BIN LADEN SPOLETTA, NON DINAMITE

Come ha detto un umorista: le profezie sono difficili. Soprattutto quelle riguardanti il futuro. Tuttavia in geopolitica non se ne può fare a meno. Se è vero che ci si può sbagliare, sarebbe imperdonabile che ci si facesse trovare impreparati dinanzi a fenomeni che si potevano prevedere.
La morte di Bin Laden potrebbe avere un notevole peso nella politica internazionale non per le personali capacità di quell’uomo ma perché le circostanze della sua eliminazione hanno messo a nudo la vera natura dei rapporti fra Stati Uniti e Pakistan.
Come si sa, questo Paese è stato obbligato ad allearsi con gli americani (1): un po’ a causa della pressione internazionale, un po’ per la necessità di controbilanciare l’alleanza americana con la tradizionale nemica, l’India, un po’ perché Washington lo ha minacciato di rappresaglie. Gli Stati Uniti, oltre a usare il bastone, hanno porto la carota: “montagne di denaro”, scrive il Corriere della Sera. I dirigenti pakistani hanno fatto di necessità virtù ma l’alleanza non ha convinto il popolo: la collaborazione con gli americani è stata un costante motivo di acida critica contro il governo. E ancora oggi, nella stessa Abbottabad la folla è favorevole a Bin Laden (che si dà per vivo!) e contro gli americani.
La dirigenza pakistana si è dunque trovata a combattere su due fronti: contro i Taliban, dal momento che gli americani si aspettavano una leale collaborazione, e contro gli americani, dal momento che larga parte del popolo è a favore dei Taliban. La soluzione è stata un “double standard”: l’uso di due metri diversi. “Noi siamo vostri fedeli alleati. Dite che abbiamo strizzato l’occhio ai Taliban? Ma no, è un tic”. L’equivoco è andato avanti per anni, ma la morte di Osama Bin Laden ha fatto cadere la maschera, soprattutto dal lato degli americani. Essi hanno detto in faccia ai pakistani, e al resto del mondo, che non si fidano di loro. “Siete dei traditori. O c’è comunque molto da temere che lo siate. Per conseguenza, se dobbiamo compiere un’azione di antiterrorismo, perfino sul vostro territorio, vi terremo all’oscuro”. Sono affermazioni pesanti che rendono difficile la prosecuzione di un’alleanza.
La morte di Osama Bin  Laden non è importante, in sé. Già da tempo Al Qaeda non è più una struttura verticistica e si parla ormai di “franchising”. Chiunque compie un attentato, nello Yemen o in Spagna, in Egitto o in Marocco, può sempre dire che lo fa in nome della sezione locale di Al Qaeda, mentre in realtà la maggior parte dei gruppi terroristici sono piccoli e autonomi. Fra l’altro le eventuali comunicazioni con la casa madre sono rese pericolosissime dal controspionaggio elettronico americano.
I pakistani non possono, da un giorno all’altro, cambiare linea politica e forse sono spaventati dall’indignazione americana. Infatti abbiamo assistito ai tentativi patetici di far credere che nessuno aveva notato quel fortino quasi medievale nel centro di una città piena di militari. Il ministro degli esteri, pudicamente, trova “inquietante che gli Stati Uniti non si siano fidati del Pakistan (Televideo)”. Inquietante? Tragico per il Pakistan. Il primo ministro Gilani chiede l’aiuto della comunità internazionale nella lotta al terrorismo (Televideo) e fa sorridere. Vorrebbe mantenere la facciata della decenza e nel frattempo il suo governo ha protetto per anni Bin Laden. I fatti sono testardi.
Il risultato potrebbe essere la fine dell’alleanza fra Pakistan e Stati Uniti e anche la fine dei finanziamenti. A Washington si pensa di ritirarsi a breve dall’Afghanistan, pur sapendo che i Taliban si impadroniranno di nuovo del potere, e a quel punto, a che scopo avere un alleato come il Pakistan?
La morte di Bin Laden, insignificante in sé, potrebbe servire da spoletta per far deflagrare il gas che è andato accumulandosi. Rimane soltanto il problema di come si sistemeranno gli equilibri politici con un Pakistan alleato dei Taliban, ma certo non guardato con troppa simpatia da due possenti vicini come Cina e India.
Un’ultima nota riguarda la figlia di Bin Laden. Costei ha affermato che il padre è stato preso vivo ed ucciso a freddo. La cosa non stupirebbe: in politica internazionale se, per ragion di Stato, un uomo è più utile da morto che da vivo, è normale che lo si uccida. Ma a Washington dicono che non mostrano le foto del terrorista morto perché sono “atroci”. Infatti l’uomo è stato colpito ad un occhio (o in fronte) e questo, spiegano i libri di medicina legale, in base al principio di Pascal, potrebbe aver letteralmente fatto scoppiare il cranio come un melograno. Il risultato non è un bel vedere. Un simile colpo di solito non viene dato a freddo. Se si deve uccidere qualcuno si mira al cuore, o alla nuca: c’è dunque da pensare ad uno scontro frontale. A un tiro di reazione, immediato e preciso, degli specialisti. Ma tutto questo è secondario e lo si può lasciare ai vari talk show.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
4 maggio 2011

(1) http://pardonuovo.myblog.it/archive/2011/05/04/riflessioni-sul-pakistan-e-sulla-morte-di-bin-laden.html.

