CHE COSA CAMBIA CON LA MORTE DI BIN LADEN

Prometto: domani niente

Molti si chiedono se valesse la pena di fare una guerra per uccidere Bin Laden. Ora, dopo dieci anni, è fatta. Ma cambierà qualcosa, nella lotta al  terrorismo internazionale?

L’idea che si sia combattuta una guerra per eliminare Bin Laden è suggestiva ma infondata. È vero che il casus belli della guerra in Afghanistan è stata la richiesta americana che fosse consegnato il Mullah Omar per processarlo negli Stati Uniti, ma è anche vero che il rifiuto del governo di Kabul di allora non si spiega tanto con la volontà di proteggere quel Mullah – per questo sarebbe bastato dire che non si riusciva a trovarlo – quanto con l’orgogliosa e proclamata volontà di continuare la jihad contro gli Stati Uniti. Il dialogo di quei giorni potrebbe essere tradotto in questi altri termini: “Promettete di cessare la vostra attività terroristica?” Risposta: “No”. “E allora vi facciamo smettere con la forza”. In questo senso il commento di Teheran, secondo cui gli Stati Uniti, avendo eliminato il capo di Al Qaeda, non hanno più nessuna giustificazione per rimanere nel Medio Oriente, è indirizzato alla plebe.

A volte le guerre le provoca un singolo uomo, se è un dittatore, ma nessuno le fa per un uomo. Gli Stati Uniti non l’avrebbero fatta per il Mullah Omar o per Osama Bin Laden. Queste sono semplificazioni popolari o persino semplici imbrogli. Molti per esempio hanno pensato che la guerra contro l’Iraq sia stata fatta per rimuovere Saddam Hussein ma che quel dittatore fosse un criminale lo si sapeva anche quando gli americani lo sostenevano nella guerra contro l’Iran. La verità è che gli Stati Uniti non hanno tanto combattuto per eliminare quel despota, o perfino per dare l’occasione di un regime democratico a quel Paese, quanto per cambiare il quadro geopolitico della regione. Le nazioni sono pachidermi che non si muovono per una singola mosca. Neppure se è un tafano.

Qualcuno si meraviglia che ci siano voluti dieci anni per scovare ed uccidere Bin Laden. E invece è abbastanza naturale. Se si conosce bene il terreno e se si ha il sostegno di una parte della popolazione, si può essere latitanti e attivi molto a lungo anche in Italia: nessuno ha dimenticato il bandito Salvatore Giuliano, in Sicilia. E sottolineiamo che egli fu eliminato non mediante un’autonoma azione di polizia ma mediante il tradimento di un accolito. Come stupirsi che questo possa avvenire in Pakistan, dove gli estremisti islamici sono numerosissimi (tanto da mettere in pericolo il governo) o anche in Afghanistan, dove i Taliban hanno il controllo di vaste zone del territorio? Proprio per questo Washington non ha preventivamente informato Islamabad dell’azione.

Le televisioni ci informano della gioia degli americani per questo avvenimento e al riguardo molti rimproverano a Washington una “volontà di vendetta”. Si dimentica che tra la punizione inflitta dal giudice e la vendetta del privato c’è differenza solo quando questo privato poteva ragionevolmente ricorrere al giudice. Ma se non c’è un giudice al di sopra delle parti, o non ha forza (come l’Onu), o infine è in combutta con gli assassini (come le autorità di Gaza), l’unica possibilità di avere giustizia è quella di farsela da sé. La vendetta è condannabile solo se ingiustificata o sproporzionata. E in questo caso la morte di Bin Laden non compensa neppure lontanamente il male fatto.

Cambierà qualcosa,  con la morte di Osama Bin Laden? Probabilmente no. Un effetto che molti paventano è la già dichiarata volontà di vendetta degli integralisti islamici e dei terroristi in generale. Ma non c’è nulla di cui spaventarsi: non perché questi gentiluomini non siano capaci delle azioni più nefande, anche al prezzo della loro vita, ma proprio perché già in passato sono stati capaci delle azioni più nefande, anche al prezzo della loro vita. Dunque non hanno nessuna possibilità di fare di più. Se ultimamente, sempre che vogliamo dimenticare il caso di Marrakech, non hanno commesso attentati è perché non sono riusciti a realizzarli. Non abbiamo beneficiato della loro benevolenza in passato e non è ragionevole aspettarsela oggi. Le minacce dei terroristi sono sempre da prendere sul serio, ma oggi non più di ieri. Del resto, la prevenzione sta funzionando accettabilmente bene. Sono fra l’altro miracolosamente filati via senza incidenti il matrimonio di William d’Inghilterra e la beatificazione di Giovanni Paolo II: basterà non diminuire il livello di attenzione.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it

2 maggio 2011

CHE COSA CAMBIA CON LA MORTE DI BIN LADENultima modifica: 2011-05-02T18:36:42+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “CHE COSA CAMBIA CON LA MORTE DI BIN LADEN

  1. Cambierà qualcosa, con la morte di Osama Bin Laden?

    Probabilmente si, anche se non immediatamente. La potenza di Al Qaeda era da tempo in declino, così come il reclutamento di nuovi combattenti. La morte di Bin Laden influirà sul morale e sul reclutamento dell’organizzazione. Bin Laden era un mito, nessuno prima di lui era riuscito ad assestare un colpo cosi duro al “grande satana”. Non solo riuscì ad abbattere le torri gemelle e a colpire il Pentagono, ma mise in ginocchio l’economia mondiale. Molto dipenderà dal proseguio di questa operazione. Se sono vere le notizie sul pc di Bin Laden, miniera di informazioni, cosa di cui dubito, l’operazione dovrebbe avere ulteriori sviluppi. A mio parere il pericolo non viene più tanto dai Taliban afgani, che non hanno una capacità operativa fuori dalla loro regione, ma dai pakistani. Se prima Bin Laden godeva di una rete di protezione e di complicità in Afganistan, adesso questa rete è in Pakistan, e deve essere ad alto livello se ha potuto assicurargli la latitanza in un luogo simile. Possibile che nessuno si sia chiesto chi abitava in quella villa ?

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