FINI SOTTO SCACCO (MATTO?)

Lasciamo perdere titolo e sottotitolo e andiamo a vedere che cosa scriva oggi “La Repubblica” a proposito del documento pubblicato dal Giornale, da Libero e da Dagospia, secondo il quale il vero proprietario dell’appartamento di Montercarlo – dietro lo schermo delle società off shore – sarebbe Giancarlo Tulliani. Il foglio, riconosce lo stesso giornale, è “firmato dal ministro della Giustizia dell’isola di Santa Lucia; ma gli avvocati del cognato di Gianfranco Fini smentiscono”.
Se qualcuno dice che sono un ladro, dirò che no, non è vero: parola contro parola.  Ma se i carabinieri trovano refurtiva in casa mia, me la posso cavare dicendo che non sono un ladro? Nel caso attuale, dal momento che il documento è lì in fotografia, i finiani e gli avvocati di Tulliani non possono smentire la notizia e basta: devono dimostrare che il documento è apocrifo (falso materiale). O che è autentico ma è falsa la notizia che fornisce (falso ideologico). Tutti siamo capaci di dire: “Non mi conviene e dunque è falso”.
Fra l’altro, il ministro della Giustizia di quell’isoletta è indicato con nome e cognome, Lorenzo Rudolph Francis: basta andare da lui e farsi scrivere che la firma non è sua. Inoltre si può chiedere a Santo Domingo, destinatario della lettera, se la reputano autentica. Infine si può chiedere a El Nacional e al Listin se reputano autentico il foglio. Al limite, avendo la prova della falsità, si possono denunciare per calunnia. Ce ne sono cose da fare, invece di dire “Non ci sto”.
Fra l’altro bisognerebbe dimostrare non solo la falsità del documento, ma l’interesse che potrebbe avere il ministro di uno Stato che in tutto conta 170.000 cittadini, su un’isoletta di poco più di seicento chilometri quadrati, dall’altra parte del mondo, a calunniare, implicandolo in una truffa, un signore privo di qualsivoglia importanza mondiale come Giancarlo Tulliani.
Ma questi sono particolari tecnici di cui non si occupano i finiani. Sulla base della loro divinazione accusano “la stampa vicina al presidente del Consiglio di dossieraggio”. Innanzitutto, un’osservazione sulla parola “dossieraggio”, che il giornale giustamente mette fra virgolette. Infatti non significa niente. Se uno raccoglie notizie su qualcuno che importa dove le mette? Che importa se le mette in un cassetto o in un fascicolo (dossier è francese)? L’unica cosa che importa è se quelle notizie sono vere o false e la raccolta delle notizie non è illecita. Se non fosse così, bisognerebbe abolire la libertà di stampa. Illecito può essere ciò che si è venuti a sapere e infatti nella specie c’è un’indagine della magistratura per truffa aggravata.
Altro concetto interessante è quello di “stampa vicina al Presidente del Consiglio”. Ora, se è vero che il proprietario del Giornale è Paolo Berlusconi, nessun membro della famiglia o parente di Berlusconi è proprietario di “Libero” e di “Dagospia”. E allora? E poi, ancora una volta: che importa la fonte?
I finiani comunque sarebbero venuti in possesso di “elementi che evidenziano una vera e propria attività di dossieraggio, con utilizzo di ingenti risorse di denaro in Italia e all’estero al fine di produrre e diffondere documentazione falsa”. Ottimo. Ora basta dimostrarlo. Non basta, come si fa sul sito “Farefuturo”, scrivere: “l’apparato mediatico che fa capo al Silvio Berlusconi imprenditore è stato messo al servizio delle esigenze del Silvio Berlusconi politico”. Anche questo concetto è interessante, ma va dimostrato. “Silvio Berlusconi che, sia detto per inciso, nel suo ruolo istituzionale di presidente del Consiglio, tra le tante e varie competenze, detiene anche quella sui servizi segreti”. Ancora una volta: bellissimo. Ma dimostriamolo, questo intervento. E dovrebbe essere facile, in quanto il numero uno dei servizi segreti in Italia si chiama Massimo D’Alema.
In realtà i signori finiani, e i giornali che pubblicano queste cose, beneficiano della brutta abitudine di Berlusconi di non querelare mai i giornali. Se lo facesse un paio di volte al giorno, la stampa ne trarrebbe un grande beneficio.
Un tempo, quando si coltivava la teologia, la filosofia, la dialettica e l’eristica, si sapeva che esistono solo prove positive. Tulliani dunque non può provare che NON È proprietario di quell’appartamento e nessuno gli può richiedere quella prova negativa. Se però qualcuno fornisce una prova positiva che egli È il proprietario di quell’appartamento, in quanto proprietario della società off shore cui esso appartiene, egli può fornire la prova positiva che quel documento è falso. Non può certo limitarsi a dire di no: dire di no non prova nulla. Se bastasse negare la propria colpevolezza, le Corti d’Assise potrebbero chiudere.
In conclusione, ad ammettere che quella fra alcuni giornali e Gianfranco Fini sia una partita a scacchi, è certo che ora qualcuno ha detto “scacco al Re”. Sta alla controparte, se ne è capace, fare una contromossa secondo le regole del gioco. Bisogna fornire la prova della falsità di quel documento. Diversamente si conferma il sospetto che, per favorire Giancarlo Tulliani, qualcuno abbia provocato ad Alleanza Nazionale un danno di circa un milione di euro.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
22 settembre 2010
(1)http://www.repubblica.it/politica/2010/09/22/news/tulliani_fini-7314878/?ref=HREA-1

