di accattivarci i russi )

    Interrogato dopo la sua cattura il figlio di Stalin disse : “ L’unica cosa che mio padre teme è l’insorgere di un regime nazionalista in opposizione al suo. Ma questo è un provvedimento che voi non prenderete mai perché noi sappiamo benissimo che voi non volete liberare il nostro paese, bensì conquistarlo” .
    Non sapremo mai quale esito avrebbe avuto la guerra se Hitler avesse dato retta ai suoi generali, ma è probabile che la sconfitta di Stalin e del regime sovietico e l’avvento di un regime nazionalista russo, avrebbe indotto gli inglesi a negoziare la pace.

  5. Più che gli inglesi, senz’altro importantissimi, il vero merito della sconfitta della Germania è della follia di Hitler, in particolare l’invasione dell’URSS. Che tra l’altro avrebbe potuto ottenere risultati diametralmente opposti se fosse stata condotta senza considerare gli slavi alla stregua di Untermenschen: pensiamo solo all’odio degli Ucraini per i russi e Stalin, per dirne solo una, come avrebbe potuto essere capitalizzato dagli invasori.
    Tornando alla battaglia d’Inghilterra, mi pare che la RAF avesse i primi radar, che la Luftwaffe ancora non aveva. E che furono determinanti, oltre naturalmente al coraggio ed al valore dei piloti britannici

  6. Caro Fabrizio, io credo di ricordare, all’inizio della guerra, gli “aerofoni”, sorta di orecchie meccaniche per sentire prima degli esseri umani il rumore dei motori degli aerei nemici. Ma potrei sbagliarmi o ricordare male. Vorrebbe per favore controllare la data di entrata in servizio dei radar inglesi, nella Seconda Guerra Mondiale? Grazie anticipatamente. G.P.

  7. Per Roberto S. La ringrazio del sorriso che mi ha regalato. Ho comunicato la sua indignazione anche a mia moglie, affinché anche lei si battesse il petto, per avermi tenuto il sacco.
    E dire, caro Roberto, che stiamo solo dicendo ciò che i libri di storia diranno serenamente, quando si sarà spento questo stupido bisogno di raccontarsi balle per tenersi allegri.

  8. Come sempre l’argomento “chi picchia di piu'” e’ quello che attira il maggior interesse, che il picchiare sia in senso metaforico, o che lo sia in senso materiale (entrambi “reali”, l’immaginario umano _esiste_ e ha conseguenze, eccome).

    Tornando pero’ al punto, dovremmo tenere presente che l’italia in quanto Stato e non solo come espressione geografica nasce su forti istanze patriottico-religioso-nazionalistiche, ragione per cui non e’ secondo me errata la convinzione di Gobetti che essa trovi nel fascismo la sua naturale autobiografia, e che tenda a tornare ad esso come suo punto di equilibrio, per quanto instabile: nel fascismo, non nel comunismo. La parentesi anomala della storia d’italia e’ nel ventennio che segue il secondo dopoguerra, non in quello che lo precede.

    Percio’, tutte queste ormai fruste polemiche ogni anno sul 25 aprile come festeggiamento di una sconfitta mi sembrano anch’esse molto faziose, in fin dei conti la data commemora anche, a seconda del punto di vista dell’osservatore, la fine di una dittatura e di una guerra sanguinaria e distruttiva, in cui il paese venne trascinato da una classe dirigente autocratica e aggressiva (l’Italia unitaria, fino alla sconfitta della seconda guerra modiale, fu sempre un paese aggressore e colonialista, fin dalla sua nascita: in entrambe le guerre mondiali il nostro paese fu un paese esplicitamente AGGRESSORE, da cui il successivo e attuale articolo della costituzione di condanna della guerra).

