GUESSWORK

Alistair Cooke (1908-2004) una volta osservò che la gente chiede ai giornalisti la spiegazione di ciò che accade negli incontri internazionali, mentre l’interrogato ne sa più o meno quanto loro. Può dire a che ora sono arrivati gli interessati, come erano vestiti, che faccia avevano durante il comunicato finale ai giornalisti, ma non molto di più. La maggior parte di ciò che fa è “guesswork”, un tirare a indovinare. In questo senso furono esemplari i kremlinologi: dovendo parlare dell’oligarchia più segreta del mondo, erano divenuti degli specialisti del guesswork. Dopo la sfilata del primo maggio discettavano sulla posizione dei gerarchi sul muro del Kremlino, commentando sparizioni e apparizioni e distanza dai capi più importanti.

Anche in Italia siamo agli indovinelli, perché non tutto si può dire in pubblico. Per giunta, non sempre ciò che si dice corrisponde alla verità. Per esempio i programmi guerreschi di Mario Monti, non molto lontani da un famoso “noi tireremo dritto”, sono autentici annunci di una guerra vittoriosa? Oppure un modo di cantare per farsi coraggio? O infine soltanto un modo disperato di annunciare che cadrà, ma in piedi? 

La situazione può effettivamente suscitare qualche moto di rabbia. Tutti i governi dei lustri recenti hanno governato a colpi di decreti e voti di fiducia. Naturalmente in passato Giorgio Napolitano ha sollevato più di un sopracciglio (ne avrebbe sollevati quattro o cinque, se li avesse avuti) e in particolare ha solennemente bacchettato Berlusconi. Che “necessità e urgenza” c’era, quella di impedire al Parlamento di dire la sua? Poi è venuto Monti ed ha visto che – con buona pace della Costituzione – non si poteva fare diversamente. Infatti ha chiesto già undici volte il voto di fiducia ed ha usato il decreto anche per la riforma delle pensioni, dove il concetto di “velocità e urgenza” si scontra irrimediabilmente con l’immagine di tremuli e lenti vecchietti. Ma stavolta Napolitano non ha avuto niente da esprimere se non qualche lode. Infine si arriva alla riforma del lavoro e Monti l’invia al Parlamento sotto forma di disegno di legge. Non solo ciò richiederà un tempo infinito ma la discussione si potrebbe concludere con un totale stravolgimento del disegno di legge stesso.

A quel punto, una volta che saranno stati mancati gli obiettivi che autorità europee e governo italiano si proponevano, che faranno Mario Monti e i suoi ministri, porranno la questione di fiducia sull’originario disegno di legge? Oppure, dopo non avere esitato a massacrare gli italiani a suon di decreti “salva-Italia”, in concreto “stanga-gli-italiani”, cederanno al Pd? E dire che oggi questo è un partito spaesato, a rimorchio della Cgil, a sua volta a rimorchio della Fiom, a sua volta a rimorchio di dementi massimalisti fermi all’Ottocento.  

Mille interrogativi che sicuramente anche Monti si è posti. Se oggi dice che in nessun caso cederà, bisognerebbe pensare – sempre che parli seriamente – che egli sia pronto a porre la questione di fiducia. E allora perché non mandare in Parlamento un decreto? Si sarebbe fatto risparmiare tempo alle istituzioni e si sarebbe fatto incassare immediatamente all’Italia il credito internazionale della riforma.

Solo per il piacere del guesswork si può formulare un’ipotesi su come sono andate le cose. Monti voleva attuare la riforma per decreto ma in tempi brevissimi essa avrebbe messo il Pd in rotta di collisione o col governo o col suo elettorato, sobillato dalla Cgil. E allora qualcuno si è ricordato che, se si tratta di non mettere in difficoltà l’ex partito comunista, non ci sono necessità e urgenza che tengano. E si è chiesto un periodo di tregua per dare modo al Pd per trovare una quadratura del cerchio che in matematica è impossibile. Solo che Monti si è sentito preso per i fondelli ed ecco perché ora scalcia, furente. Pensa che gli sarà rimproverato il decisionismo in materia di imposte e tasse e la timidezza nei confronti dei sindacati. E allora: “Qua l’armi, io solo combatterò, procomberò sol io”. Ma chissà, alla fine si piegherà, come tanti altri. 

C’è solo la remota ipotesi che, dopo che i politici avranno perso il loro tempo col disegno di legge, come se le Camere non avessero altro da fare, il governo porrà veramente la questione di fiducia. E allora il Pd che farà, lo farà cadere?

Il Partito Democratico forse oggi vorrebbe essere ragionevole, ma nel corso dei decenni il Pci gli ha allevato una base irragionevole. Una base su cui si appoggiano anche alcuni suoi dirigenti, per stupidità o per interesse. Sicché ora non riesce ad uscire dal guado. Solo che nel fango intrappola così l’Italia intera. 

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

29 marzo 2012

 
GUESSWORKultima modifica: 2012-03-29T15:09:31+02:00da gianni.pardo
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