OBAMA NON HA DELUSO

Obama, un Messia fallibile”, così s’intitola un editoriale sulla Stampa del 24 novembre 2009[1]. E nell’articolo si va oltre: non “fallibile”, ma “that failed”, che ha fallito. Guido Ceronetti esprime tutta la delusione di chi, prima, aveva sperato fervidamente che Obama fosse eletto e altrettanto fervidamente, poi, che riuscisse veramente a cambiare le cose in meglio. Invece non solo l nuovo Presidente non ha cambiato niente, ma è riuscito a far umiliare gli Stati Uniti in più d’un continente. Milioni di ex-sostenitori sono delusi. Hanno ragione?

Francamente no. Non perché l’inquilino della Casa Bianca abbia fatto grandi cose, ché anzi l’unica grande impresa che tenta – la riforma della sanità – è molto probabile che non gli riesca. Ma, al contrario, perché non ha provocato disastri.

Quando è apparso sulla scena, le persone poco emotive sono rimaste più che perplesse. Che diamine significa “Change”? Il senso più razionale di questa parola è “Negozio di cambiavalute”. Se si esce da questo ambito chiaro e ristretto, scoppiano decine di domande: cambiare? E che cosa? E come? E con quali costi? E con quali risultati? Tutte domande a cui Obama non forniva risposte se non in modo fumoso e puramente ottativo. Tutti siamo “for mom and apple pie”. Tutti ameremmo avere la botte piena e la moglie ubriaca. E non esiste dubbio che è meglio essere ricchi e felici, che poveri e ammalati. Allora, quale Change? Soprattutto visto che un prudente proverbio avverte che chi lascia la vecchia per la nuova, peggio trova.

Né miglior commento merita lo slogan, “Yes, we can”. Qualcuno avrebbe dovuto chiedere ad Obama: “Can you fly out of this window?” E se non puoi volare fuori da questa finestra, chi mi dice che potresti risolvere il problema del terrorismo, dell’Afghanistan, della recessione?

E tuttavia il Presidente è innocente. Se qualcuno, sulla pubblica piazza, vende un rimedio che guarisce in un solo colpo l’asma, la depressione, l’alluce valgo ed il cancro, nessuno ha il diritto di richiedere indietro i soldi. La legge non punisce la pubblicità esagerata: se Valentino promette alle donne che, mettendo il suo profumo, tutti gli uomini cadranno in adorazione ai loro piedi, e una di loro, delusa, cercasse di trascinarlo in giudizio, il magistrato le riderebbe in faccia. In realtà, mentre Obama prometteva l’impossibile, chi lo ha votato ha corso il rischio che il possibile lo facesse: cioè un immane disastro. Se qualcuno parla di change, e dice yes we can, e qualcuno si convince che farà miracoli, gli sarà andata benissimo se poi il rimedio non aggraverà il male e se il profumo non provocherà l’orticaria. La campagna elettorale non lo prometteva affatto, questo minimo risultato.

Gli americani hanno mosso a George W. Bush rimproveri inconsistenti e Obama ha capito che se avesse cambiato politica avrebbe commesso gravi errori. Solo gli ingenui credono che un Presidente degli Stati Uniti giochi a palla con il mondo. I fatti, non gli uomini, guidano la politica dei grandi Paesi. E sono incredibilmente testardi.  Per questo Barack, eccellente venditore, non ha promesso nulla di concreto, salvo la riforma sanitaria. È in questo modo che ha battuto la coriacea, pragmatica, razionale Hillary Clinton. E nel momento in cui si è insediato alla Casa Bianca si è comportato nell’unico modo possibile: ha sorriso molto, ha parlato molto e non ha fatto niente. Gli stessi deboli tentativi di stabilire rapporti diversi con l’Europa e con le grandi potenze extra-europee non hanno condotto a nulla. Quanto all’Afghanistan, è notizia di oggi che invierà altri trentamila soldati. Yes, we can. We can do what George W. did.

Non si ha il diritto di essere delusi. Se questo Presidente non ha cercato di fare miracoli, se non è stato l’impossibile uomo della provvidenza che le sinistre speravano, è chiaro che ha il senso della realtà. Dunque c’è andata bene. A volte la vince non chi è un genio dell’arte della guerra come Annibale, ma un paziente, testardo, grigio funzionario come Quinto Fabio Massimo. Sia dunque lode a chi non ha trascinato il Paese in qualche folle avventura, non ha preso decisioni demagogiche ed improvvise, ha tanto ascoltato i suoi consiglieri. Poi, certo, potrà anche sbagliare. Come diceva Machiavelli, oltre che dalla virtù, il successo della politica dipende dalla fortuna. E mentre Ceronetti e i suoi amici scuotono la testa, noi auguriamo appunto la massima fortuna a Barack Obama.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

24 novembre 2009




[1] http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=6657&ID_sezione=&sezione=

OBAMA NON HA DELUSOultima modifica: 2009-11-25T11:06:03+01:00da gianni.pardo
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