GLI U.S.A. DEVONO SCUSARSI PER HIROSHIMA?

Gli U.S.A. si devono scusare per Hiròshima? Il problema è posto da più parti come conseguenza dell’orrore suscitato dagli effetti della bomba atomica sulla popolazione civile. Questo orrore non dipende dal numero dei morti: il solo bombardamento di Dresda ne ha provocato di più. Non dipende dal fatto che le vittime siano state uccise in una frazione di secondo, ché anzi questo è più pietoso di ciò che hanno sofferto gli ebrei nel Ghetto di Varsavia o nei campi di sterminio: dipende dal panico – terrore magico-religioso – ispirato dal fatto che l’uomo possa, schiacciando un bottone, annientare un’intera città. Simili ai grandi tragici greci, ci chiediamo se l’uomo abbia il diritto di far concorrenza agli dei; se abbia il diritto di strappare il fulmine di mano a Zeus.
Il tempo di guerra per noi europei risale a oltre sessantacinque anni fa. È dunque comprensibile che molti non sappiano più che cosa sia. Né li soccorre lo studio della storia, visto che a questa fatica ben pochi si sottopongono. Oggi si parla di guerra come si può parlare della disfida di Barletta o della Secchia Rapita: per sentito dire e come esercizio letterario.
La guerra è una delle cose più orribili che si possano concepire. È una vergognosa caratteristica della nostra specie, che condividiamo con le formiche. Stramaledirla non serve a niente. Non riusciremo mai a trattenere il fiato per un’ora, come i capodogli; non riusciremo mai ad essere una società affettuosa, soccorrevole e mite come quella degli sciacalli; non riusciremo mai ad evitare la guerra: per noi la violenza intraspecifica è normale. Noi ci uccidiamo vicendevolmente e a volte organizziamo con entusiasmo grandiosi stermini di decine di milioni di morti.
Per secoli, la guerra ha avuto lo scopo di battere un esercito fino ad indurre il nemico ad arrendersi o ad accettare le condizioni di pace. Per quanto barbaro, lo scontro è avvenuto in campagna (e campagna significa infatti “ciclo di operazioni militari”), mentre i civili rimanevano a casa. Con l’aviazione e con la moderna tecnologia le cose sono cambiate. Quel gentiluomo di Hitler ha avuto la brillante idea di indurre la Gran Bretagna alla resa o all’accordo non battendola in battaglia ma terrorizzando e ammazzando un gran numero di civili. Ci ha provato a Coventry e ci ha provato a Londra, con i bombardamenti e con i primi missili. Ma oltre che un crimine contro l’umanità è stato un pessimo calcolo. Non solo l’Inghilterra non si è arresa, ma ha poi restituito la pariglia con gli interessi ad Amburgo, a Colonia, a Dresda, dovunque, fin quasi a fare della Germania tabula rasa. Si è passati dalla guerra in campagna, contro i militari, alla guerra in città contro i civili. Uccidendone decine, centinaia di migliaia.
Non ci si può stupire di Hiròshima. Il mezzo con cui si uccide è secondario rispetto alla volontà di uccidere. Se gli Stati Uniti si devono scusare di qualcosa, è di appartenere a questa umanità.
Un secondo elemento da tenere presente è la logica della guerra. In tempo di pace l’idea di uccidere una persona per salvarne due o tre, o anche dieci, è orrenda. In tempo di guerra invece è normale uccidere cento persone per salvarne una, se i cento sono nemici e l’uno è un commilitone. Gli americani erano compatrioti di quel generale Patton il quale diceva realisticamente ai suoi soldati che non erano lì per morire per la Patria, ma per far sì che i bastardi dell’altra parte morissero per la loro Patria.
Questo principio fu importante nel caso di Hiròshima. La mentalità del Giappone, civili inclusi, era che tutti avevano il dovere di morire invece di arrendersi: i kamikaze sono relativamente stati pochi ma come loro la pensavano tutti. Chi avesse osato obiettare sarebbe stato bollato come vile. In queste condizioni la conquista del Giappone sarebbe costata un enorme numero di soldati e lo sterminio pressoché totale dei giapponesi. Mentre al contrario gli americani volevano tornare a casa vivi. La bomba di Hiròshima fu un messaggio: “È meglio che vi arrendiate. Voi siete disposti a morire per l’Imperatore ma noi potremmo uccidervi tutti senza perdere un uomo”. E perché fosse chiaro il messaggio fu ripetuto a Nagasaki.
Finalmente Hiro Hito, disattendendo i consigli di molti, ordinò la resa. Ai più alti livelli, alla sola idea di sopravvivere alla sconfitta, alcuni si suicidarono: ma la resa fu un affare per tutti. Quanti americani, senza quella bomba, sarebbero morti? Quante centinaia di migliaia di giapponesi si salvarono, se pure a spese di un medievale onore? Del resto i loro capi, così sensibili alla dignità, come mai l’avevano piegata al vile e proditorio agguato di Pearl Harbour?
Non c’è da scusarsi per Hiròshima o Nagasaki, per l’inutile massacro di Stalingrado, per le decine di migliaia di persone bruciate vive a Dresda, per l’inutile Prima Guerra Mondiale, o per tutte le guerre che l’umanità ha combattuto dai tempi di Ramsete. C’è da scusarsi di essere tanto più selvaggi dei coccodrilli i quali, almeno, non si ammazzano fra loro.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
8 agosto 2010

GLI U.S.A. DEVONO SCUSARSI PER HIROSHIMA?ultima modifica: 2010-08-17T12:00:07+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “GLI U.S.A. DEVONO SCUSARSI PER HIROSHIMA?

  1. sottoscrivo in pieno. Direi che è ipocrita pretendere che gli Stati Uniti chiedano scusa. La guerra si fa in due, e quando si lotta per la sopravvivenza l’uomo è capace delle cose peggiori. Di certo la guerra ha sempre avuto alcune regole tacite, ma le davano un minimo di dignità. Quando queste regole sono cadute è stato un disastro, vedasi le due guerre mondiali del Novecento

  2. Gli animali sgomitano per mangiare per primi e di più, magari minacciando i più deboli e obbligandoli ad aspettare per vedere se ne rimarrà per loro. Il più forte si nutre per primo e ovviamente fa la parte del leone. L’uomo è diverso, ed è vero, sembra diverso. Quando c’è abbastanza da mangiare. Quando si è in pace. Quando non si corrono rischi. Ma quando si tratta di sopravvivere, quando si rischia di morire di fame, allora gli uomini dimenticano le buone maniere; e sgomitano; e ringhiano e mordono come cani randagi.

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