DUE CULTURE, UNA SOLA MENTE

Un ingegnere, secondo gli umoristi, è un uomo che al figlio che arriva con una bottiglia non dice: “Guarda bene dove la posi, ché non cada” ma: “Posa quell’oggetto non solo in modo che il baricentro non sia al di fuori della sua proiezione verticale, ma anche che esso sia lontano dai bordi di quella proiezione”.

Non è giusto avercela con gli ingegneri. L’indicazione di quel padre è molto più valida delle parole: “ché non cada”. Perché il bambino potrebbe non sapere qual è il modo giusto. Però è anche vero che non saprà neanche che cos’è un baricentro e una proiezione verticale. Insomma, l’ingegnere ha ragione se parla con un competente e se parla di cose scientifiche, diversamente ha torto. E infatti le istruzioni per l’uso, scritte prevalentemente da ingegneri pensando ad altri ingegneri, sono incomprensibili per il normale utente. E le cose vanno anche peggio quando si esce dall’ambito scientifico: gli ingegneri spesso si mostrano disorientati, con l’aggravante che hanno tendenza a sorridere, con sentimento di superiorità, di ciò che non capiscono. Ammirano il tempio greco per la sua statica e la sua tecnologia, ma non capiscono perché ci si sia data tanta pena per divinità che neppure esistevano. E ancor meno capiscono che si possa elevare un monumento alla bellezza in sé.

Naturalmente si sta esagerando. Non tutti gli ingegneri sono così. Magari fra loro ci saranno musicisti e poeti. Ma la mentalità indotta da quella formazione induce ad una geometrizzazione della realtà che spesso può essere eccessiva o fuor di luogo.

Purtroppo essi non sono gli unici colpevoli. Ugualmente deprecabile è la mentalità “umanistica”. 

Per molti millenni, anche in epoca storica, non è esistita una mentalità scientifica perché la scienza sperimentale non esisteva. Dunque la cultura è stata unicamente di tipo letterario o giuridico. E quando la scienza è nata, la cultura ufficiale l’ha rigettata come altro da sé, trasferendo sullo scienziato una parte del disprezzo riservato a tutti i mestieri manuali. Mentre elaborava le sue leggi sul pendolo, Galileo rimaneva parente di un orologiaio. E anche quando la scienza si è affinata fino a trattare argomenti come il comportamento animale e umano (etologia e psicologia) l’atteggiamento di disprezzo non è cambiato. Come conciliare il concetto di anima immortale con il complesso d’Edipo? O vogliamo forse dire che, dando degli antidepressivi a Giacomo Leopardi, ne avremmo risolto i problemi?

La cultura umanistica si è posta come la sacerdotessa e l’unica interprete del Mistero dell’Esistenza. Ogni spiegazione terra terra, meccanicistica, sperimentale dei problemi – come quelle che possono fornire le scienze – è stata rigettata come “riduttiva”. Solo la Mente dell’Umanista, guardando le stelle, è in grado di dire qualcosa di serio sui grandi quesiti. E nessuno si deve azzardare ad infastidire l’Uomo di Cultura parlandogli del perché gli egiziani arrivarono ad un certo angolo, e non ad un altro, degli spigoli delle piramidi, o del modo in cui i greci assemblavano i vari tamburi delle colonne, fino ad ottenerne una durata che ci stupisce ancora oggi. E non parliamo dell’etologia! Come si può osare dedurre per l’uomo qualcosa dal comportamento dei mammiferi superiori! Siamo forse cani, siamo forse scimmie?

Queste due mentalità sono ugualmente insopportabili e inammissibili: non solo chiudono gli occhi su metà della realtà, ma dichiarano inesistente la metà che non vedono. Non bisognerebbe dunque parlare delle due culture, di una sorta di Kulturkampf, quasi che alla fine una delle due dovrebbe vincere sull’altra, ma della stupidità di chi ha solo una delle due culture e sa servirsi solo di quella. Se un ginecologo avesse solo la mentalità “umanistica”, cioè in questo caso erotica, dovrebbe cercare di accoppiarsi con tutte le sue clienti, essendo troppo eccitato per resistere. E se avesse solo la mentalità scientifica, vedrebbe la donna solo come oggetto di studio e mai come oggetto del desiderio: e i ginecologi non avrebbero figli. 

Nessuno si stupisce di qualcuno che ha bisogno di un paio d’occhiali per vedere da vicino e di un altro paio per guardare lontano e tutti dovremmo avere due mentalità, secondo l’oggetto di cui ci occupiamo. In particolare in un Paese “umanista” e con la puzza sotto il naso come l’Italia, bisognerebbe ricordarsi che mentre l’“esprit de finesse” (la sensibilità alle cose sottili), cosa meravigliosa, rimane opinabile, l’ “esprit de géométrie” (la logica concreta) ci ha dato la scienza, ci fornisce dati obiettivi e ci fa vivere bene.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it, www.DailyBlog.it

10 febbraio 2012

DUE CULTURE, UNA SOLA MENTEultima modifica: 2012-02-10T08:47:41+01:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “DUE CULTURE, UNA SOLA MENTE

  1. # La cultura umanistica si è posta come la sacerdotessa e l’unica interprete del Mistero dell’Esistenza

    purtroppo, come talora in amore, anche in questo caso vale il triangolo: un’altra forte candidata a spiegare i misteri della vita è la Teologia, che aggiunge ai difetti delle “due mentalità” da Lei segnalati, anche una buona dose di fantasia (ma so che, per giustificati motivi, non ama l’argomento)

  2. dando degli antidepressivi a Giacomo Leopardi, ne avremmo risolto i problemi?
    Sicuramente no, ma 1) forse li avrebbe trovati più sopportabile e 2) quasi sicuramente non avrebbe scritto quello che ha scritto.

  3. “L’argomento io lo amo, sono gli altri che non amano il modo come l’amo io. E per questo quando posso non ne parlo 🙂 .”

    C’è sempre qualche eccezione. I suoi articoli su questi argomenti non solo li consevo, ma ogni tanto mi diverto a leggere anche i commenti.

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