BOSSI E I DIALETTI

Quando tutto è quieto, Bossi sembra faccia il possibile per rendersi visibile. E insopportabile. L’ultima proposta è quella dell’insegnamento del dialetto nelle scuole e la replica, in questi casi, è sempre la stessa: i ragazzi hanno già abbastanza da imparare – e non l’imparano! – senza che gli si insegnino il codice della strada, l’ecologia, le religioni non cristiane e ora i dialetti. I ragazzi escono dal liceo classico ignorando chi è Shakespeare, chi, fra Molière e Racine, ha scritto tragedie, se Mozart era austriaco o tedesco e perfino se Donizetti sia un calciatore o un musicista. E gli si vorrebbero insegnare i dialetti?
Il dialetto è una parlata che assume il nome di lingua per ragioni politiche: Malta, divenendo indipendente, ha elevato il dialetto locale alla dignità di lingua, in modo che i suoi abitanti parlino male l’italiano o l’inglese e si capiscano solo fra loro. Una seconda ragione, perché un dialetto divenga lingua, è quella precisamente culturale: l’italiano è divenuto lingua nazionale per questo secondo motivo. Un terzo motivo è precisamente linguistico: si chiama lingua un dialetto che le sue strutture o il suo lessico rendono un unicum. Tuttavia, in questo ultimo caso, nasce il problema delle varietà di espressione: mentre infatti le lingue sono unitarie ed hanno caratteristiche ufficiali e cogenti, i dialetti, anche quando sono glottologicamente delle lingue, cambiano da un posto all’altro. Se si volesse insegnare il sardo nelle scuole, quale bisognerebbe insegnare, quello del Nord o quello del Sud, o quale altro ancora? E se infine si volesse insegnare il dialetto del comune, come si farebbe ad essere sicuri di poter reclutare sul posto un numero sufficiente di insegnanti? E se un alunno si trasferisse da un comune all’altro, come farebbe? Nell’ambito della stessa provincia ci sono comuni – come Linguaglossa e San Pietro, a sud di Caltagirone – che distano oltre 135 chilometri: le differenze di dialetto in questo caso possono essere impressionanti. E quale dialetto insegnare, nelle zone di “frontiera linguistica”? A Novi Ligure bisognerebbe insegnare il piemontese, visto che è in Piemonte, o il ligure, nel caso il dialetto fosse ligure come il nome?
Ma c’è un errore ancora più profondo. Oggi si parla dei dialetti con simpatia, come si parla di un amico defunto perché, secondo l’imperativo latino, de mortuis nil nisi bonum, dei morti non si può che dir bene. Ma com’era, l’amico, da vivo?
Chi la vicenda del dialetto l’ha vissuta personalmente, ricorderà che esso non significava, un tempo, “radicamento”, come si pretende oggi, ma confinamento al proprio ambiente di nascita, ignoranza, rischio di rendersi ridicoli, marchio d’inferiorità. L’esigenza di uscirne, parlando la lingua nazionale, era tanto forte, che non raramente si creavano dei calchi divertentissimi: di cui però gli autori facevano le spese.
Il dialetto in qualche caso è stato vissuto come civetteria: l’erudito napoletano avrà parlato in dialetto col suo assistente universitario, e la stessa parlata avrà usato, umilmente, col suo fruttivendolo. Ma si sentiva in grado d’insegnare l’italiano anche ad un toscano. L’unico caso in cui il dialetto – almeno fino a qualche tempo fa, per quanto ne sappiamo – è stato adottato come segno di appartenenza alla patria comune, è quello del Veneto. E non si può dire che la cosa vada a vantaggio di quella regione. Se il Veneto avesse prodotto più letteratura della Toscana, si potrebbe mostrare qualche comprensione. Ma che qualcuno si creda speciale perché è nato a Treviso piuttosto che a Ravenna, francamente non si capisce.
Se il dialetto deve servire a restringere l’orizzonte della civiltà, in un momento in cui l’inglese è la lingua mondiale e il francese sta divenendo un dialetto europeo, non c’è ragione di dire grazie a Bossi. Se lui rimpiange che il prefetto di Trapani operante a Varese non conosca il lombardo, noi rimpiangiamo che lui non sia in grado di farsi capire cinquanta o sessanta chilometri a nord di Varese.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
17 agosto 2009

BOSSI E I DIALETTIultima modifica: 2009-08-17T15:10:06+02:00da gianni.pardo
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