PRIMA DI ATTACCARE IL NEMICO, ASSICURATEVI CHE SIA MORTO

Le battaglie sono belle, nei libri di storia, ma combatterle personalmente è un altro paio di maniche. Il nemico, che pure sta dalla parte del torto (sta sempre dalla parte del torto) non ha nessuna voglia di farsi ammazzare; anzi, ha l’assurda pretesa di ammazzare noi. Chi si è trovato in mezzo allo scontro ne conserva una memoria indelebile e orribile. Viceversa le battaglie che si sono già trasformate in vittorie piacciono moltissimo: e queste tutti sono disposti a combatterle.

I più grandi combattenti delle guerre già vinte li abbiamo avuti in Italia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, avendo gli Anglo-Americani battuto il fascismo, l’Italia si è scoperta visceralmente antifascista. Non ha più deposto le armi e non ha più dato tregua ai fascisti e ai nazisti. Li ha giudicati tutti, in blocco, dei criminali e se qualcuno avesse osato dire che anche fra loro c’erano state persone perbene o in buona fede, avrebbe corso dei rischi. È stato persino vietato parlare delle sofferenze e dei massacri subiti dai richiamati della Wehrmacht: il dogma è stato che tutti i Tedeschi che hanno combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale sono stati invariabilmente dei fanatici nazisti dediti al macello d’innocenti. 

Quando uno storico come De Felice, appoggiandosi a documenti inoppugnabili, ha cominciato ad occuparsi di quegli anni con serietà di scienziato, ha ottenuto come effetto di vedersi dare del fascista. Non bisognava studiare il fascismo o il nazismo. Non bisognava sapere che cosa era effettivamente accaduto tra il 1922 e il 1945. Bisognava maledire tutto e tutti, con la foga dei combattenti che non temono il nemico. Fra l’altro, De Felice si dimostrava stupido: che gli costava, fare come gli altri? Non si era accorto che il nemico era morto e sepolto? Che cosa credeva di rischiare? 

Quando il possibile nemico è ancora vivo, infatti, i toni sono ben altri. Persino gli anticomunisti si sono a lungo astenuti non dal condannare, sarebbe stato troppo, ma anche solo dal citare il massacro di Katyn, da parte dell’Armata Rossa. E del resto, per non perdere l’abitudine della prudenza, non si è neppure gran che parlato dello sterminio dei rifugiati di Dresda perpetrato dagli Inglesi.  Quanti sanno che lì sono morti più innocenti che a Hiroshima? E non si è trattato di una bomba atomica, ma dell’artigianato dei bombardieri e delle bombe incendiarie. Quanti hanno condannato con uguale frequenza i Lager nazisti e i Lager staliniani? Finché l’Unione Sovietica è stata in piedi, anche parlare male del suo passato è stato di cattivo gusto.

La considerazione del nemico varia molto col variare della sua capacità d’azione. È rimasto indimenticabile il modo in cui la stampa francese trattò Napoleone dopo lo sbarco dall’Elba e durante il suo avvicinamento a Parigi. Il Còrso da usurpatore, bandito, e chissà che altro, passò a mano a mano ad altre denominazioni finché, giunto nei pressi della capitale, fu di nuovo chiamato Imperatore. Né ce ne possiamo stupire noi Italiani, che prima abbiamo dichiarato guerra agli Stati Uniti e poi abbiamo chiamato liberatori i loro soldati, quando li abbiamo visti arrivare. Oltre sessant’anni dopo festeggiamo ancora la “liberazione”, cercando anche di dare a bere che l’abbiamo realizzata noi.

Tutti amano la vittoria. Purtroppo per vincere bisogna prima combattere e questo è rischioso. C’è sempre il nemico che fa delle difficoltà, dannazione. È meglio combattere le ombre, sguainare le spade e agitarle contro chi non c’è più: così ci si può finalmente raccontare di essere coraggiosi, intransigenti, altamente morali. 

In realtà se quel nemico maledetto con tanto ardore fosse vivo e presente, molti di quegli eroi sarebbero i primi a prosternarsi. A suo tempo i fascisti si inchinarono dinanzi all’ideologia di moda. Dopo la guerra tutti si sono inchinati dinanzi alla nuova ideologia, stavolta l’antifascismo. E se non sono state le stesse persone, sono stati i loro figli: dimostrando lo stesso temperamento. 

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

22 dicembre 2011 (da un testo del 2001)

 
PRIMA DI ATTACCARE IL NEMICO, ASSICURATEVI CHE SIA MORTOultima modifica: 2011-12-22T14:29:14+01:00da gianni.pardo
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