TAGLIA, MA NON QUI

L’Italia è schiacciata dal costante e imponente salasso degli interessi sul debito pubblico e non riesce ad arrivare al pareggio. Ma dal lato delle entrate non si può più far nulla: la pressione fiscale è già tanto alta da essere causa di recessione, dunque non rimane che agire dal lato delle uscite. I famosi “tagli”. E su di essi in linea di principio tutti sono d’accordo. 

Del resto, lo spazio per attuarli c’è sicuramente. Basti dire che il “Corriere” parla di siringhe che costano tre centesimi ad un’Asl e 65 centesimi ad un’altra. E molto c’è da cambiare anche nel pubblico impiego: i dipendenti della Regione Sicilia pare siano oltre sette volte di più di quelli della Regione Lombardia. Ma dal dire al fare c’è un oceano. Un conto è parlare di sprechi, un altro è eliminarli. Infatti chi ne è danneggiato grida immediatamente che gli sprechi ci sono eccome, ma sono altrove: ed è altrove che bisogna tagliare. 

Nessuno ignora che in passato tanti altri governi, che pure avevano annunciato gli stessi provvedimenti, si son dovuti arrendere alle resistenze dei partiti, dei sindacati e dell’opinione pubblica. Di chiunque avesse un bastone da mettere fra le ruote. E tuttavia, se c’è qualcuno che potrebbe portare in porto l’impresa è proprio Mario Monti, perché ha la più grande maggioranza possibile, la minima opposizione possibile, e – a quanto dice – non intende fare politica dopo le prossime elezioni. Se non ce la fa lui, non ce la farà nessuno mai. 

Il problema riguarda dunque la scelta dei tagli da effettuare in concreto. Tremonti schivò il problema imponendo una riduzione della spesa uguale per tutti. Si parlò di “tagli lineari” e da allora l’espressione è divenuta anatema: come si può diminuire nella stessa misura ciò che è utile e ciò che è inutile, ciò che è sacrosanto e ciò che è vergognoso? I tagli lineari sono un capitolo chiuso. Si dovrebbe dunque passare ai tagli mirati: qui sì e là no, qui poco e lì molto. E tuttavia sarà una strada più facile, questa? Se ne può dubitare.

Narra una vecchia favola siciliana che Giufà fu condannato a morte e chiese la grazia di potere scegliere l’albero cui dovevano impiccarlo. Solo dopo una lunghissima ricerca – con Giufà che diceva sempre no – si trovò l’albero che andava bene al condannato: una pianta di prezzemolo.

Per evitare di avere a che fare con Giufà, la soluzione è solo una: né tagli lineari né tagli mirati; né tagli applauditi né tagli stramaledetti; soltanto tagli decisi da un governo che non cerca applausi ma tira diritto, impone la fiducia e se non la riceve va a casa. Molto semplicemente. Oserà tanto, Monti?

Eppure un motivo per avere coraggio ci sarebbe: il governo deve sapere che in ogni caso sarà disapprovato. Che i sindacati indiranno scioperi sconclusionati e autolesionisti. Che i giornali proporranno tutti ricette migliori di quelle adottate dagli imbecilli che sono al governo. E allora tanto varrebbe reagire come la protagonista della “Lettera Scarlatta”: se ti attribuiscono colpe inescusabili e inespiabili, l’unica è trasformare la condanna in libertà di movimento e la maledizione in affrancamento dalle convenzioni.

Purtroppo, questi discorsi non servono a niente. La favola di Giufà è vista come una storiella per i bambini ignoranti di una regione arretrata e invece rappresenta a pennello la nostra mancanza di senso della realtà, quando la realtà non ci piace. Noi crediamo che si possa continuare a contare sempre sui mercati che assorbono i nostri titoli di credito e sullo Stato che paga gli interessi sul debito. Il tutto senza disturbare né la scuola, né le pensioni, né una sanità pubblica che è un pozzo senza fondo. Il come, ai nostri concittadini, non importa. Ci pensi qualcuno. Ci pensi il governo, e se non ci riesce è colpevole. Ogni persona che abbia un cuore rifiuterà sempre “questi” tagli. Almeno finché non incontrerà l’albero del prezzemolo.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

6 luglio 2012

 
TAGLIA, MA NON QUIultima modifica: 2012-07-05T16:40:01+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “TAGLIA, MA NON QUI

  1. E d’altra parte chi glielo fa fare, a Monti, di tirare dritto ad ogni costo facendosi poi gambizzare o odiare per il resto della vita ? Lui ha accettato un incarico, mica una missione impossibile contro cinquantotto milioni di avversari.
    Credo che a questo punto abbia capito in che guaio si e’ cacciato e abbia (in cuor suo) ragionevolmente rinunciato.
    Tento di prevedere il futuro: galleggera’ fino all’inizio del 2013 facendo una serie di “flop” inutili come la riforma del mercato del lavoro, conditi con tante belle ed insignificanti fotografie a braccetto della Merkel. Buttera’ qua e la’ un po’ di tasse ineludibili ma poco sensazionali (piccole imposte di bollo e di concessione governativa, tassa su transazioni finanziarie, tasse retroattive su beni e servizi costosi ad alto indice di invidia) e dopo le elezioni, alla chetichella, sara’ invitato ad insegnare in qualche universita’ all’estero. Incarico permanente.

I commenti sono chiusi.