INTERCETTAZIONI, INDIZI E PROVE

Riguardo alla nuova legge sulle intercettazioni, esiste una controversia riguardo a ciò che deve giustificarle. Pare siano richiesti seri indizi di colpevolezza e i giustizialisti obiettano: se esistessero seri indizi, a che servirebbero le intercettazioni? Se ci sono già le prove, non serve a nulla cercarle. Ciò che nessuno obietta è che il termine “indizi” non corrisponde alla parola “prove”.
Il primo aiuto, per distinguere i due concetti, si può chiedere a quei testi che registrano il significato che i parlanti dànno a quelle parole. Per i Devoto-Oli del 1979, un indizio è un “elemento sufficiente a fornire un orientamento soggettivamente od oggettivamente valido”. Un prova, viceversa, è “5. Argomento o documento atto a dimostrare la validità di un’affermazione o la realtà di un fatto”. L’indizio dice “potrebbe essere così”, la prova dice “è così”. La distinzione è netta.
Il difficile è stabilire quando le circostanze autorizzano la prima affermazione e quando autorizzano la seconda. Riguardo al famoso delitto di Cogne, gli innocentisti dicono: è vero, non si è trovato chi altri potrebbe aver commesso il delitto ma questo è solo un indizio. Abbiamo una “prova” (ecco la famosa parola) che Anna Maria Franzoni sia l’assassina? I colpevolisti dicono: se risulta indubitabile che nessun altro può aver commesso il delitto, abbiamo per esclusione la prova che ella lo ha commesso. E infatti i giudici l’hanno condannata ad anni di carcere. Insomma, si può chiamare semplice indizio la prova che non ci convince e prova il solido indizio che ci convince.  La vera distinzione è nell’opinione di chi deve decidere: ecco perché è stata futile la diatriba fra “evidenti indizi” e “indizi” soltanto: è sempre il magistrato destinatario della norma che stabilisce se questi indizi ci sono o no.
Per quanto riguarda le intercettazioni, è tutta questione di buon senso e moderazione. Se i magistrati mettessero sotto controllo coloro dei cui reati hanno già la prova, sprecherebbero i soldi dello Stato e violerebbero la privatezza dei cittadini. Se mettessero sotto controllo coloro che pensano potrebbero aver commesso dei reati o, ancora peggio, coloro che sperano di scoprire in fallo, oltre a sprecare i soldi dello Stato – perché il numero delle intercettazioni in questo caso sale in maniera demenziale – violerebbero il principio costituzionale dell’eguaglianza dei cittadini.
È facile fornire un esempio. Il ministero che più facilmente si presta alla corruzione è quello dei Lavori Pubblici e per questo i magistrati potrebbero voler tenere costantemente sotto controllo tutti quelli che ci hanno a che fare. Ma questo sarebbe anche contro l’art.3 della Costituzione: i cittadini sono tutti uguali dinanzi alla legge. anche quando sono persone importanti e anche quando sono ministri. Un tempo questa era quasi una garanzia di impunità, oggi rischia di essere una garanzia di persecuzione.
Le possibili soluzioni del problema sono due: una giuridica (su cui si conta poco) e una economica. Per la prima basterebbe dire che bisogna autorizzare le intercettazioni in presenza di indizi, bacchettando poi severamente i magistrati che dovessero disporle in assenza di solide ragioni. Per la seconda bisognerebbe dire ai magistrati: lo Stato vi consente di spendere questa somma e non più. Fate le intercettazioni che volete, poche brevi o molte lunghe, a modo vostro, ma questo è il limite. Né ci sarebbe da stupirsi. Nessuno può pretendere di agire senza nessun limite di spesa, diversamente il Ministro della Difesa potrebbe pretendere tre nuove portaerei con duecento caccia-bombardieri di ultima generazione e il Ministro dell’Educazione potrebbe chiedere un computer per ogni studente delle superiori.
Ma questa discussione non serve a niente. Non è un problema di idee chiare e neppure di risparmiare i soldi dell’erario. La sostanza è che la maggioranza vuole essere lasciata in pace e l’opposizione vuole darle addosso in ogni caso. Magari con l’aiuto di magistrati amici.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
6 aprile 2010

INTERCETTAZIONI, INDIZI E PROVEultima modifica: 2010-04-06T12:20:00+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “INTERCETTAZIONI, INDIZI E PROVE

  1. Cito a memoria: Indizi (notare il plurale)gravi,precisi,concordanti.In questo caso abbiamo la formazione della prova.
    Basterebbe organizzaze le intercettazioni telefoniche e ambientali in modo che risultino legittime e usabili in tribunale.Il fatto che siano autorizzate da un magistrato non dovrebbe essere fonte automatica di legittimità.

  2. Distinzione tra indizio e prova

    Indizio è un elemento che fonda una possibilità, senza escluderne altre (es. risulta indubitabilmente che X era sul luogo del delitto nell’ora in cui questo è stato commesso, ma ciò di per sé non esclude che a commetterlo sia stato non X ma qualche altro).

    Prova è un elemento che fonda una possibilità escludendone tutte le altre (es. risulta indubitabilmente che X, entrato insieme alla vittima in una stanza restata ermeticamente chiusa senza altre possibilità di ingresso o di uscita, vi rimase per tutto il tempo in cui fu commesso l’omicidio, e quando ne uscì la vittima era morta. Ciò è una prova in quanto dimostra unicamente e indubitabilmente la colpevolezza di X ed esclude ogni altra possibilità interpretativa).

    Quando, in assenza di prove similmente esclusive, si hanno solo indizi, se essi sono numerosi e tutti gravi, precisi e assolutamente concordanti, vanno assunti nel valore di prova.

    Domenico Alvino

  3. Se già non esistesse, credo sarebbe ora di istituire il concetto di “quadro indiziario”, da concepire ovviamente come un insieme di indizi.Qualore essi indizi siano numerosi,tutti gravi, precisi e assolutamente concordanti, il quadro indiziario complessivo va assunto nel valore di prova se e solo se esclude la possibilità di ogni altro quadro indiziario. Come esempio, credo possa assumersi con sufficiente forza dimostrativa proprio il caso del delitto di Cogne. Ma invito a proporne altri, qualora se ne conoscano di più adeguati.

  4. Caro Alvino,
    lei sogna di stabilire un metodo scientifico che forse è impossibile, in questo campo. Altre volte ho sostenuto che “è prova ciò che il giudice reputa prova”. E di fatto non solo così la pensa il codice, ma così la pensano (inevitabilmente) i magistrati.
    Il limite non è logico o metodologico, il limite è costituito dallo scrupolo e dalla competenza del giudice. Che a volte sono ammirevoli, a volte proprio no.

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