    Nella seconda guerra, poi, non e’ vero che gli italiani furono entusiasti di entrarci ne’ di restarci, cosi’ come d’altra parte e’ vero che gli errati calcoli del duce prevedevano un “pugno di morti” con cui sedersi al tavolo della pace da vincitori, e non una guerra cosi’ lunga e distruttiva per l’intera europa, alla fine della quale da centro del mondo essa ne diventa provincia secondaria. I “rapporti al duce” testimoniavano che da piu’ parti si invocava che finalmente un bombardamento toccasse anche a Roma, cosi’ che gli alti papaveri assaggiassero anche loro le bellezze della guerra: 19 luglio del ’43 primo bombardamento su Roma, 25 luglio, ben 6 giorni dopo, deposizione del duce.

    Contrariamente all’opinione credo della maggior parte dei commentatori qui presenti, fosse anche solo per spirito critico, io trovo tutto sommato encomiabile un popolo che festeggia la fine di una dittatura e di una guerra disastrosa sebbene conclusasi con una sconfitta (di cui porta peraltro tutta la responsabilita’ chi trascino’ autocraticamente il paese in quell’avventura, che e’ anche colui che, inventando il fascismo, creo’ Hitler, che senza quegli stimoli ideali, di cui sarebbe stato autonomamente del tutto incapace, quasi certamente sarebbe rimasto a fare l’imbianchino nella sua austria, caso nel quale la storia successiva del mondo, e dell’europa, sarebbe stata diversa).

    Dal punto di vista liberale, nel nostro paese il ritorno del fascismo o comunque di una destra nazionalista bigotta e reazionaria non e’ meno da temere di un eventuale quanto improbabile avvento del collettivismo internazionalista-comunista: la nostra destra e’ _forse_ un po’ piu’ liberale in economia rispetto alla sinistra collettivista, ma lo e’ di meno in tutte le altre liberta’, quelle civili, cho non sono meno importanti.

    Dato il contesto, non e’ strano che l’erede piu’ influente e di successo dell’amaro e cinico nichilismo montanelliano sia oggi il giustizialista e manettaro Travaglio, a suo tempo suo diligente allievo al Giornale. In questo paese non e’ liberale nemmeno la borghesia.

    Le idee hanno conseguenze, frase famosa – per cui dovremmo fare piu’ attenzione, sapendo ormai per esperienza che le loro conseguenze, anche le piu’ inaspettate e imprevedibili, stupiscono e indignano solo gli stolti.

  9. Caro Winston Diaz,
    il concetto di festeggiamento della sconfitta è ovviamente contraddittorio. E infatti, ciò che imputo ai nostri cari connazionali, è di festeggiare la ricorrenza come una vittoria, che non ci fu. E questi parlando di vittoria sul nazismo. Se festeggiassero in primo luogo la fine della guerra e il ritorno alla democrazia, rendendo onore a chi quella guerra la vinse (e non furono i partigiani), potremmo essere d’accordo. E potrei anche essere d’accordo con Lei su molte altre cose. Ma se Lei legge i giornali e ascolta le televisioni, avrà visto che la piazza pensa e si comporta come l’ho descritta io. E ciò è intollerabile.
    Lei rigetta la colpa della guerra su Mussolini ed ha partita facile. Dove non sono d’accordo è nel limitare a lui quella colpa. Ogni popolo risponde anche delle decisioni dei suoi governanti. Non per nulla la Germania ha dovuto chiedere scusa per decenni, e non ha ancora smesso, per la Shoah, che pure fu voluta da Hitler in persona. E Hitler era soltanto un uomo, non l’intero popolo tedesco. Ma il popolo tedesco è anche quello della Notte dei Cristalli prima, dei Sonderkommando poi e delle tante atrocità commesse – certo – da un pugno di criminali, ma di cui ha dovuto rispondere, e risponde ancora, l’intera Germania. Il fatto è stato talmente grave che, l’ho scritto un paio di giorni fa, ce ne dobbiamo vergognare tutti in quanto europei, altro che rigettare la colpa su un solo uomo. Vede, io non sono nessuno oggi e al momento di quei fatti ero un bambinello, e tuttavia me ne vergogno. Quando mi capitava di parlarne con gli amici francesi, decenni dopo i fatti, mi sentivo un verme.
    Abbiamo perso la guerra in modo vergognoso, comportandoci in modo vergognoso anche dopo, quando abbiamo deposto le armi: ricorda l’8 settembre? E sempre con un tale amore dell’ambiguità, da non dare nemmeno ordini al nostro esercito, che infatti fu “fatto prigioniero” dai pochi tedeschi che erano in Italia. Non mi ci faccia pensare.
    La cosa più giusta la diceva una canzone napoletana del dopoguerra: “Basta ca c’è sta o sole, ca nc’è rimasto o mare, na nenna a core a core, na canzone pe’ cantà. Chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato. Scurdammoce o passato, simme e Napule, paisà!”
    Non tutti simme e Napule, ma tutti faremmo bene a non parlare di vittorie e di gloria per almeno altri cinquant’anni.

