LUIGI DI MAIO IN STALLO

Nel giornalismo ci sono gli specialisti, cioè quelli che vi raccontano ciò che normalmente non dovreste sapere. Sono detti retroscenisti. Poi ci sono quelli che fanno conoscere i segreti del Presidente della Repubblica, detti quirinalisti. Quelli che sanno tutto del Papa, detti vaticanisti. E ovviamente i competenti di economia, di finanza, di sport, e dei vari partiti. Cosicché, se uno vuol esprimere la propria impressione rispetto a un personaggio come Luigi Di Maio è indotto a chiedersi se non rischia una magra figura. Infatti può darsi che ci sia anche qualche “dimaista”.
Il giovane Vice Presidente del Consiglio, oltre che ministro con un mucchio di altre attribuzioni (ma gli basta il petto per tutte quelle medaglie?), è comunque un argomento di moda. Sono in molti a chiedersi se reggerà la concorrenza di Salvini. Se non si sia accollato più compiti di quanti possa svolgerne. In totale se non stia scomparendo o addirittura, come scrive qualcuno, “affogando”. Personalmente reputo che la realtà sia molto più semplice. La spiegazione del suo attuale appannamento potrebbe trovarsi non nel suo carattere ma nella realtà obiettiva in cui si è cacciato.
Mentre Salvini ha scelto un ministero nel quale può fare un immenso baccano (addirittura di proporzioni europee) senza spendere un euro, il leader del M5S si è preso una grossa gatta da pelare senza accorgersi che era una tigre.
L’elenco fa spavento. Da un lato problemi irrisolti e irresolubili – a meno di non far la guerra a qualcuno – come l’Ilva e l’Alitalia, dall’altro programmi inattuabili, perché costosissimi. Il Paese si trova di fronte a scadenze che richiedono notevolissimi sforzi. Adempimenti che per giunta, ove fossero assolti, non darebbero speciale popolarità, perché la gente (a torto) li considera scontati da tempo e invece dobbiamo ancora affrontarli. Per esempio il blocco dell’aumento dell’Iva e la manovra che ci ha richiesto l’Europa. Si tratta di circa diciassette miliardi di euro.
Insomma Di Maio non può far nulla che non gli attiri la popolarità. Se se ne sta quieto, e non fa niente, tutti noteranno che Salvini, a spada sguainata, mantiene le sue promesse, mentre lui è affetto da afasia, se non è tetraplegia. Se si muove, rischia di scatenare un putiferio. Né la gente si accorgerà che sarà già un gran merito se l’Italia supererà l’autunno e il 2018 senza particolari danni. Perché, mentre il Paese galleggia a stento, tutti discutono della rotta e di quanti nodi facciamo all’ora.
Forse il giovane Luigi è stato veramente vittima della sua ambizione. Prima ha insistito fino ad esasperare tutti (incluso il Presidente Mattarella) sul suo preteso diritto di essere nominato Presidente del Consiglio; poi, mancato l’obiettivo per una sorta di referendum negativo sul suo conto, ha cercato di arraffare quante più cariche ha potuto, senza accorgersi che si dava la zappa sui piedi. Se si fosse limitato al ruolo di Vice Presidente del Consiglio, avrebbe potuto essere l’ombra di Giuseppe Conte – un’ombra più consistente del corpo che la proietta – e non avrebbe condiviso gli inevitabili fallimenti della sua maggioranza. Inevitabili perché nessuno può fare l’impossibile.
È difficile trovare una spiegazione del suo comportamento. Forse ha commesso l’errore di credere lui stesso alle promesse che faceva agli elettori. Salvini invece ha lasciato da parte la flat tax, si è impegnato per la lotta agli immigrati clandestini ed ha “affondato” la nave Aquarius. Applausi. Ancora ieri ha avvertito la nave “olandese” Lifeline di non chiedere l’ingresso nei nostri porti, perché non le sarà concesso. O sarà sequestrata. Che cosa può dire, Di Maio, per controbilanciare questi colpi di scena, che cercherà di tenere chiusi i supermercati di domenica, scontentando molte famiglie? O che si occuperà dei ragazzi che portano a casa le pizze? Bollono in pentola problemi finanziari epocali, tanto da seguire ciò che accade a Berlino col fiato sospeso, e ci dovremmo occupare dell’amletico dilemma se aspettare che ci portino le margherite e le fattoresse o andare a prenderle noi stessi?
Francamente, Di Maio si è scelto una parte che avrebbe trasformato in comparsa anche Laurence Olivier, buonanima. Per sua fortuna, neanche Salvini è in una botte di ferro. La questione dei migranti, in un modo o nell’altro, passerà di moda, e alle tremende scadenze economiche che attendono l’Italia non è chiamato a dare una risposta soltanto il Movimento 5 Stelle. E l’alternativa è senza scampo. Se ambedue i partiti riconosceranno di non poter far nulla, saranno disprezzati dagli elettori. Se ognuno cercherà di dare la colpa all’altro, gli italiani, salomonicamente, daranno il torto a tutti e due. E tutto ciò sempre che non si scateni qualche tempesta finanziaria, monetaria o comunitaria, che ci farà chiedere come abbiamo fatto, per tanto tempo, a ballare sereni, scambiando quell’iceberg per un ghiacciolo.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
22 giugno 2018

LUIGI DI MAIO IN STALLOultima modifica: 2018-06-22T11:31:42+02:00da gianni.pardo
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9 pensieri su “LUIGI DI MAIO IN STALLO

  1. Tira una brutta aria: dazi, migranti, Schengen, borse. Mentre l’Eurogruppo posticipa di dieci anni il rimborso di parte del debito della Grecia, decisione che ha avuto l’effetto di ridurre i rendimenti dei titoli greci, è bastata la nomina di Borghi e Bagnai alle presidenze di due commissioni parlamentri per far aumentare i rendimenti dei nostri BTP. Siamo sotto osservazione perché non si è ancora capito dove questo goveno andrà a parare. E se dalla Grecia l’attenzione degli operatori incomincia a spostarsi sull’Italia stiamo freschi !

