LA SOLUZIONE ISRAELIANA

Gli esperti concordano sul punto che la morte di Bin Laden non cambierà di molto il quadro del terrorismo internazionale. Più che un deterrente, essa potrebbe apparire come un esempio di martirio da seguire. È stato anche detto che la recente, inequivocabile dichiarazione americana di inaffidabilità del Pakistan nella lotta contro il terrorismo potrebbe condurre alla fine dell’alleanza. Come se non bastasse, gli avvenimenti del Nord Africa non sono tranquillizzanti. La rimozione di Mubarak, accolta con giubilo da Obama, non solo non ha ancora portato alla democrazia (ché anzi il potere dei militari è stato esteso ed accresciuto) ma sono aumentate le aperture ai Fratelli Musulmani ed è stato tolto il blocco di Gaza. E l’Egitto è il baricentro del Vicino Oriente. La stessa Libia del dopo Gheddafi potrebbe facilmente deragliare verso il campo integralista (che successo, per Francia e Regno Unito!) e c’è l’incognita di una Siria che potrebbe divenire un ancor più servile avamposto iraniano.
La prospettiva potrebbe essere quella di una radicalizzazione di tutti i Paesi musulmani, dalla frontiera del Marocco al Pakistan, per non parlare dell’Indonesia o della Nigeria. In che modo l’Occidente potrebbe confrontarsi con un simile mondo, ferocemente nemico? In passato si è seguito il principio del divide et impera: si è cercato di trovare alleati locali da opporre agli Stati Canaglia. Il nuovo quadro internazionale pone invece la domanda: come comportarsi, se non si trovano alleati e il fronte avversario è composto pressoché unicamente da Stati Canaglia?
Il problema sembra drammaticamente insolubile e tuttavia presto ci si accorge che la soluzione l’abbiamo sotto gli occhi. Uno Stato Normale (S) ha parecchio da temere da uno Stato Canaglia (C) solo se quest’ultimo è il più forte. Può allora temere di essere conquistato ed oppresso; e qualcosa ha ancora da temere se ha relazioni con esso: ne possono infatti partire sabotatori, terroristi e attentatori suicidi che, con mezzi relativamente modesti, possono rendergli la vita difficile. Ma se S è il più forte, la soluzione esiste ed Israele l’ha adottata da tempo: interrompere qualunque rapporto. Da quando quel piccolo Stato ha reso impermeabili le sue frontiere con una recinzione insormontabile, vive in pace e tranquillità. Uno sporadico attentato Israele lo mette nel conto, come è messo nel conto dagli altri Stati occidentali, ma il terrorismo è stato disinnescato e non conta più. Nei negoziati i palestinesi hanno ormai ben poco da offrire. La pace, la cessazione del massacro dei suoi cittadini innocenti, Israele l’ha realizzata da sé.
La soluzione va completata con la tecnica della rappresaglia. Per fare un esempio assurdo: se Copenhagen fosse la capitale di uno Stato Normale, Lubecca appartenesse ad uno Stato Canaglia e da essa partissero razzi o quelle altre offese che una frontiera non ferma, Copenhagen potrebbe mandare i suoi aerei, o le sue truppe, per un raid che, evitando i problemi e i costi di una occupazione, impartirebbe una severa lezione alla città (il modello è l’operazione Cast Lead, Piombo Fuso).
Sia detto en passant, la straordinaria lucidità politica e militare che Israele ha dimostrato dal 1948 non dipende dalla superiorità della menti ebraiche, dipende dal fatto che questo Stato si è sempre trovato in pericolo di vita. Ciò gli ha dato ogni volta il coraggio di fare ciò che era necessario, senza troppe preoccupazioni. L’Occidente commette grandi errori perché è troppo sicuro di sé. Un giorno potrebbe finalmente spaventarsi e far sapere al resto del mondo che non ha intenzione di attaccarlo ma di essere pronto, se attaccato, ad uscire dai suoi bastioni e a distruggere l’aggressore.
La prospettiva non è divertente ma quando le soluzioni gradevoli sono impraticabili bisogna adottare quelle sgradevoli. Rimarrebbero grandi difficoltà, derivanti anche dalle proporzioni degli Stati presi in considerazione, ma l’Occidente non ha ancora usato tutte le armi di cui dispone. Fino ad atti di forza come imbarcare su nostre navi gli immigranti illegali arrivati via mare e depositarli manu militari, con mezzi da sbarco, sulla battigia libica. Eventualmente reagendo con le armi a qualche difficoltà fatta dalla marina o dai soldati locali.
Si potrebbe addirittura vietare l’ingresso di tutti i cittadini di un dato Paese salvo quelli forniti di passaporto diplomatico e senza le guarentigie della “valigia diplomatica”. Insomma si potrebbe trattare uno Stato come Gaza, che favorisce apertamente i terroristi, con la prudenza e col disprezzo con cui si tratta un criminale pazzo.
L’Occidente ha ancora un futuro, naturalmente se dimostrerà più la volontà di sopravvivere che quella di meritare le lodi degli idealisti.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, pardonuovo.myblog.it
5 maggio 2011

LA SOLUZIONE ISRAELIANAultima modifica: 2011-05-09T12:52:31+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “LA SOLUZIONE ISRAELIANA

  1. Sono del tutto d’accordo, salvo ricordare che Israele e’ uno stato piccolo (quasi 8 milioni di abitanti, come la citta’ di Londra senza dintorni), oltre che socialmente molto coeso e per forza di cose armato fino ai denti.
    Le necessita’ petrolifere di Israele possono essere facilmente soddisfatte dagli USA o da una parte delle estrazioni del Mare del Nord, posto che non ne trovino direttamente sul loro territorio.
    Noi europei (UE) siamo mezzo miliardo, divisi come non mai e affamati di enormi quantita’ di materie prime. Inoltre Israele che io sappia esporta ortofrutta e alta tecnologia, noi europei abbiamo un disperato bisogno di esportare di tutto.
    Dalla somma di queste nostre debolezze credo che derivi la tendenza a “fare i furbi” e cercare di usare sempre il bastone e la carota. Gia’ si vede con la Libia, tutti parlano del dopo, intendendo con cio’ comprare petrolio e vendere infrastrutture. Qualcuno sospetta che l’intera azione bellica anti-Gheddafi miri soltanto a questo.
    E invece ha ragione lei, bisognerebbe ogni tanto stringere i denti e metter da parte i maledetti interessi e i teneri idealismi: le canaglie vanno trattate da canaglie e basta. Poi vedremo alla lunga chi ha bisogno di chi.

  2. Felice, lei mi sembra un inguaribile ottimista. A me pare piuttosto he da molti anni l’occidente usi la carota e la vaselina: Il bastone è riservato semai agli amici ed alleati, vedi l’atteggiamento verso Israele e il comportamento con Mubarak e il leader tunisino “scaricato”.

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