IL VERO COLPEVOLE? NON MARRAZZO

IL VERO COLPEVOLE? NON MARRAZZO

Sulla squallida vicenda di Piero Marrazzo i commenti sono liberi e non osiamo nemmeno immaginare quali sarebbero stati se, al posto suo, ci fosse stato Silvio Berlusconi. Comunque possiamo azzardarne un paio noi.

Il primo e fondamentale colpevole, in tutta la vicenda, non è Marrazzo e non sono neppure i carabinieri “marci”: il primo colpevole è un mondo che non ha ancora imparato a farsi gli affari suoi. Non c’è ragione di avere una speciale simpatia per gli omosessuali ed è lecito essere contro il loro possibile “matrimonio”. Si può anche disapprovare l’idea che adottino dei bambini ma, detto questo, non si capisce perché la gente si debba occupare di quello che fanno, di come vivono e delle persone con cui si accoppiano. Analogamente, se qualcuno ama fare l’amore, piuttosto che con sua moglie o con un’amante, con una conoscente occasionale, con una prostituta o un viado, sono ancora affari suoi. La società non ha nessun diritto d’intromettersi in qualcosa che non la riguarda e non la danneggia in nessun modo. Che un Piero Marrazzo sia un donnaiolo o un impotente, un omosessuale attivo o un omosessuale passivo, che vada con prostitute o sia il terrore dei mariti, sono cose che non influenzano la sua attività politica. Non più delle sue preferenze in materia di sport o di musica.

Se tutti la pensassero così, i carabinieri non avrebbero avuto nessuna arma di ricatto. Lo stesso Governatore del Lazio avrebbe al massimo suscitato qualche sorriso divertito. Più o meno come le imprese di Berlusconi, un uomo oltre i settanta (prosit). Il punto di vista borghese e il moralismo sessuale scatenato attualmente di moda (informarsi con “Repubblica”) hanno invece fatto sì che Marrazzo, all’idea della pubblicità, si sia visto perduto ed abbia preferito cedere al ricatto. Il vero colpevole è la società bacchettona e, per essa, la sua bandiera: “la Repubblica” di Ezio Mauro.

Il secondo commento riguarda Silvio Berlusconi. Oggi è di pubblica ragione il fatto che si sia rifiutato di pubblicare il video e si sia anzi premurato di avvertire Marrazzo del pericolo. Che cosa pensarne? Gran bel gesto, sicuramente. Infatti basta chiedersi: Ezio Mauro o Conchita De Gregorio l’avrebbero fatto, se su quel video ci fosse stato Silvio Berlusconi?

Qualcuno, con disincantata sottigliezza potrebbe osservare che probabilmente Berlusconi si sarà detto che, di riffa o di raffa, quel video sarebbe venuto alla luce e dunque era inutile sporcarsi le mani. Invece così, una volta resa pubblica tutta la faccenda, a lui personalmente ne sarebbe venuto l’onore di non avere approfittato del nemico caduto. Ma se qualcuno credesse che questa previsione sminuisce la magnanimità di Berlusconi si sbaglierebbe: è caratterista del grande politico immaginare i futuri sviluppi. “La Repubblica” e i politici di sinistra invece non hanno mai previsto che chi di spada ferisce di spada perisce.

E allora, assolvere Piero? No, per niente. Non si può perdonare che egli sia andato a trovare la sua Natalia con l’auto di servizio. Questo è indubbiamente un peculato. Il popolo non dovrebbe battere ciglio se un politico va a puttane (o “a viados”), ma ha tutto il diritto di arrabbiarsi se lo fa anche in parte a sue spese. L’auto di servizio e l’autista no, quello no.

Ecco in che senso questo articolo è destinato a scontentare amici e nemici. Si assolve Marrazzo moralmente – perché fra adulti consenzienti la morale ha ben poco da dire – e lo si condanna giuridicamente per qualcosa che a molti sembra del tutto secondario. Che invece no, non è secondario. Se è vero che l’azione penale è obbligatoria, non c’è scelta: chi commette un peculato deve essere punito. Non si può dimenticare che si è processato Silvio Berlusconi perfino per avere “dato un passaggio” sull’aereo di Stato, e se lo si è assolto non è perché la cosa in teoria non potesse costituire reato, ma perché in concreto gli ospiti non avevano provocato nessun esborso da parte dell’erario: l’aereo volava per effettivi fini istituzionali.

Il peculato è più corrente di quanto non si pensi. Molti se ne rendono colpevoli disinvoltamente e persino senza rendersene conto: ma proprio per questo è giusto che i giudici reprimano l’andazzo: e infatti c’è gente che è stata condannata per aver usato per fini privati il telefono dell’ufficio. A questo punto, avendo persino la prova filmata, non si può assolvere chi ha avuto l’aria di credere che l’auto di servizio non fosse destinata al governatore del Lazio ma al sig. Piero Marrazzo.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

26 ottobre 2009

Nota aggiuntiva: L’articolo di D’Avanzo, su Repubblica, va letto, anche perché dimostra che la colpa dello scandalo Marrazzo è di Berlusconi. La sintesi (in calce un passaggio) è che il Cavaliere è colpevole di avere avvertito Marrazzo del fatto che circolava un video compromettente che lo riguardava e di “avergli consigliato” di mettersi in contatto con l’agenzia fotografica che lo offriva ai giornali. Che ci sia stato questo “consiglio” andrebbe dimostrato: pare solo che, richiesto, abbia dato le coordinate di quell’agenzia: ma andiamo avanti. Secondo D’Avanzo, Berlusconi avrebbe dovuto invece consigliargli di denunciare il ricatto alle autorità. Ora, a parte il fatto che, a quanto ci risulta, Marrazzo è maggiorenne, se – secondo l’editorialista di “Repubblica” – questo era l’imprescindibile dovere di Marrazzo, ne consegue che Berlusconi avrebbe dovuto dire: “O denunci tu il fatto o lo faccio io”. Ma se l’avesse fatto, D’Avanzo avrebbe detto che approfittava dei “suoi” media per sputtanare con la rivelazione di un fatto privatissimo un avversario politico, gravissima colpa. Dimenticando che sarebbe stata esattamente la stessa colpa di “Repubblica”. Conclusione? Male ha fatto Berlusconi a non precipitarsi a chiedere ai vari direttori di dare la massima pubblicità a quel video. Se doveva essere criticato in ogni caso, perché non trarne il massimo profitto?

G.P.

D’Avanzo: “A questo punto, il capo del governo potrebbe consigliare all’altro uomo di governo di non perdere un minuto e di denunciare il ricatto all’autorità giudiziaria. Nemmeno per sogno. Il presidente del Consiglio indica all’altro attraverso chi passa il ricatto, ne fornisce indirizzo e numero di telefono: che il governatore si aggiusti le cose da solo mettendo mano al portafoglio e “ritirando la merce dal mercato”, come pare si dica in questi casi. È la pratica di uomini che governano senza credere né alla legge né allo Stato, né in se stessi né nella loro responsabilità”.

 

IL VERO COLPEVOLE? NON MARRAZZOultima modifica: 2009-10-27T09:14:30+01:00da gianni.pardo
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