  10. Prof.al di là dei dotti commenti che mi hanno preceduto, la WW1 l’abbiamo vinta ma e come se l’avessimo persa,laWW2 l’abbiamo persa e qualcuno mistifica,come si “avessime vinciuta”. Je song’ è Napule e c’aggio mise na preta ncoppa. Qualcuno ricorda le 4 giornate? I partigiani “stevene ancora durmenne”. Hasta la vista Prof.

  11. Apprendo che effettivamente gli inglesi disponevano di radar durante la Battaglia d’Inghilterra. Ovviamente essi erano ancora imprecisi e lontani dall’efficienza attuale, nondimeno un notevole aiuto per difendersi dagli attacchi aerei tedeschi.
    Del resto il radar inglese costò carissimo anche alla nostra flotta, nel Mediterraneo.

  12. Ciro, la seconda guerra e’ vero che e’ come se l’avessime vinciuta, ma in un altro senso, meno evidente: nel senso che probabilmente per noi e’ stata una oggettiva fortuna che l’abbiamo persa, da cui i festeggiamenti. Gira una battuta, sulla falsariga di quella (vera) di Dubcek a proposito del suo essere alleato dei sovietici, preferibile in quanto in caso di guerra sarebbe stato fatto prigioniero degli americani: che il nostro Duce si alleo’ machiavellicamente apposta coi tedeschi in modo da perdere la guerra, cosicche’ da tale sconfitta, grazie agli invasori angloamericani, potesse poi scaturire il successivo ventennio di maggiore sviluppo in assoluto della storia d’italia, sia come stato che come espressione geografica, dell’ultimo mezzo millennio (non e’ un’esagerazione, davvero il ventennio 48-70 fu di sviluppo travolgente come mai ne’ prima ne’ dopo).
    🙂

  13. GianniP: “abbiamo, comportandoci”…
    Non e’ del tutto vero Gianni, questa e’ la retorica di quella spazzatura ignobile che e’ diventata la stampa di centro-destra di oggi in italia, che si e’ messa a fare a gara verso il peggio con la peggiore di quella sinistra: a quanto pare a differenza che in germania, sebbene necessariamente sotterranea in quanto eravamo sotto dittatura, c’era una forte opposizione all’entrata in guerra coi tedeschi, e c’era persino fra i maggiori gerarchi del fascismo che erano contrari all’ingresso in guerra coi tedeschi: Grandi, Bottai, Ciano (l’ultimo fucilato ignominiosamente dal duce per far star buono hitler). Era assolutamente antitedesco anche il piu’ popolare intellettuale del fascismo, Marinetti, e lo sarebbe stato ancora di piu’ d’Annunzio, se non fosse morto nel frattempo. Per non parlare di Italo Balbo.
    Ma decise per tutti il mascellone.
    Sbaglio’, e pagammo.

