RIFLESSIONI SUL PAKISTAN E SULLA MORTE DI BIN LADEN

I particolari fino ad ora appresi sull’azione che ha portato alla soppressione di Osama Bin Laden permettono qualche interessante osservazione.
La città di Abbottabad è di notevole importanza militare. Fra i suoi circa trecentomila abitanti ci sono molti ufficiali, dal momento che proprio lì si trova la West Point pakistana. E queste persone – certo non indifferenti ai problemi della sicurezza e del terrorismo – come mai non hanno notato il villino–fortezza di Bin Laden, non lontano da una caserma? Era veramente così anodino, quel complesso? Eppure, a quanto leggiamo in un articolo di Guido Olimpio (1), esso è otto volte più grande delle case vicine; è costato un milione di dollari (mentre i muratori pakistani non hanno certo paghe svizzere); è circondato da muri sormontati da filo spinato alti diciotto piedi; infine è costruito in modo da fornire parecchie linee di difesa. Proprio i militari non si ponevano interrogativi?
Le autorità, da parte loro, come mai non si meravigliavano che un immobile di questa importanza non avesse il telefono e che i suoi occupanti parlassero arabo, invece della lingua locale? La Cia, scrive Olimpio, per studiare il “compound” è ricorsa a satelliti e droni: come mai non si poneva nessun problema chi quell’edificio poteva vederlo da vicino?
La spiegazione è nella situazione interna del Paese. Larga parte della popolazione, non che essere filo-occidentale, tende all’integralismo. E infatti, quando il Pakistan, all’inizio della guerra in Afghanistan, si schierò a fianco degli Stati Uniti, non lo fece né perché desiderava farlo né perché ciò corrispondeva ai desideri del suo popolo. Come effettivamente andarono le cose ce lo ha spiegato Stratfor, la stimatissima rivista di geopolica americana, il 28 aprile 2010. Secondo Peter Zeihan, dopo gli attentati dell’11.9.2001 “L’allora segretario di Stato Colin Powell chiamò l’allora presidente pakistano Gen.Pervez Musharraf per informarlo che egli avrebbe assistito gli Stati Uniti contro al Qaeda e, se necessario, contro i Taliban. La parola-chiave, qui, è ‘informarlo’. La Casa Bianca aveva già parlato con i leader di Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Israele e, soprattutto, India, e ne aveva avuto il consenso. A Musharraf non si dava scelta. Gli si rendeva chiaro che se rifiutava l’assistenza, gli americani avrebbero considerato il Pakistan una parte del problema piuttosto che una parte della soluzione”. Come si vede, nessun grande ideale, nessuna condivisione politica sulla necessità di combattere un fenomeno orribile come il terrorismo, nessun preciso interesse del Pakistan: puramente e semplicemente una pistola puntata alla tempia. “O fai come diciamo noi, quali che siano i costi che dovrai pagare, o guai a te”.
L’imposizione non poteva fare del Pakistan un alleato sincero. La politica internazionale lo poneva nel campo occidentale, il cuore dei suoi cittadini lo metteva accanto ai Taliban. E questo non solo per il presente, fornendo a quei fanatici sostegno e aiuti, ma anche in vista del futuro. Infatti, non appena gli Stati Uniti si allontaneranno e “perderanno la guerra” il Pakistan, se vorrà conservare la sua tradizionale influenza sull’Afghanistan, dovrà trovare un accomodamento con i Taliban.
Questo spiega mille incongruenze. Islamabad deve far finta di essere alleata degli Stati Uniti e di combattere il terrorismo, ma in realtà è capace di proteggere Osama Bin Laden permettendogli di abitare in città, nel suo bunker fortificato.
Olimpio scrive con finta ingenuità: “A Washington si celebra ma intanto ci si chiede come i pachistani non abbiano potuto sapere”. Noi pensiamo che a Washington non si siano chiesti un bel niente. Hanno sempre saputo che se avessero comunicato i loro piani ai pakistani ci sarebbe stata una fuga di notizie che avrebbe salvato Osama. “Gli americani hanno informato l’alleato a cose fatte. Non si fidavano”. Scrive Olimpio. E come avrebbero potuto? Fra l’altro la ragion di Stato, dal punto di vista pakistano, è a sfavore degli statunitensi. Il “Corriere” ha anche ipotizzato una resistenza: “I pachistani sono in allarme. I caccia sono pronti a intervenire per intercettare gli intrusi ma sono fermati in tempo”. Da chi? Semplicemente dalla minaccia statunitense di abbatterli probabilmente già sulla pista di decollo. Con le buone maniere si ottiene tutto.
E così l’operazione è andata a buon fine. Non solo si è evitato un lungo processo che sarebbe stato un’eccellente pubblicità per Al Qaeda, ma si è evitato anche che ci fosse una tomba, inevitabilmente meta di pellegrinaggi. “Il cadavere di Bin Laden è trasferito sulla portaerei Carl Vinson e inumato in mare”. Invece di essere ammollato nella terra.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
3 maggio 2011

(1)http://www.corriere.it/esteri/11_maggio_03/olimpio_due-colpi-caccia-chiusa_79fb784a-7543-11e0-9941-c72ac192f71a_print.html

RIFLESSIONI SUL PAKISTAN E SULLA MORTE DI BIN LADENultima modifica: 2011-05-04T08:03:00+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “RIFLESSIONI SUL PAKISTAN E SULLA MORTE DI BIN LADEN

  1. “Larga parte della popolazione, non che essere filo-occidentale, tende all’integralismo.”

    Filo-occidentale o anti-occidentale ? À me pare che i pakistani non siano filo-occidentali, o sbaglio ?

  2. La frase – sempre che io non abbia sbagliato – ha questo senso:
    Larga parte della popolazione non è filo-occidentale, come ci si potrebbe aspettare, dal momento che il Pakistan è la base per la lotta al terrorismo in Afghanistan, ma al contrario tende all’integralismo, e dunque a mostrare simpatia per chiunque combatta contro gli Stati Uniti.

  3. Caro Gianni,
    in effetti dal contesto della frase quel ” non che essere ” doveva intendersi
    ” non è “, ma mi era venuto il dubbio che fosse un ” nonché essere ” il che risultava contradditorio con tutto il resto della frase. A volte succede quando si fanno delle correzzioni su un foglio word di cancellare solo una parte. A me succede spesso.

    Concordo con quanto sostenuto nell’articolo. Che Bin Laden avesse protezioni e complicità da parte dei servizi di sicurezza pakistani lo si sospettava da tempo. Ma a che livello ? E soprattutto il governo era consenziente ? E se gli USA sono in possesso delle prove in questo senso, come si regoleranno ?

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