TUTTTO DA RIFORMARE, SALVO NEL MIO CAMPO

Ernesto Galli della Loggia è un grande intellettuale italiano. Questo aggettivo, nel suo caso, ha due significati. Il primo è una lode: appartiene ad un Paese la cui tradizione culturale è enorme. La nostra grande letteratura boccheggiava e moriva nel Cinquecento mentre quella tedesca per nascere doveva ancora aspettare due secoli.
Il secondo significato invece è negativo: l’intellettuale italiano è caratterizzato dalla sua faziosità e dal suo insufficiente senso del reale. Tutta la prima parte del suo articolo di oggi sul “Corriere”(1) è infatti all’insegna di un qualunquismo da ballatoio. L’Italia è in preda allo scoramento e alla frustrazione e ne sono causa “il senso d’inadeguatezza di ogni nostra infrastruttura, le disfunzioni di quasi ogni nostra istituzione”, uniti all’ “incapacità di chi dirige la cosa pubblica d’immaginare qualche rimedio, di dare l’impressione (almeno l’impressione) di capire che cosa è in gioco; la sua incapacità di avere un sussulto che rappresenti un segno di svolta rispetto al corso fatale degli eventi”. Un pugno di cretini e d’incapaci, signora mia. Mentre noi italiani – inclusi quelli che fanno andare avanti le nostre infrastrutture e le nostre istituzioni – siamo tutti innocenti.
Questo scoramento riguarda anche la base elettorale della destra, perché “gli esponenti della destra, i suoi ministri, non sanno mai dire una parola, mai compiere un gesto, mai trovare un’occasione simbolica che trasmetta un messaggio di serietà e di coerenza, di preoccupazione per l’interesse collettivo, magari anche contro il proprio; un gesto che sia testimonianza di sollecitudine per l’identità della nazione e il suo futuro”. Che le dicevo, signora mia? Ha notato tutti quei “mai”? Mai una parola, mai un gesto, mai un’occasione simbolica. La verità è che sono tutti dei ladri.
Ma il politologo non rimane al livello di queste superiori generalizzazioni: scende sul concreto. Ricorda come notai e avvocati della maggioranza hanno frenato un provvedimento del governo. È avvenuto che “un buon numero di deputati e di senatori di un partito si ammutinano contro il loro stesso governo per difendere i propri interessi personali” e il segretario Alfano che cosa ha detto? “Assolutamente nulla”. Non ha lanciato “il minimo avvertimento”. Dimentica il politologo che quei deputati e senatori possono fare cadere il governo o persino votare la sfiducia ad Alfano, mentre Alfano non ha nessun potere su di loro. Stalin agli ammutinati avrebbe certo lanciato anche più di un monito ma noi dobbiamo contentarci del ministro siciliano.
“È così, mi domando, che si difende la dignità della politica, l’interesse generale?” Francamente no. Ma ci dica Ernesto come si fa, se non ci si chiama Josif Vissarionovich.
Il provvedimento concreto denunciato con più parole dall’articolo – e da Galli Della Loggia pro domo sua – è comunque il metodo di valutazione dei titoli universitari, in vista della conquista delle cattedre universitarie. L’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca calcola così le pubblicazioni dei candidati: monografia pubblicata all’estero, 3 punti; articolo pubblicato all’estero, 1,5;  monografia pubblicata in Italia, 1,2; articolo italiano, mezzo punto. La cosa gli sembra assurda: dunque non bisognerà più scrivere in italiano? “Va subito precisato che naturalmente l’Anvur agisce in piena autonomia dal ministero dell’Università e della Ricerca” ma questo non annulla l’accusa bruciante che segue: “la sua delibera la dice lunga su che cosa pensi del proprio Paese e della sua identità una parte degli intellettuali italiani”.
Ma è proprio questo il punto: l’Anvur ha torto, nel giudicare la comunità universitaria italiana come corrotta e mafiosa, nel senso che non si favorisce il merito ma gli amici e gli amici degli amici? Al punto che non ci possiamo più fidare di nessuno?Veramente non ha notato che il massimo titolo per divenire professore universitario è quello di essere figlio di un professore universitario?
Non è questione di lingua.Non si tratta di pubblicare in inglese o in francese (sono pronto a tradurre: si assicurano scrupolo professionale e prezzi bassi), si tratta di pubblicare non perché raccomandati o amici, ma perché si dice qualcosa che valga la pena di leggere. Se il metro stabilito dall’Anvur è spietato ed umiliante, Galli Della Loggia dovrebbe spiegarci che è immeritato, non che è spietato ed umiliante. Se no si comporta come quei genitori che incolpano i professori dei voti bassi dei figli.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
18 luglio 2011
(1)http://www.corriere.it/editoriali/11_luglio_17/della-loggia_interesse-collettivo_f11d4016-b044-11e0-b0ea-f35f7bc4068c.shtml

TUTTTO DA RIFORMARE, SALVO NEL MIO CAMPOultima modifica: 2011-07-18T15:24:50+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “TUTTTO DA RIFORMARE, SALVO NEL MIO CAMPO

  1. Se qualcuno a Roma intorno al 476 D.C., decennio piu’ decennio meno, avesse chiesto in giro “Rispetto ai tempi di Augusto, cosa c’e’ che non va, che non funziona piu’ come allora ?”, sarebbe stato molto difficile dare una risposta breve, chiara e convincente.
    Tornando all’oggi, certe volte non c’e’ un colpevole, un motivo semplice, e’ solo che la base di fiducia, correttezza e compattezza tra i membri di una collettivita’ crolla per un insieme complicato di ragioni.
    Non credo in nessun nuovo medioevo, per carita’, e scusate se mi ripeto, ma penso che in Italia ci vorrebbe una piccola katastrophe’, nel senso originario del termine, un terremoto non fisico ma emotivo che dia uno scossone tale da riportare tutto e tutti alla realta’, alla normalita’, al modo di vivere che c’era non piu’ tardi degli anni 80 e 90.
    Non che allora si vivesse in paradiso, ma almeno non si era in manicomio.

  2. Non ha incluso BR e o anche “solo” la campagna di L’Espresso/Radicali che ottennero le dimissioni di Giovanni Leone, non era manicomio quello? Oggi si è aggiunta pure una parte della magistratura, tutto qui. Saluti.

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