ESPOSTO FININVEST: I PARTICOLARI GIURIDICI

Ecco le necessarie premesse. Anni fa ci fu un lodo (decisione di arbitrato) fra la Fininvest e la Cir di De Benedetti, che dette ragione a De Benedetti. Si passò poi (art.827 c.p.c.) al giudice ordinario (Corte d’Appello), che annullò il lodo favorevole a De Benedetti. Le parti, per por fine alla controversia, firmarono un accordo (mediazione Ciarrapico). In seguito si scoprì che del collegio della C.d’A. aveva fatto parte un giudice, Metta, successivamente condannato per corruzione, e qui si comincia a parlare del caso odierno.

Abbiamo una sentenza passata in giudicato (quella della C.d’A.) che è stata emessa all’unanimità da un collegio di tre magistrati, di cui uno corrotto, e c’è una norma del codice di procedura civile (art.395) che in questi casi stabilisce, malgrado il giudicato, la possibilità di revocazione della decisione. Il sesto punto dell’art.395 la prevede “se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato”. La possibilità di impugnare la sentenza tuttavia non è offerta a tempo indeterminato. Il sistema prevede infatti che (art.396, che chiariremo): “Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6 dell’articolo precedente, purché la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza di cui al n. 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto. 

Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il corso del termine per l’appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso”. 

Questo articolo non è di facile lettura. La revocazione non può essere chiesta se il motivo addotto è stato scoperto prima della scadenza del termine per l’appello perché, in questo caso, quel motivo farebbe parte del normale appello. Ecco perché il codice dice: “purché la scoperta del dolo ecc. siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto”.

Scaduto questo termine, la revocazione si può chiedere in qualunque momento, come se le motivazioni della sentenza fossero appena state depositate, ma per l’impugnazione si hanno soltanto i normali trenta giorni dalla scoperta del nuovo motivo.

Il codice si premura addirittura di stabilire che soluzione adottare se la scoperta avviene durante i trenta giorni disponibili per il normale appello e prescrive che il termine in questo caso sia spostato in avanti (a partire dal momento della scoperta)  “in modo da raggiungere i trenta giorni da esso”. Ma sempre di trenta giorni si tratta. 

Nel caso che ci interessa sono passati anni dalla condanna definitiva del giudice Metta e dunque la Cir di De Benedetti non aveva titolo per adire il giudice richiedendo una revocazione. La Corte d’Appello di Milano ha invece accolto l’istanza di revocazione (malgrado la statuizione dell’art.396 c.p.c.) sulla base di una sentenza della Cassazione penale che avrebbe innovato in questo campo, affermando (secondo i magistrati di Milano) che la sentenza emessa da un giudice corrotto va considerata inesistente. La difesa della Fininvest eccepisce oggi che in nessun modo si può aggirare l’art.395 e che quella stessa sentenza è stata stravolta in quanto sono stati omessi passaggi essenziali che ne ribaltano il senso. E agisce in sede disciplinare facendo balenare un’ipotesi di dolo.

Ma questa parte è troppo lunga per essere riportata qui e si invitano gli interessati a documentarsi personalmente leggendo il documento: http://media2.corriere.it/corriere/pdf/2011/Esposto_Fininvest_041011.pdf. 

Gli avvocati della Fininvest sostengono che i tre giudici della Corte d’Appello di Milano “hanno suffragato la loro decisione usando, come decisivo, un precedente giurisprudenziale che non esiste ma viene creato attribuendo alla Cassazione una tesi mai espressa dalla Suprema Corte”. 

I giudici di Milano (facendosi forti della asserita tesi della Cassazione) hanno deciso senza la normale procedura di revocazione perché un giudice corrotto è come se non fosse un giudice e dunque anche la sentenza è inesistente, “non potendo esserle riconosciuta valenza di giudicato sostanziale”. Prendiamo nota del concetto di “giudicato sostanziale”.

Ora non solo il codice di procedura civile prevede il caso del giudice corrotto e non per questo dichiara inesistente il giudicato (infatti prevede la revocazione con le procedure dell’art.395), ma in realtà la Cassazione – nota l’esposto, pag.5 – si guarda bene dall’affermare quanto sopra. Proprio nella parte che la sentenza milanese omette di riportare aggiunge, riguardo al caso da essa deciso, queste parole: “che secondo quanto allegato dallo stesso ricorrente, è stato già adito nel giudizio di revocazione ex art.395 c.p.c.”. Conviene leggere per intero pagina sei. Del resto la Cassazione ribadisce poco oltre il concetto: “Spetterà invece al giudice civile, adito ex art.395 c.p.c., affrontare la questione se la corruzione di un membro del collegio giudicante…”

Insomma non esiste un giudicato sostanziale e un giudicato formale: c’è solo un giudicato che può essere superato in sede di revocazione, alle condizioni stabilite dagli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile. E la Cassazione non ha affatto cambiato il codice di procedura civile.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

5 ottobre 2011

ESPOSTO FININVEST: I PARTICOLARI GIURIDICIultima modifica: 2011-10-05T09:17:00+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “ESPOSTO FININVEST: I PARTICOLARI GIURIDICI

  1. I magistrati di corte d’appello pensavano che avevano di fronte degli sprovveduti per scrivere una sentenza con errori marchiani?
    Bisogna avere proprio paura di questa magistratura?

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