  2. Ineccepibile, raccogliendo anche un precedente spunto di Edoardo. C’è da tenere conto che lDi Maio ha coltivato le proprie ambizioni nella lunga “scalata” al partito, durante la quale ha coltivato relazioni con la Russia e suoi “esperti” nella comunicazione (distorsiva), con il mondo della finanza, con apparati dello Stato, con certi settori USA interessati alla destabilizzazione dell’UE. Tutti elementi descritti in Supernova, con piena cognizione di causa da ex-interni e mai querelati.
    Ma mentre i rapporti di Salvini con la Russia sembrano essere stati “ruspanti” (in sostanza, denaro; oggetto di indagine), i rapporti di De Maio, in proprio e per conto della Casaleggio, sono stati più “intriganti”, più complessi e articolati, concretizzati attraverso una rete di soggetti e istanze “social”, a supporto e rilancio di contenuti elaborati “altrove” e gestiti e controllati in area Casaleggio. Il tutto a supporto della asserita “radicale diversità” del M5S.
    Tuttavia, proprio questo non è sfuggito agli analisti del Quirinale, che ne hanno bloccato l’ascesa al “sacro soglio”: l’azione di Di Maio appariva più insidiosa.
    Adesso Di Maio si trova “confinato” in un’area ben più gravida di rischi, in diretta competizione con un invadente e assai più muscolare Salvini che benissimo interpreta il “sentimento popolare” del momento, con “fermenti” nel gruppo parlamentare M5S che si lamenta “non è questo che volevamo”; senza rendersi conto che, sulla loro insoddisfazione per i “vecchi politici”, Casaleggio Ass. aveva montato un proprio “motore” che puntava proprio alla sostituzione della vecchia struttura di potere con la nuova, a servizio dell’azienda Casaleggio (detentrice unica e incontrollata di tutti i dati e informazioni di iscritti e simpatizzanti) e collegate. Pura questione di “potere” per Casaleggio sr., assai più concreta per il jr.
    A questa difficolta Di Maio risponde ordinando ai parlamentari di “obbedire” (sul credere molti si stanno defilando, di combattere non è più il caso). Giustamente, vista la gratitudine che devono al partito per la posizione, il reddito e la visibilità raggiunta. La “minaccia” di abbandonare il sostegno a Di Maio è arma scarica: nessuno vuole rischiare di tornare “nel nulla”, e magari gravato della “multa” accettata con la firma del “patto”.
    In tutti questi giochi, ormai Grillo non conta più niente: può solo esprimere “opinioni personali”.

  3. Emergenze in mare, polemiche, vertici: la questione migranti ha messo l’Italia al centro della politica europea, ma parallelamente il mondo della finanza e degli investimenti sta guardando al nostro Paese con altre lenti, per capire quanto sia alto il rischio che diventi uno dei focolai di crisi economica del 2019. A portare in chiaro ragionamenti che in questa fase appartengono più a uffici studi e analisti, è stato l’amministratore delegato di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, che nei giorni scorsi, alla platea dell’Economic Club di New York, ha detto due cose molto chiare. Cioè di credere che il «rischio rappresentato dai debiti sovrani abbia sostituito quello dell’indebitamento delle banche come principale fattore di instabilità» e che «l’Italia costituisca la minaccia più urgente».
    http://cercanotizie3.mimesi.com/Cercanotizie3/popuparticle?trc=&section=view&art=383659219_20180625_14004

    Sì, tira proprio una brutta aria. Spread a 247

  4. Di Maio: “Daremo Internet gratis trenta minuti al giorno a chi non se lo può permettere”.

    Cioè a chi ? C’è un elenco già pronto ?

  5. L’ultima di Giggino :” Serve una Netflix italiana, un volano per far conoscere il nostro stile divita”. Non sa più cosa inventarsi per arginare il “ruspante” padano.

    Per quanto riguarda le preoccupazioni di ordine finanziario ci pensa il sottosegretario leghista Siri a dissiparle :
    «Bot e Btp solo alle famiglie per fermare lo spread»
    Per via endovenosa ?
    https://www.corriere.it/economia/18_luglio_01/siri-lega-bot-btp-solo-famiglie-fermare-spread-0c66b984-7c98-11e8-87b8-02c87e8bc58c.shtml

  6. Di Maio: “Possiamo creare 13 milioni di posti di lavoro”
    “I lavori stanno cambiando: nei prossimi 6-7 anni, circa il 60% dei lavori sarà interessato da trasformazioni. Ma se saremo bravi a investire nei settori giusti e ad abbassare il costo del lavoro in maniera selettiva, noi possiamo creare circa 13 milioni di posti di lavoro intorno alle nuove professioni”. A dirlo è il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, intervenendo alla conferenza nazionale dei servizi in rete della Cisl.
    http://lapresse.it/video/di-maio-possiamo-creare-13-milioni-di-posti-di-lavoro.html

    Due milioni di nuovi posti di lavoro ogni anno, per i prossimi 6/7 anni, significa azzerare completamente la disoccupazione e importare almeno 3/4 milioni di lavoratori dall’estero ! !

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