D’ALEMA ET LE POT AU LAIT

D’ALEMA E LE POT AU LAIT
Questo è il periodo delle doppie letture. Franceschini ha detto che i risultati delle ultime elezioni segnano l’inizio del declino del centrodestra e si è stati costretti a ricercare su internet il video di quelle dichiarazioni per essere sicuri di aver sentito bene. Ora un articolo di Laura Cesaretti  costringe a fare altrettanto.
Scrive la giornalista che, secondo Mastella, D’Alema cercherebbe di disarcionare Berlusconi (ecco il senso della “scossa”) perché vorrebbe stringere un’alleanza con Pierferdinando Casini per portarlo a Palazzo Chigi. Avete letto bene: Casini Primo Ministro col sostegno del Pd. In tempi brevi. D’Alema infatti avrebbe accettato la candidatura di Bersani a segretario del Pd ma non a quella (futura e possibile) di premier, proprio perché aveva in mente questo schema. Uno dice: fantasie della notista del “Giornale”. E invece ecco viene citata Repubblica. Scrive Massimo Giannini che il risultato pugliese “dimostra che il dialogo con il centro di Casini è forse l’unica via per tentare una riapertura del gioco politico”. Anche se stavolta non si parla di Palazzo Chigi ma semplicemente di “una riforma elettorale sul modello tedesco, che lasci tutti i partiti a mani libere prima delle elezioni e crei poi le alleanze in Parlamento”. Anche in questo caso, tuttavia, si parla di mani libere e di nuove alleanze, e si allude insomma a questa rivoluzione politica.
Si rimane basiti.
Che si cerchi di rovesciare il governo e sostituirlo con la propria coalizione, è un dovere dell’opposizione. Che si trami per ottenere questo risultato, persino con le armi della calunnia, non sarà un dovere ma è la normalità. Ma che si ragioni come “La laitière et le pot au lait”, di La Fontaine, no, è allarmante. Perrette pensava di vendere il suo latte e di cominciare da lì la sua strada verso la ricchezza finché il recipiente non le cadde dalla testa e tutti i sogni andarono in fumo. Nello stesso modo, le inverosimiglianze del progetto d’alemiano sono legione.
In primo luogo, non si può ragionare come se Berlusconi non ci fosse. Perché c’è. Può non piacere, si può odiarlo, ci si può perfino augurare che gli venga un coccolone, ma finché questo non avviene è lì. E non è soltanto “un ostacolo”, come dice Mastella: è una montagna franata sulla via della sinistra.
Poi non viene spiegato se questo terremoto dovrebbe avvenire in seguito a nuove elezioni o no. Perché le nuove elezioni si potrebbero avere se cadesse il governo e la stessa maggioranza non fosse in grado di costituirne un altro. E se non ci fosse crisi di governo, se non ci fossero nuove elezioni, perché mai Berlusconi dovrebbe farsi da parte?
Anche facendo l’ipotesi che Berlusconi, novello Silla o novello Carlo V, decidesse volontariamente di farsi da parte, chi dice a D’Alema che in tutto il centrodestra non ci siano politici ambiziosi desiderosi di prenderne il posto? Perché mai Fini dovrebbe dire a Casini “Prego s’accomodi”? E chi dice che non nutrano ambizioni Tremonti, Gianni Letta e i tanti personaggi di spicco del Pdl?
Ma la lista delle perplessità non è completa. È vero, Casini in qualche regione o in qualche comune si è alleato col Pd, e questo ha portato a volte al successo. Ma è notorio che, nelle amministrative, tutti si ritengono più o meno liberi di contrarre alleanze eterodosse: si tratta infatti di governare enti locali, non le sorti dell’intera nazione. Chi dice a D’Alema che gli elettori dell’Udc non stiano in quel partito perché non son voluti stare con i democristiani di sinistra? Continuerebbero a votare per Casini, alle politiche, se sullo sfondo ci fossero, se pure sbiaditi, falce e martello?
Almeno Perrette il latte, prima che le cadesse per terra, l’aveva. Ma qui?
Il centrosinistra è peggio che sconfitto: sembra in preda ad una sorta di marasma. All’incapacità di distinguere i sogni dalla realtà. Tutto questo è preoccupante e non rimane che sperare che sia frutto di un malinteso. In democrazia siamo pronti ad essere governati da persone che la pensano diversamente da quelli che stimiamo di più, ma vorremmo che, comunque, chi siede in Parlamento e, a più forte ragione, chi va al governo, fosse sano di mente.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it.
24 giugno 2009

D’ALEMA ET LE POT AU LAITultima modifica: 2009-06-24T15:02:00+02:00da gianni.pardo
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