SCALFARI BIFRONTE

SCALFARI BIFRONTE
L’articolo di Eugenio Scalfari del 6 giugno, su “Repubblica” , dimostra che, se c’è un’interferenza emotiva, si possono dire delle enormità. Se invece si è sereni, si è al massimo della propria intelligenza. Finché si occupa di storia, il famoso direttore scrive un testo pregevole e condivisibile, che ci si sentirebbe sinceramente di raccomandare; poi, non appena si avvicina all’attualità, ecco vengono  frasi come questa: Berlusconi è “un giocoliere che ostenta… il suo qualunquismo congenito e festevole” e però sta facendo nascere “un potere intrusivo, autoritario, concentrato nelle mani di un solo individuo”. Insomma, è uno sciocco ma ci domina tutti, o anche: Ercole non era nessuno, però era un semidio.
Poco dopo, tanto per dimostrarsi equanime, il nostro editorialista esagera contro l’opposizione. Parla di analfabetismo politico e scrive: “Per certi aspetti anzi a sinistra questa assenza di educazione politica è uno dei suoi connotati, in particolare tra i sedicenti intellettuali che sono forse i più analfabeti di tutti”.  Che gli intellettuali non siano molto competenti in politica sarà magari vero; e sarà pure vero che il fatto di essere di sinistra non è garanzia di superiore intelligenza o cultura: ma dire che i “sedicenti” intellettuali di sinistra sono “i più analfabeti di tutti” è un’inutile esagerazione. Si ha voglia di esclamare ironicamente: “Ohibò!”
In realtà, quella dell’analfabetismo politico è contemporaneamente una verità (quanta gente conosce vantaggi e svantaggi dei diversi sistemi elettorali?) e una bugia: se fossimo analfabeti oggi, quando tutti sappiamo leggere e scrivere e comprendiamo la lingua nazionale, come bisognava qualificarci circa un secolo fa, quando ci concessero il suffragio universale maschile? Quei governanti erano dunque pazzi? Ancora una volta, perché esagerare?
Viceversa è assolutamente vero che, soprattutto a sinistra, esiste una pressoché autolesionistica fedeltà al proprio ideale. Questo atteggiamento porta al frazionismo, e in totale all’annullamento dell’azione politica concreta.  Detto questo, si sarebbe amato che Scalfari, invece di limitarsi a deprecare il fenomeno, l’avesse spiegato.
Il liberalismo tende ad una pacifica convivenza contemperando i diversi egoismi: e prende in considerazione l’uomo com’è, con i suoi difetti; la mentalità di sinistra tende invece, se non proprio ad un’utopia, ad un mondo molto più giusto di quello presente. La coscienza del proprio ideale fa sentire l’interessato moralmente migliore e questo lo rende arrogante e tendenzialmente intransigente. Transigere, dicevano i romani, è aliud dare, aliud retinere, dare qualcosa, trattenersi qualcosa. Ma se si è in possesso di una superiore verità, di un bene superiore, come accettare qualche bugia e qualche male? Scalfari sbaglia, quando accusa gli uomini di sinistra di narcisismo: non sono innamorati di sé, sono innamorati dell’idea di cui si sentono portatori. È la loro ideologia, ad essere narcisistica: essi ne sono solo gli strumenti. Si tratta di un serpente che si morde la coda.
Anche la battaglia di Ricolfi per convincere gli uomini di sinistra a smetterla di sentirsi i migliori dovrebbe avere un diverso bersaglio. L’invito non dovrebbe essere: “Smettetela di essere, voi, arroganti”, ma: “Smettetela di pensare che la vostra idea sia talmente perfetta da non permettere compromessi”. Molti mali non derivano dalla cattiveria di alcuni, o di una data classe sociale, come pensava il polveroso Marx, ma dall’immodificabile natura umana; e dunque non bisogna tendere ad una società di angeli, ma ad una società in cui chi sbaglia troppo sia messo in galera.
Purtroppo, non solo è difficile convincere i sognatori di queste piane evidenze, ma la certezza che essi hanno della loro superiorità morale li rende altezzosi e calunniatori. Per loro la controparte è composta di persone in malafede, di amanti del profitto, di disonesti. Gli stessi giornalisti, se critici con la sinistra, sono pennivendoli, scribacchini a libro paga, servi del potere. Il semplice atteggiamento di moderazione, di comprensione della natura umana e dei suoi difetti, viene facilmente visto come cedimento agli interessi, propri o altrui. Al denaro, all’immoralità. Questo spiega anche l’odio per i berluscones: se sono a favore di uno che si è arricchito, che dunque è un disonesto, è perché sono spregevoli anche loro.
Se poi uno insiste sul punto che l’utopia finisce con l’essere dannosa (la storia lo prova), che è meglio cercare una soluzione intermedia e moderata, ottiene da un uomo di sinistra questa risposta irritata: “Insomma, vorresti che divenissi un liberale. Scordatelo”. E chissà che non abbia ragione, meglio scordarselo. E impedirgli soltanto di giungere al potere.

Gianni Pardo,
7 giugno 2009

SCALFARI BIFRONTEultima modifica: 2009-06-07T11:39:33+02:00da gianni.pardo
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