L’ANIMA DELL’EUROPA

C’è una tesi abbastanza seducente per essere riproposta nelle sedi più diverse, fino alle conversazioni al bar:  le civiltà – come disse Paul Valéry – sono mortali. E sono tanto più vicine alla loro fine quanto più sono civili, raffinate e stanche. L’ovvio paradigma è quello di Roma: finché fu repubblicana e frugale, finché i cittadini sentirono il dovere di difendere la patria, finché fu, per così dire, un po’ selvaggia, rimase invincibile; quando divenne colta, quando la ricchezza la infiacchì, quando pretese di delegare la propria difesa agli stessi barbari, si sbriciolò e finì. È ora il momento dell’Europa?

È vero, il nostro continente è frammentato, l’Impero Romano è caduto e non si parla più latino. Ma bisogna fare delle distinzioni. Ci sono civiltà, come quella dei Maya, di cui sono rimaste solo poche pietre, ce ne sono altre che sono durate millenni, come quella cinese, o che nel tempo si sono solo trasformate. Non è che per caso la civiltà romana sia sopravvissuta a Romolo Augustolo? 

Al riguardo bisogna vedere quale sia il significato della nazionalità. È un’esperienza comune: per noi esistono i francesi, i tedeschi e gli svizzeri ma gli stessi italiani è come se non esistessero. Se qualcuno ci taglia la strada in auto, costringendoci ad una brusca frenata e ad una colorita serie di imprecazioni, non diremmo mai: “Ma tu guarda questo figlio di puttana di un italiano!” Mentre al contrario diremmo: “Ma tu guarda questo figlio di puttana di un francese!”, se per caso vedessimo che la sua targa è francese. I francesi sono tali per noi come noi italiani siamo tali per gli altri.

L’osservazione è utile in altri campi. Tutti consideriamo naturale ciò cui siamo abituati e a volte, per renderci conto che non è naturale, dobbiamo entrare in contatto con popoli che hanno altri usi e costumi. Per questo si dice che viaggiare è istruttivo. Non è naturale guidare a destra, mangiare pastasciutta o credere che la malattia abbia una causa fisica. Gli inglesi guidano a sinistra, i francesi mangiano bistecche con le patate, per i primitivi la malattia ha una causa magica da curare con la magia.

È confrontando l’Europa (e l’America, che dell’Europa è culturalmente un’estensione) col resto del mondo che ci rendiamo conto di chi siamo. Di che cosa ci rende differenti dagli altri. 

La nostra mentalità è ancora romana. Pur militarmente battuto, l’Impero rimase un ideale indiscutibile. Il latino rimase la lingua colta, il diritto canonico fu filiazione diretta e legittima del diritto romano, la stessa religione – ambito del magico per eccellenza – da noi dette presto vita ad una filosofia, la scolastica. La caratteristica fondamentale della mentalità romana è la razionalità, applicata un po’ a tutto: dall’architettura alla politica, dalla letteratura alla filosofia, dal diritto alla religione. E soprattutto a un prodotto che è la nostra specialità: la scienza. 

La scienza non poteva che nascere in Occidente perché solo qui ha imperato per secoli e secoli una curiosità priva di remore. Una curiosità che se da prima si è contentata del mito di Persefone, per spiegare le stagioni, col tempo è arrivata a darsi la spiegazione dell’asse terrestre. Questa scienza ha dato all’europeo una potenza militare che, per un paio di secoli, ne ha fatto il dominatore del mondo. Tanto che se alla fine una potenza “europea” come gli Stati Uniti si è trovata in pericolo per l’attacco del Giappone, è anche vero che questo stesso Giappone era potente con le armi inventate dall’Occidente.

Ma oggi abbiamo dei dubbi. Questa civiltà che è stata capace di sopravvivere all’Impero Romano, alle invasioni barbariche, alla stasi culturale dell’Alto Medioevo, sarà anche capace di sopravvivere all’infiacchirsi delle proprie energie vitali? Veramente siamo divenuti così imbelli e incapaci di reazione da cadere schiavi del primo venuto? Veramente, come diceva Oriana Fallaci, la Mezzaluna avrà, con gli emigranti musulmani, il successo che non ebbe a Poitiers nell’Ottavo Secolo?

Il futuro non lo conosce nessuno. Ma se dovessimo giocare alle previsioni, sarebbe facile pensare che l’europeo è fiacco perché non pensa di avere il bisogno di difendersi. Mentre diciamo peste e corna della nostra civiltà materialistica, mentre stramalediciamo il capitalismo fino a trasformare in un concetto osceno una parola come “consumismo” che per secoli sarebbe stata solo un sogno, rimaniamo convinti che la nostra prosperità sia infrangibile. Riteniamo del tutto inverosimile che possiamo essere attaccati o che possiamo soffrire la fame. Viviamo in un mondo artificiale in cui ci concediamo il lusso supremo di sputare sul lusso e perfino sull’autodifesa.

Ma tutto questo non cambia la nostra natura. Se avesse fame, quello stesso uomo che ha condannato il consumismo sarebbe disposto ad andare a rapinare chi dispone del cibo. Oggi viviamo un periodo di bonaccia durante il quale tutti abbiamo dimenticato che cos’è la tempesta. Ma quando avessimo veramente la sensazione che essa è arrivata, ci scopriremmo marinai. E se arrivasse la guerra, ci scopriremmo guerrieri. L’inerzia non è una caratteristica dell’Occidente. 

L’Europa si comporta come una tigre nata in uno zoo in cui la carne le è sempre stata fornita da inservienti premurosi. Ma abbandonata a se stessa riscoprirebbe i suoi istinti. E gli europei, che l’hanno dimenticato, sono ancora carnivori.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

26 settembre 2011

L’ANIMA DELL’EUROPAultima modifica: 2011-09-26T10:38:31+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “L’ANIMA DELL’EUROPA

  1. In Euramerica c’e’ gente che a forza di lottare e a forza di stress si ammala, muore di infarto, diventa nevrotica. Ma si tratta di lotte per trovare un lavoro, superare test, battere la concorrenza, investire senza perdere. Tutta roba di alto livello, intendo dire battaglie sofisticate e principalmente mentali, lontane dal livello animale.
    Quello di cui abbiamo perso il ricordo sono le lotte materiali: il freddo, il cibo che manca, le scarpe rotte che fanno male, i pesi da trasportare, gli aggressori che sparano.
    Si puo’ comunque trovare un lato positivo: sarebbe la fine immediata del “buonismo” e del “politicamente corretto”.

  2. Speriamo che sia vero. E speriamo soprattutto che la tigre che è in noi si risvegli in tempo. Per quanto mi riguarda non si è mai sopita, ma io, come tutti i miei corregligionari, abbiamo sempre dovuto stare in campana e mai distrarci. Eppure anche fra di noi ce ne sono molti che non solo dormono, ma che giurano sulle ragioni dei nostri aggressori

  3. Sul fatto che gli europei siano carnivori, fra l’altro, sono d’accordo: peccato però che siano piuttosto cannibali….

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