Lasciamo perdere titolo e sottotitolo e andiamo a vedere che cosa scriva oggi “La Repubblica” a proposito del documento pubblicato dal Giornale, da Libero e da Dagospia, secondo il quale il vero proprietario dell’appartamento di Montercarlo – dietro lo schermo delle società off shore – sarebbe Giancarlo Tulliani. Il foglio, riconosce lo stesso giornale, è “firmato dal ministro della Giustizia dell’isola di Santa Lucia; ma gli avvocati del cognato di Gianfranco Fini smentiscono”.
Se qualcuno dice che sono un ladro, dirò che no, non è vero: parola contro parola.  Ma se i carabinieri trovano refurtiva in casa mia, me la posso cavare dicendo che non sono un ladro? Nel caso attuale, dal momento che il documento è lì in fotografia, i finiani e gli avvocati di Tulliani non possono smentire la notizia e basta: devono dimostrare che il documento è apocrifo (falso materiale). O che è autentico ma è falsa la notizia che fornisce (falso ideologico). Tutti siamo capaci di dire: “Non mi conviene e dunque è falso”.
Fra l’altro, il ministro della Giustizia di quell’isoletta è indicato con nome e cognome, Lorenzo Rudolph Francis: basta andare da lui e farsi scrivere che la firma non è sua. Inoltre si può chiedere a Santo Domingo, destinatario della lettera, se la reputano autentica. Infine si può chiedere a El Nacional e al Listin se reputano autentico il foglio. Al limite, avendo la prova della falsità, si possono denunciare per calunnia. Ce ne sono cose da fare, invece di dire “Non ci sto”.
Fra l’altro bisognerebbe dimostrare non solo la falsità del documento, ma l’interesse che potrebbe avere il ministro di uno Stato che in tutto conta 170.000 cittadini, su un’isoletta di poco più di seicento chilometri quadrati, dall’altra parte del mondo, a calunniare, implicandolo in una truffa, un signore privo di qualsivoglia importanza mondiale come Giancarlo Tulliani.
Ma questi sono particolari tecnici di cui non si occupano i finiani. Sulla base della loro divinazione accusano “la stampa vicina al presidente del Consiglio di dossieraggio”. Innanzitutto, un’osservazione sulla parola “dossieraggio”, che il giornale giustamente mette fra virgolette. Infatti non significa niente. Se uno raccoglie notizie su qualcuno che importa dove le mette? Che importa se le mette in un cassetto o in un fascicolo (dossier è francese)? L’unica cosa che importa è se quelle notizie sono vere o false e la raccolta delle notizie non è illecita. Se non fosse così, bisognerebbe abolire la libertà di stampa. Illecito può essere ciò che si è venuti a sapere e infatti nella specie c’è un’indagine della magistratura per truffa aggravata.
Altro concetto interessante è quello di “stampa vicina al Presidente del Consiglio”. Ora, se è vero che il proprietario del Giornale è Paolo Berlusconi, nessun membro della famiglia o parente di Berlusconi è proprietario di “Libero” e di “Dagospia”. E allora? E poi, ancora una volta: che importa la fonte?
I finiani comunque sarebbero venuti in possesso di “elementi che evidenziano una vera e propria attività di dossieraggio, con utilizzo di ingenti risorse di denaro in Italia e all’estero al fine di produrre e diffondere documentazione falsa”. Ottimo. Ora basta dimostrarlo. Non basta, come si fa sul sito “Farefuturo”, scrivere: “l’apparato mediatico che fa capo al Silvio Berlusconi imprenditore è stato messo al servizio delle esigenze del Silvio Berlusconi politico”. Anche questo concetto è interessante, ma va dimostrato. “Silvio Berlusconi che, sia detto per inciso, nel suo ruolo istituzionale di presidente del Consiglio, tra le tante e varie competenze, detiene anche quella sui servizi segreti”. Ancora una volta: bellissimo. Ma dimostriamolo, questo intervento. E dovrebbe essere facile, in quanto il numero uno dei servizi segreti in Italia si chiama Massimo D’Alema.
In realtà i signori finiani, e i giornali che pubblicano queste cose, beneficiano della brutta abitudine di Berlusconi di non querelare mai i giornali. Se lo facesse un paio di volte al giorno, la stampa ne trarrebbe un grande beneficio.
Un tempo, quando si coltivava la teologia, la filosofia, la dialettica e l’eristica, si sapeva che esistono solo prove positive. Tulliani dunque non può provare che NON È proprietario di quell’appartamento e nessuno gli può richiedere quella prova negativa. Se però qualcuno fornisce una prova positiva che egli È il proprietario di quell’appartamento, in quanto proprietario della società off shore cui esso appartiene, egli può fornire la prova positiva che quel documento è falso. Non può certo limitarsi a dire di no: dire di no non prova nulla. Se bastasse negare la propria colpevolezza, le Corti d’Assise potrebbero chiudere.
In conclusione, ad ammettere che quella fra alcuni giornali e Gianfranco Fini sia una partita a scacchi, è certo che ora qualcuno ha detto “scacco al Re”. Sta alla controparte, se ne è capace, fare una contromossa secondo le regole del gioco. Bisogna fornire la prova della falsità di quel documento. Diversamente si conferma il sospetto che, per favorire Giancarlo Tulliani, qualcuno abbia provocato ad Alleanza Nazionale un danno di circa un milione di euro.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
22 settembre 2010
(1)http://www.repubblica.it/politica/2010/09/22/news/tulliani_fini-7314878/?ref=HREA-1

FINI SOTTO SCACCO (MATTO?)ultima modifica: 2010-09-22T17:16:00+02:00da gianni.pardo
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