  14. Abbiamo le nostre, idee legittime e in buona fede.
    Personalmente penso che sia vero quanto lei dice, sulle perplessità degli alti gerarchi sull’opportunità di entrare in guerra, anche perché erano loro note le nostre reali condizioni, in materia di armamenti. Né si poteva contare, come qualche ingenuo pensò, sulle eventuali forniture di armi da parte della Germania. Per giunta, nel caso di Ciano, si aggiungeva una sua personale, forte antipatia e diffidenza per i tedeschi.
    Ma, vede, qui cominciamo a dissentire. Gli alti gerarchi erano più informati degli altri, il popolo nella sua maggioranza, perfino chi era stato a lungo antifascista (come mio padre) fu contento dell’entrata in guerra. Si trattava di sedersi a tavola senza pagare il conto. Posso rimproverare a quel galantuomo un’illusione che fu di milioni di anni?
    La responsabilità collettiva di cui io parlo è storica, non penalistica. Non si può richiedere al popolo di adottare sagge decisioni politiche, soprattutto in politica estera. Motivo per cui la nostra Costituzione vieta i referendum, in questa materia.
    Ma il popolo è lo stesso responsabile, perché non esita ad attribuirsi il merito delle decisioni che si rivelano convenienti, mentre cerca un capro espiatorio per quelle negative. Io mi vergogno della Shoah in quanto essere umano e in quanto battezzato, ogni volta che mi trovo a corrispondere con amici ebrei. Non mi basta dire che non c’entro niente.
    Ho una corrispondente ebrea che, letteralmente, odia i tedeschi e non gli perdona nulla. So che ha torto, dal momento che milioni di tedeschi allora non seppero nulla della Shoah, e tutti gli attuali tedeschi conoscono questi fatti soltanto per averli letti sui libri di storia. Ma lo stesso non mi permetterei di rimproverarle i suoi eccessi. Rispetto il suo antico dolore e perfino il suo rancore. E lo farei anche se fossi tedesco.
    Io che una volta, ascoltando l’inno tedesco (bellissimo, basti dire che è firmato Haydn) e pensando a quanto avrei sofferto dovendomi a volte vergognare di essere tedesco, ho pianto.
    Ho anche scritto una pagina di memorie, su questo episodio.
    La storia contiene troppe tragedie, per un animo sensibile.

  15. Il popolo (popolo, parola orrenda, indifferenziata, “maggioritaria”, straripante di equivoci) non amava il fascismo, amava i successi del fascismo, finche’ ci furono. Cosi’ come avrebbe amato i successi di qualsiasi altra squadra finche’ avesse vinto.
    Comunque, ora per parte mia c’e’ la sensazione che il pendolo della storia stia squilibrando, stia tirando, dalla parte opposta verso cui tendeva fino a qualche anno fa. Credo sia prudente da parte nostra cominciare in anticipo a tirare dall’altra parte, sperando che basti per restare in equilibrio, sul filo del rasoio.

  16. Sono convinto che la svolta decisiva del conflitto sia stata il fallimento dell’operazione Zitadelle, nel luglio ’43, quando l’SS-Panzerkorps e altre formazioni corazzate d’élite si dissanguarono inutilmente nel tentativo di annientare il saliente di Kursk. Da quel momento l’iniziativa sul fronte orientale passò definitivamente ai Sovietici, che non l’avrebbero più perduta.
    L’offensiva fallita di Kursk abbreviò, in modo probabilmente decisivo, la durata della guerra sul fronte orientale, e distrusse enormi risorse umane e materiali che i Tedeschi, al contrario dei loro avversari, non potevano rimpiazzare.
    E che non poterono dispiegare sugli altri teatri di guerra.
    Comunque la Germania ha perso la WWII in Russia, dopo aver sprecato altrove (Nordafrica e Mediterraneo) la possibilità di vincerla.

  17. Non ci si può aspettare un’analisi veritiera da parte di un filo americano.
    Chi ha perso 27 milioni di uomini di cui solo 9 milioni soldati?
    Chi ha distrutto l’85% della Wermacht e le più massiccie forze giapponesi (disposte in Manciuria)?
    Chi ha conquistato Berlino?
    L’UNIONE SOVIETICA.
    Il Giappone si arrese non a causa delle bombe atomiche ma perché un’occupazione comunista era terrificante per gli imperiali.
    É meglio se ti informi meglio!
    PS Naturalmente anche gli Alleati occidentali hanno dato un grande contributo ma non decisivo. E non dimentichiamoci della guerra sino-giapponese .

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