L’INIZIATIVA DI RUTELLI & COMPANY

L’INIZIATIVA DI RUTELLI & COMPANY

L’idea che Francesco Rutelli lasci il Pd per andare non si sa dove un po’ rattrista. Anche per chi non vota per la sinistra è inaccettabile che tanta gente giochi a “sfasciare tutto”. I competenti potrebbero allineare facilmente decine di politici – eponimo Follini – che hanno sparato a palle incatenate contro la formazione di cui facevano parte, nell’evidente intento di danneggiarla, ma è meglio non fare nomi, per carità di patria: l’ultimo comunque è Rutelli.

Leggendo le sue dichiarazioni sul “Corriere” si rimane perplessi. Parla in “politichese” e sembra criticare Bersani perché si appresterebbe a flirtare con l’estrema sinistra. Ciò fa nascere subito due obiezioni: come fa a condannare un segretario che è tale da ventiquattr’ore?  E poi, perché si offende tanto? Francesco Rutelli non è forse stato pure lui nella coalizione di sinistra, al tempo di Prodi, in compagnia di Bertinotti, Diliberto, Pecoraro Scanio e, perché no, del giovane e ruspante Francesco Caruso? E comunque, se volesse impedire la deriva a sinistra del Pd, non sarebbe naturale che lui e quelli che la pensano come lui restino nel partito per influenzarlo dall’interno?

Uno s’illude, crescendo, di cominciare a capire un po’ di politica, poi, quando avvengono fatti come questo, si rende conto che non ha imparato niente. Il massimo che si riesce a spremere dalle proprie meningi è una serie d’interrogativi. E si può solo continuare a formularne.

Se ne andrà solo Rutelli e alcuni amici suoi (qualcuno dice venticinque) o se ne andrà quella che fu la Margherita? Nel primo caso, Rutelli e i suoi sodali, a titolo personale, potrebbero costituire un mini-partito, uno dei tanti, probabilmente incapace di raccogliere il fatidico 4% dei voti e tuttavia capace di sottrarre consensi a Casini fino a far sì che il 4% non lo raggiunga neppure l’Udc. Un disastro. Oppure, più ragionevolmente potrebbero andare ad iscriversi direttamente a questo partito ma diverrebbero obbligatoriamente dei gregari di Pierferdinando Casini e, non essendo sicuro che apporterebbero chissà quali voti in più, rischierebbero di divenire insignificanti. In ogni caso il loro apporto non consentirebbe all’Udc di sognare di divenire l’alternativa di governo.

Se invece si pensa ad una scissione del Pd, tecnicamente essa non sarebbe difficile: l’unificazione politica è stata imperfetta (si è parlato di “amalgama non riuscito”) e quella economica è inesistente. Ciascuno dei due partiti ha conservato il proprio patrimonio e potrebbe dunque facilmente andare per i fatti suoi: ma dove? Da un lato la Margherita rimarrebbe senza porto d’attracco: non potrebbe allearsi con Berlusconi per motivi ideologici e anche perché Berlusconi non ha bisogno di essa. Dall’altro se oggi il Pd, provvidamente o improvvidamente, volge gli occhi a sinistra in cerca d’alleati, ancor di più sarà costretto a farlo se mutilato di una parte di sé. Dunque è giocoforza pensare che mentre ora Rutelli paventa un’alleanza Pd-Prc, Comunisti Italiani, Verdi e dementi vari, domani la Margherita potrebbe essere costretta ad implorare che l’accettino in questa armata Brancaleone. Una coalizione che già con Prodi dette così bella prova di sé e che essa stessa renderebbe inevitabile con la propria defezione.

Tutto questo fa ricordare una frase di Henry Kissinger, di tanti anni fa. Essa suonava più o meno: “Mi considero intelligente, ma non tanto intelligente da capire la politica italiana”.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

27 ottobre 2009

L’INIZIATIVA DI RUTELLI & COMPANYultima modifica: 2009-10-27T19:48:00+01:00da gianni.pardo
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