BONTA’ E CATTIVERIA IN POLITICA

BONTÀ E CATTIVERIA IN POLITICA
La definizione del socialismo dal punto di vista politico è difficile. Esso non ha, come il comunismo, una precisa teoria economica e neppure un preciso modello sociale. Per questo lo si può vedere come “comunismo attenuato”, come “statalismo” o come “riformismo moderato”, ma sono definizioni sfocate. La sua identificazione va cercata in una direzione diversa, non politologica ma sociologica.
Le masse che hanno simpatia per la sinistra non sono costituite da politologi e avrebbero grandissime difficoltà a definire il “plusvalore” o la “superstruttura”: la loro stella polare è la “politica del cuore”. Mentre i comunisti predicano una rivoluzione costosa ma necessaria, il socialista è contrario alla violenza. È anche contro la dittatura, inclusa quella del proletariato, perché con quel regime gli umili hanno sempre la peggio. Ha pietà dei poveri e degli oppressi. Si attiva in favore delle vittime della malasorte (i minorati) e dell’ingiustizia (l’affaire Dreyfus). Non si chiede tanto se un salario è in linea col mercato, quanto se può nutrire una famiglia. E se non può nutrirla, quel salario lo dichiara immorale. Si mettono volontariamente insieme, qui, pulsioni commendevoli e assurde proprio per mostrare che i socialisti non badano alla loro ragionevolezza, ma all’eco che esse suscitano nei loro cuori.
I comunisti analizzano la realtà e predicano una rivoluzione che dovrebbe rendere felici tutti: i socialisti, se si pongono il problema della fame nel mondo, organizzano una colletta. In Italia si è arrivati a fare una colletta “contro la fame in India” (oltre un miliardo d’abitanti), come se si potesse risolvere quel problema con l’elemosina di un giorno.
Questi benefattori sono a favore di servizi sociali ideali. Se qualcuno gli propone un sistema sanitario che curi tutti, gratis, come i ricchi nelle cliniche private svizzere, adottano immediatamente il progetto. Hanno poi bisogno dell’esperienza per vedere che il sistema fa acqua da tutte le parti e che i poveri, a forza di rinvii per mancanza di strutture, addirittura non vengono curati. Posti dinanzi all’evidenza del fallimento, propongono aggiustamenti che non risolvono nulla e in totale provocano grandi disastri. Basti pensare alla legge Basaglia.
Se un’acciaieria obsoleta va fuori mercato è ovvio che debba chiudere. Però i buoni hanno pietà dei disoccupati e concludono che deve intervenire lo Stato. E mentre con un deficit del cinque per cento quell’impresa non sopravviveva, una volta statalizzata sopravvive con un deficit del cinquanta per cento: a carico dei contribuenti. I socialisti non vedono che questa è un’ingiustizia. Non vedono che con le tasse si trasferisce una parte del salario dell’operaio produttivo all’operaio improduttivo, se pure non per sua colpa. “Ogni volta che una parte di ricchezza va a qualcuno che non l’ha prodotta, la si toglie a qualcuno che l’ha prodotta”. E più aumentano i casi di attività antieconomiche, più si impoverisce il Paese: il risultato totale si è visto col socialismo reale.
I comunisti sono portatori di un profetico messaggio di rinnovamento sociale che va molto oltre il semplice capitalismo di Stato: è dunque normale che si considerino moralmente superiori agli altri. I socialisti invece si considerano tali per motivi semplicemente sentimentali. Adottano la politica del cuore, della bontà, del perdono e per questo hanno l’indefettibile certezza d’essere migliori dei liberali. Sono come quei professori considerati buoni perché promuovono anche gli asini.
Il vero socialista ha un atteggiamento irenico in politica internazionale e sente un odio viscerale per gli eserciti. È capace di aprire le porte dell’Italia a tutti i poveri del mondo, di perdonare tutti i delinquenti ed è sempre pronto a metter mano al portafogli (dello Stato) per fare l’elemosina. È buono, ecco tutto.
Come si vede, non c’è nessun bisogno di studiare politica od economia. È il cuore che indica la soluzione giusta ad ogni problema. I liberali, moralmente abominevoli, sono invece colpevoli di credere alla tavola pitagorica. Sono professori che boccerebbero gli asini.
E, fra di loro, socialisti e comunisti.
Gianni Pardo
26 maggio 2009

BONTA’ E CATTIVERIA IN POLITICAultima modifica: 2009-05-26T10:07:00+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo