FINI E ANNA MARIA FRANZONI

La condanna di Anna Maria Franzoni nasce da un ragionamento: è la sola che ha potuto commettere quell’omicidio e dunque l’ha commesso lei. Punto. Se una soluzione è l’unica possibile, è anche la giusta.
Il ragionamento si può applicare a Gianfranco Fini. Il suo comportamento, ormai da molti mesi a questa parte, è stato caratterizzato dalla volontà di distinguersi da Silvio Berlusconi, di dargli continuamente sulla voce, di essere in ogni momento sgradevole nei suoi confronti. Il “Giornale” del 25 scorso, a pag.2, in un box fa una sintesi per il 2009. Marzo, Fini: “no al pensiero unico”; agosto: i suoi commenti su eutanasia e immigrazione creano imbarazzo nel Pdl; settembre: “serve un cambio di marcia e un dibattimento”; settembre: chiede di concedere la cittadinanza agli immigrati dopo cinque anni di permanenza; ottobre: richiama Berlusconi al dovere costituzionale di rispettare il Capo dello Stato; dicembre: Berlusconi definisce la Corte Costituzionale un “organo politico” e Fini lo invita a “precisare meglio il suo pensiero”. Per non parlare della chimera delle “riforme condivise”. Ogni occasione è buona. Parecchi hanno ironizzato, definendolo il leader ideale del Pd, ma la realtà è che non si capisce dove voglia andare a parare.
Passiamo in rassegna un paio di ipotesi. Se egli disponesse, nell’ambito del Pdl, di tanti sostenitori da potere ribaltare la leadership di Berlusconi, la sua azione sarebbe solo la scaramuccia che prelude a una guerra prevedibilmente vittoriosa. Ma Fini non può contare né sul sostegno di larga parte degli ex di Forza Italia e neanche – incredibile – sul sostegno di larga parte degli ex di An. È soltanto a capo di se stesso e di alcuni amici stretti: dunque, nessun possibile ribaltone interno. Nessuno ha la vocazione al suicidio politico.
Seconda ipotesi, Fini cerca di creare una nuova maggioranza. Se riuscisse a creare un’alleanza fra scontenti del Pdl, Udc di Pierferdinando Casini, piccole formazioni orfane e soprattutto Pd, potrebbe far cadere il governo e poi proporsi come leader della nuova maggioranza. Sarebbe sostenuto dal Pd come a suo tempo l’Ulivo sostenne Prodi. Purtroppo, anche questo progetto è insostenibile. Gli scontenti del Pdl non sono sufficientemente numerosi e la maggior parte di loro non vuole affatto rischiare di andare a casa. Ha la possibilità di godersi il seggio fino al 2013 e non vede perché dovrebbe rischiarla. Il Pd si squalificherebbe se si alleasse con un politico che per decenni la sinistra ha definito “fascista” e Casini, l’ha dimostrato non entrando nel Pdl, non ha la vocazione del gregario. Dunque anche questo sarebbe un vicolo cieco.
Anche a grattarsi a lungo la zucca, non si trovano altre ipotesi e, come per Anna Maria Franzoni, il comportamento di Gianfranco Fini bisogna rassegnarsi a dichiararlo assurdo. Del resto è nozione comune che la logica non guida tutte le nostre azioni. È incomprensibile che un uomo ricco, colto e intelligente si innamori di una donna povera, volgare e ignorante, ma nessuno lo può escludere. All’innamoramento non si comanda.
Il caso di Gianfranco Fini è psicologico: si comporta così perché ha voglia di comportarsi così, attacca Berlusconi perché non riesce a trattenersi dall’attaccarlo, anche se non ne ricava nulla. Ancora il 24 corrente ha affermato: «La mia opinione non coincide al cento per cento con quella del presidente del Consiglio e questo è notorio». E perché ci tiene a ribadirlo? Teme che Berlusconi l’ami troppo? Comunque non sa spiegare la propria linea politica. Dice: “Non ho problemi sulla leadership di Berlusconi a cui voglio bene e non voglio una resa di conti neanche in futuro. Sono pienamente cosciente di essere minoritario, non piango sui numeri, ma chiedo un luogo dove si faccia sintesi politica». A parte l’ipocrita dichiarazione di affetto, se si rende conto che non ha nessun potere e nessun progetto, che futuro ha? A questa domanda risponde così: «Il mio futuro? Dico ciò che penso, poi si vedrà». Contento lui.
Il comportamento dell’ex leader di Alleanza Nazionale non ha senso: è solo il risultato di una cocente frustrazione per il fatto che non è il numero uno e non comanda. Non avendo nessuna possibilità oltre quella di parlare, almeno questo fa: a costo di giocarsi il futuro politico. Dovrebbe sapere che non è neppure detto che, se morisse domani Berlusconi, il Pdl vorrebbe lui come leader. Fini ha in comune con D’Alema la capacità di inimicarsi coloro che dovrebbero essergli amici.
Il caso di Gianfranco Fini è psicologico e del più basso livello: si tratta di invidia.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
26 febbraio 2010

