IL RITORNO DELLA REALTA’

Molti anni fa un sarto parigino si cucì un paracadute, o forse due ali di pipistrello, e come mostra un famoso filmato si buttò dal primo piano della Tour Eiffel. Rimase ucciso sul colpo. Questo è il paradigma dei sogni dell’uomo quando si scontrano con la realtà. Ma mentre il sognatore senza importanza induce al sorriso o alla compassione, i sogni di chi ha un grande potere possono provocare tragedie per milioni di persone. Don Chisciotte mette a rischio la propria vita, Alessandro e Hitler fanno danni incomparabilmente maggiori.

La realtà a volte permette agli uomini di giocare per qualche tempo come bambini ma prima o poi reclama i propri diritti. L’epoca contemporanea ne offre dolorosi esempi. La Prima Guerra Mondiale scoppiò perché praticamente tutti i governanti del tempo sognarono che avrebbero vinto con facilità e in poco tempo, e sappiamo come andò. Non diverso fu il caso di Hitler. Il Führer non solo voleva vendicare la sconfitta nella guerra precedente ma sognava di divenire il dominatore dell’intera Europa. Perse la vita ma si fece accompagnare da decine e decine di milioni di morti.

Dopo di allora, almeno in Europa e in America, la pace. Significa che questa umanità ha smesso di sognare? Purtroppo no. Invece di essere pochi singoli un po’ dementi, a sognare, in questi decenni sono stati interi popoli, intere nazioni, un intero mondo.

Tutto è dipeso dall’aumento del reddito, dai progressi della scienza e della tecnologia, dalla prosperità generale che hanno dato ai cittadini delle nazioni sviluppate la sensazione che tutto non potesse andare che bene. E che in futuro non potesse andare che meglio. La prova di tutto questo è facilmente rinvenibile nello straripante “buonismo” della società. Essa ha richiesto che tutti avessero un buon lavoro, o almeno un buon sussidio, una casa decente, una protezione sanitaria meravigliosa, il sostegno pubblico nel caso fossero in miseria: atteggiamento che è dipeso certo da una lodevole disposizione d’animo nei confronti del prossimo ma soprattutto dall’idea che lo Stato avesse la possibilità di concedere tutto. È confidando su queste infinite possibilità che non si è smesso di inventare nuovi diritti – perfino degli animali – e nuovi doveri per esempio in nome dell’ecologia, con assoluto disinteresse per i costi.

La realtà, da prima indulgente, ci ha permesso di giocare per mezzo secolo. Fra l’altro, il costante aumento del prodotto interno lordo ha teso a colmare i buchi provocati dalla prodigalità politica e l’aumento della popolazione ha fatto sì che ci fossero sempre più lavoratori attivi che pagavano imposte. Gli Stati, proprio per questo, si sono dati a spendere e spandere, contraendo per giunta debiti. 

Poi la realtà ha suonato la fine della ricreazione. Il peso dei figli, divenuto (per viziarli) economicamente insostenibile, ha fatto sì che gli italiani abbiano quasi smesso di averne: e dunque abbiamo moltissimi aventi diritto alla pensione e pochissimi nuovi lavoratori per pagarle. I sindacati che si erano convinti che alla fine le imprese non potessero che dire di sì hanno capito che, messe all’angolo, esse o delocalizzano o chiudono: e (in Germania) hanno accettato riduzioni di salario. Un tempo le grandi imprese non fallivano mai, perché lo Stato era munifico, oggi non ci sono aiuti per nessuno. Gianni Agnelli aveva eccellenti rapporti con Luciano Lama, Marchionne rompe addirittura con la Confindustria. 

Sia per quanto riguarda le nazioni che per quanto riguarda i singoli all’interno delle nazioni la crisi della Grecia e di altri Paesi latini rappresenta la fine delle leggende e il ritorno della realtà. Non è detto che si sia sempre più ricchi; non è detto che lo Stato possa offrire sempre di più; non è detto che non si possa essere più poveri dei nostri genitori; non è neppure detto che non si possa essere licenziati. Anzi, bestemmia sovra ogni altra insopportabile, può licenziare lo Stato: e Atene conta di disfarsi di trentamila dipendenti pubblici.

La crisi attuale non è soltanto economica. È la crisi di chi ha sperperato il patrimonio e ora ha i creditori che bussano alla porta. È la crisi di chi si accorge che, quand’anche non fosse politicamente corretto, due più due fa sempre quattro. Molti scoprono che la civiltà nella quale credevano era fondata su pilastri immaginari e che nessuno può vivere al di sopra dei propri mezzi. Chi spende più di quanto guadagna inevitabilmente finisce in miseria. E va a schiantarsi come il sarto di Parigi.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

4 ottobre 2011

IL RITORNO DELLA REALTA’ultima modifica: 2011-10-04T08:52:00+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “IL RITORNO DELLA REALTA’

  1. Purtroppo si continua a pensare, come ai tempi della condanna di Galileo, che se la realtà non coincide con le nostre convinzioni ha torto; quindi bisogna scioperare, finchè essa non capitolerà e si rassegnerà ad allinearsi.

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