QUAL’È

Roberto Saviano ha scritto “qual’è”, così, con l’apostrofo, e la cosa gli è stata rimproverata. Uno scrittore non è un correttore di bozze, così come un grammatico non è per questo uno scrittore: se dunque un giornalista, un intellettuale, uno scrittore scrive “qual’è”, e qualcuno gli fa notare l’apostrofo in più, la cosa più semplice è dire: “Non lo sapevo. Ho commesso un errore. Peccato che non mi sia stato detto prima”. Non è neanche il caso di aggiungere, a propria scusante, il fatto che migliaia, forse milioni di italiani scrivono “qual’è” con l’apostrofo: perché, con ciò stesso, ci si metterebbe nel novero di quelle migliaia, forse milioni di italiani, che sono sciatti nello scrivere. 

Insomma, quando una posizione è indifendibile, la cosa migliore da fare è abbandonarla alla massima velocità. “Ah, è sbagliato? Va bene, mi ricorderò di scriverlo senza apostrofo”. Un minuto dopo nessuno ci penserebbe più. Purtroppo a volte i presuntuosi preferiscono arrampicarsi sugli specchi, aggravando la loro posizione. Molti anni fa di questa colpa si è reso colpevole, nientemeno, uno dei più grandi maestri della lingua italiana: Indro Montanelli. Intitolò un suo editoriale, sul “Giornale”, “Si”, e dal testo si capiva che aveva voluto scrivere il contrario di “no”. Molti lettori gli scrissero che quella paroletta si scrive con l’accento: “sì”, mentre “si”, senza accento, o è riflessivo: “egli si lava”, o è impersonale: “si ride”. E rimane obbligatorio scrivere “sì” se si vuole rispondere affermativamente.

Montanelli non ne volle sapere. Se la sarebbe potuta cavare con una delle sue battute (Avete ragione ma da casa m’ero portato solo una “i” accentata e mi è servita per “così”), e invece cercò le scuse più inverosimili, arrivò al ridicolo di affermare che avrebbe continuato a scrivere “si”, per dire “sì”, come aveva sempre fatto. Sempre che il ricordo dell’episodio sia esatto.

Roberto Saviano non è Montanelli – proprio no – ma a quanto pare anche per lui dire semplicemente “ho sbagliato” è troppo difficile. E infatti per giustificarsi (come se fosse possibile) il camorrologo ha chiamato in correità Pirandello e Landolfi. Ed ha concluso che continuerà a scrivere “qual’è”. Bisogna riconoscerlo: è liberissimo di farlo. Come è liberissimo chiunque di considerarlo uno scrittore sgrammaticato. Qualcosa di simile a un tenore che ogni tanto stecca. 

Ma non tutti saranno severi, con lui. Essendo uomo di sinistra ed eroico camorrologo, ha trovato dei difensori. Beppe Severgnini ha detto: “Meglio lo scivolone che perdere genuinità”. Come se commettere errori fosse prova di genuinità. 

Una genuinità di cui comunque molti giornalisti e giornaliste – e parecchie donne di servizio – potrebbero dare lezioni.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

21 dicembre 2011

QUAL’Èultima modifica: 2011-12-21T20:36:00+01:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “QUAL’È

  1. Come ho scritto ad un amico:
    Effettivamente ci si può chiedere, per molte questioni di lingua: “Che importanza ha? L’essenziale è che ci capiamo. “Se ho andato al cinema, che fu giusto o sbagliatto, sempre troppo assai mi ho divertito”.

    Scrivere bene o scrivere male è come vestirsi bene o vestirsi male. C’è chi si veste male ma sta attento alla lingua, altri fanno l’inverso. E magari ognuno disistima l’altro gruppo.

    Forse Saviano dovrebbe curare di più il suo abbigliamento.
    Gianni

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