AFGHANISTAN: LA SCONFITTA AMERICANA

Chi parla di sconfitta americana in Afghanistan sbaglia termine. Una sconfitta in tanto è tale, in quanto qualcuno ha perso mentre poteva vincere; se invece non poteva che perdere, non si tratta di sconfitta, si tratta dell’errore di avere accettato quello scontro.
Quando nel 1968 l’Unione Sovietica decise di “ristabilire l’ordine” a Praga con i suoi carri armati, molti cechi sarebbero stati disposti a battersi come i fratelli ungheresi dodici anni prima. I dirigenti invece, saggiamente, si piegarono e la loro non si poté chiamare né sconfitta né errore, dal momento che non avevano certo sfidato l’Urss. Cedettero alla nuda forza.
Viceversa, quando l’Unione Sovietica ha tentato di imporre la propria dominazione sull’Afghanistan si è trattato di un errore. Non tanto perché quel Paese sia capace di una resistenza superiore a quella degli ungheresi, quanto perché esso è troppo grande, troppo povero, troppo pietroso e troppo montagnoso per essere occupato e tenuto sotto controllo. E c’è una ragione ancora più forte: se l’Afghanistan fosse un Paese civile e laico oppresso da una teocrazia retrograda, l’invasione sarebbe stata l’occasione per ritornare alla libertà e alla civiltà contemporanea. In realtà, essendo l’Afghanistan stesso retrivo, impastato di pregiudizi religiosi, largamente analfabeta e insensibile ai valori che potrebbero offrire le civiltà laiche ed occidentali, il tentativo di strappare quei pecorai al loro destino è senza speranza. A tutti noi sembra assurdo che si voglia vietare alle ragazze di andare a scuola, ma se la maggior parte degli afghani è disposta a tollerarlo, anzi forse lo desidera, come spiegargli che sbagliano? Ed anzi: è sicuro che sbaglino? Per noi sì, per loro no.
In Afghanistan gli americani non possono che perdere. Non li batteranno quei fanatici barbuti e ignoranti che chiamano Taliban: li batterà una società che, appena fuori Kabul,  si trova bene nell’islamismo più primitivo, negli scontri dei vari signori della guerra e nell’applicazione della sharia. Quanto tempo dovrebbe durare un’invasione dell’Italia che vietasse la pastasciutta perché, andato via l’oppressore, gli italiani non si rimettano a mangiare pasta? E con la religione è anche peggio. In Unione Sovietica si è predicato il laicismo e perfino l’ateismo per settant’anni e non appena il comunismo è crollato, soprattutto gli Stati islamici meridionali la gente è “finalmente” tornata alla religione.
In queste condizioni il pregiudizio che un Paese possa sempre essere contento di essere liberato dall’ignoranza e dall’oppressione religiosa si conferma per quello che è: un pregiudizio.
Qualcuno ha ironizzato sul concetto di “esportazione della democrazia”, affermando che essa non si esporta con le armi ma non è così. Se – per pura ipotesi – un forte Stato straniero fosse intervenuto nella crisi ungherese del 1956, scoraggiando l’invasione dei carri armati sovietici, l’Ungheria sarebbe subito stata democratica. Perché alla democrazia anelava eccome. Né diversamente sono andate le cose in Germania e in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ma cercare di esportare la democrazia in Afghanistan è un errore come sarebbe un errore offrire un giro nei casinò di Las Vegas ad una suora di clausura. In questo campo il principio guida dovrebbe essere: se vedi un Paese del Terzo Mondo che soffre, non tendergli la mano. Te la potrebbe mordere.
È difficile comprendere come mai, dopo avere fatto l’esperienza del Vietnam, gli americani si siano impantanati in Afghanistan. Se il loro successo è in forse in un Paese più colto, più moderno e più laico come l’Iraq, che speranze si possono avere in Afghanistan? L’unica soluzione forse sarebbe stata quella di dire ai governanti locali: “O ci consegnate il mullah Omar – e Osama bin Laden, se è lì – o radiamo al suolo Kabul un quartiere al giorno. Poi proseguiremo con le altre città. E infine stermineremo dal cielo tutti i gruppi che reputeremo terroristici”. Senza mai mettere piede sul terreno, salvo qualche raid di paracadutisti.
Naturalmente ci rendiamo conto che questo è il modo di ragionare degli antichi romani ma quei barbari conquistarono il mondo. À la guerre comme à la guerre.
Appena saranno andati via gli americani, l’Afghanistan tornerà ad essere quello che era prima. Lapidazioni incluse.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
8 settembre 2010
P.S. Qualche anima bella obietterà che queste ipotesi sono contro il diritto internazionale. Ma proprio il fatto di dar ricetto a chi ha distrutto le Torri Gemelle è un casus belli che autorizza qualunque ritorsione. E poi, non sarebbe stato più semplice consegnare il mullah Omar?

AFGHANISTAN: LA SCONFITTA AMERICANAultima modifica: 2010-09-09T11:56:06+02:00da gianni.pardo
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