BIN LADEN SPOLETTA, NON DINAMITEultima modifica: 2011-05-05T09:37:15+02:00da gianni.pardo
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6 pensieri su “BIN LADEN SPOLETTA, NON DINAMITE

  1. Smettere alleanza col Pakistan non è probabile, è una pedina chiave in quella zona per più di un motivo. Certo quest’ultimo è meglio si dia una regolata o almeno finga di darsela, perchè l’aver (prevedibilmente?) trovato il bersaglio dove stava, non ben depone a favore della nazione.
    Guardi però che la notizia che una dodicenne abbia detto quello che ha detto, su esecuzioni capitali in loco a freddo, arriva da Al Jazeera. La stessa da cui provengono foto pesantemente artefatte di individui uccisi e che nel mondo, pare, siamo gli unici a pubblicare. Se io riesco a sapere prima di un quotidiano che una foto è una bufala, e la cosa è diventata facilissima in un’epoca di straordinaria diffusione dell’informazione, la cosa fa sorgere domande, ritrite, a cui eviteremo di dare risposta. E dunque, a meno di prove provate su gente che dice cose eccetera, io non ci farei troppo affidamento.
    Da par mio comunque approvo la decisione di non pubblicare nulla. Non serve a certificare cose, non servirebbe a impedire la selva di complottismi che, anche qui, ahimè, sortiranno, e dobbiamo smetterla di dare in pasto al pubblico sbavante tutto quello che questo chiede perchè “ehi: siamo stati abituati a infilarci in tutti i pertugi di una persona. dateci le foto!”. E’ ora che quel pubblico filante bava smetta di comportarsi da imbecille. E cresca, se possibile.

  2. La notizia della ragazzina l’ho riportata perché classico esempio di disinformatsia. Ma, naturalmente, a) non posso essere sicuro della sua falsità. E per questo ne ho solo segnalato l’inverosimigliaza; b) Comunque, la notizia non mi impressionerebbe più di tanto. Non solo sono un adepto della Realpolitik (o, almeno, sono convinto che tutti i governanti la seguano) ma la soppressione di uno come Bin Laden ha più a vedere con la derattizzazione che con l’omicidio.

  3. Siamo d’accordo signor Pardo. Stavo solo sindacando i sospesi, che in quanto tali vanno lasciati all’esame della Storia, nel breve o lungo che sia. Inutile far di conto senza tutti i numeri in mano e qui, beh, c’è lavoro per più di un ragioniere.

  4. L’alto commissario per i diritti umani, Navi Pillay, ha chiesto «il resoconto completo e preciso dei fatti». La Pillay si è detta favorevole alla totale diffusione delle notizie, dimostrandosi poco soddisfatta dalle spiegazioni fornite dagli Usa sulla legittimità del blitz in Pakistan. «Credo che non solo il mio ufficio, ma tutto il mondo abbia il diritto di sapere cosa è successo. Le Nazioni Unite condannano il terrorismo ma ci sono delle regole elementari che devono essere rispettate anche nella conduzione di operazioni di antiterrorismo. Queste devono avvenire nel rispetto delle leggi internazionali, che non autorizzano la tortura né le esecuzioni extragiudiziali».
    Tra le richieste della Pillay manca quella del ripristino allo status quo antes al blitz. Diamole un po’ di tempo.

  5. Per Carlo Eduardo:

    Navi Pillay, Viviane Reding, Barbara Spinelli, ecc ecc… sono le cosiddette “quote rosa” dei nemici dell’occidente, della nostra cultura, della gente comune, di noi.
    Non osando esprimere in chiaro cio’ che effettivamente desiderano, si aggrappano forsennatamente a regole, leggi internazionali, principi ideologici per darci addosso e renderci la vita difficile o punire chi ci protegge.
    Inutile rivelare in anteprima i loro sogni proibiti, credo sappiate tutti quali sono: sono i nostri incubi.
    Se provassi ad avvicinarmi a loro con un fucile caricato a “cartucce di buonsenso”, che non bucano ma rinsaviscono, mi farebbero subito arrestare telefonando alla Boccassini. Le vere amiche si vedono nel momento del bisogno, no?

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