FINI E ANNA MARIA FRANZONIultima modifica: 2010-02-27T08:21:37+01:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “FINI E ANNA MARIA FRANZONI

  1. # se si rende conto che non ha nessun potere e nessun progetto, che futuro ha?

    potrebbe essere semplicemente un soprassalto di consapevolezza di essere in qualche “strano” modo schierato da una parte che non corrisponde più alla sua maturazione politica.
    perché non riconoscergli un briciolo di onestà semplicemente “umana” che gli fa affermare certe cose “gratuitamente”, senza, necessariamente, sempre mirare al tornaconto personale.
    Le sembra tanto impossibile?

    # Il caso di Gianfranco Fini è psicologico e del più basso livello: si tratta di invidia

    non Le sembra un giudizio un po’ troppo severo?
    capisco il suo pessimismo quando si parla di uomini politici (soprattutto di alcuni) ma perché G. Fini, che a mio parere ha fatto della sua parabola politica un paradigma di “autocoscienza in progress” nel senso che si è “liberato” in itinere di tante “etichette” squalificanti (da Fiuggi in poi), dovrebbe “invidiare” qualcuno, in particolare colui che, bene o male, avendolo “sdoganato” nel lontano 1994, in un certo senso l’ha aiutato proprio a “ripulirsi”?
    perché negargli un “sincero” spirito democratico che lo spinge a critiche (si vedrà di volta in volta se giuste o giustificabili) quando il suo sodale e mentore “a suo giudizio” sbaglia l’approccio politico?
    riconoscergli un po’ di “onestà” è tanto improbabile?

  2. Ottime domande.
    1) Se un amico sbaglia glielo si dice in privato. Non gli si fa la guerra in pubblico. E se glielo si dice in pubblico forse non è un amico.
    2) In politica chi si autodanneggia per essere “onesto”, per dire “come la pensa”, “per essere coerente” ecc. non è un vero politico. Il vero politico è corretto e onesto nei limiti del possibile, al limite se proprio deve disapprovare tace, e se la cosa è ancora peggiore esce dal partito, ma non si autodanneggia mai gratuitamente.
    3) La tesi che qui si sostiene è che il comportamento di Fini non è ragionevole. Non serve al partito, non serve a Berlusconi e soprattutto non serve a lui. Se invece qualcuno me lo spiega, e magari risultasse che il suo è un piano machiavellico, cinico, spregiudicato, che gli tornerà utile, ritirerei la mia accusa di invidia e non lo giudicherei male.
    4) Sono alla ricerca della verità, non di giudicare male Fini, io che ho riso per decenni del cosiddetto “arco costituzionale”.

  3. puntuali, come sempre, le sue risposte.
    ma non vogliamo proprio salvare niente del povero Fini?
    siccome da un po’ di tempo va dicendo cose genericamente condivisibili su vari argomenti, di destra e di sinistra, non sarà che l’apparente “contrasto” col suo dominus sia dovuto alla sua figura “istituzionale” senza immedesimarsi in un sofisticato, diabolico discepolo di don Niccolò?

  4. Meglio di qualsiasi tediosa analisi la vignetta odierna di Giannelli, raffigura Fini che dice: “Quando Berlusconi non parla non so come contraddirlo”.

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