L’ALTRUISMO COME ISTINTO ANIMALE

Si dice che “pesce più grosso mangia pesce piccolo”, ed è vero. Tuttavia, contraddicendo questa regola, ci sono animali, per esempio i canidi, che predano animali più grossi di loro. Ciò avviene perché la loro tecnica di caccia, invece di essere individuale, è fondata sulla collaborazione del branco: il primo inseguitore che addenta la coscia della vittima non molla la presa nemmeno se rischia di essere ucciso da un calcio e la sua tenacia serve a dar tempo agli altri di addentare a loro volta la preda. Fino a sopraffarla. Solo dopo comincia il banchetto. Importante è notare che l’azione comune è sentita come tanto importante da rendere doveroso anche il massimo sacrificio.

L’istinto di conservazione è di solito il più forte e se in qualche caso si arriva a contraddirlo, è solo perché un comportamento diverso assicura tali vantaggi alla specie (e in definitiva anche all’individuo) da prevalere sull’esigenza della conservazione di sé. Ci sono esempi massimi nel caso delle api e delle tèrmiti. Nel caso dei canidi, la sopravvivenza dell’intero branco dipende da quella tecnica. 

Anche se non arriva a questi livelli, il meccanismo opera anche per gli esseri umani. Siamo animali sociali e sappiamo che un individuo da solo ha difficoltà a sopravvivere: sicché la socialità e l’altruismo sono per noi in buona misura il riflesso dell’istinto di conservazione della specie. Il criminale, l’asociale sono ad una delle estremità della curva di Gauss, ma anche l’uomo “estremamente altruista” fa a pieno titolo parte del genere umano.

Il missionario è un uomo colto che potrebbe vivere sereno nel proprio Paese e che invece studia lingue straniere inusitate e va ad esiliarsi in posti scomodissimi. Lo fa per insegnare, a persone che non gliel’avevano mai chiesto, verità utili alla loro anima. Va a fare del bene a persone che non ha mai visto prima e accetta di rischiare la propria vita perché la considera meno importante del vantaggio che ne possono ricavare i convertiti. Anche il miscredente che dovesse reputarlo un povero illuso gli deve il massimo rispetto. 

Potrà sembrare sorprendente, ma si può rinvenire un secondo e più adeguato esempio nel terrorista suicida. Costui, per attaccare il “nemico”, batte nel concetto di caccia di gruppo le stesse iene e gli stesso leoni. Quegli animali si limitano a rischiare la vita per l’interesse comune, e raramente la perdono; il “kamikaze” invece non la rischia, la spende deliberatamente. E poiché lo fa nell’interesse del gruppo cui appartiene, il suo, ancorché criminale e demenziale, è un altruismo addirittura eroico.

Nell’uomo normale convivono istinti contrastanti. Sin da piccolo egli è abituato a mediare fra di loro con l’autocontrollo e la ragione. L’istinto di conservazione di sé lo spingerebbe al furto e alla violenza intraspecifica, l’istinto di conservazione dei propri geni lo spingerebbe allo stupro. Ma l’istinto di conservazione della specie lo spinge a rifuggire da queste azioni, fino a instillargli una sorta di orrore per la violenza intraspecifica, in particolare nei confronti delle donne e dei bambini. 

Un individuo sano di mente incanala le proprie spinte psicologiche in modo da armonizzarle e rendere compatibili i propri personali vantaggi con quelli del gruppo. Sarà egoista, ma senza eccessi: riconoscendo anzi il dovere della solidarietà e della generosità. Amerebbe rimanere libero di divertirsi per sempre, ma sente anche il dovere di mettere su famiglia e avere figli. Non vorrebbe correre troppi rischi, ha orrore della violenza intraspecifica, ma è pronto a combattere per la patria. 

Quanto più l’istinto collettivo domina, tanto più l’individuo è capace di attivarsi in favore del gruppo, magari dandosi ad attività benefiche o alla vita politica. Quanto più invece domina l’istinto individuale, tanto meno “morale” egli è, anche se non trasgredisce neppure le norme sul divieto di sosta. Lo scapolo impenitente, colui che non vuole avere figli, colui che desidera essere lasciato in pace dal prossimo, che non si impegna in politica e mai partirebbe missionario, è l’individuo che antepone se stesso alla specie. E per questa ragione si può essere ragionevolmente certi che la maggior parte delle persone emetterebbe senza esitazione un verdetto di condanna verso questo “egoista”.

Ma egli è innegabilmente homo sapiens al massimo grado: nel senso che non segue con entusiasmo le pulsioni istintuali e rifiuta di essere una rotellina della grande macchina della specie di cui lui non saprà nulla, dopo la propria morte; dal cui eventuale successo non ricaverà nessuna utilità e che di lui si disinteressa totalmente come il termitaio si disinteressa della sorte delle tèrmiti guerriere che si sacrificano per esso.  

Insomma dal punto di vista astratto potrebbe essere un autentico saggio: per quanto ne sappiamo, Socrate non ha avuto figli.

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

20 luglio 2012

 
L’ALTRUISMO COME ISTINTO ANIMALEultima modifica: 2012-07-21T11:34:47+02:00da gianni.pardo
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4 pensieri su “L’ALTRUISMO COME ISTINTO ANIMALE

  1. “Il missionario è un uomo colto che potrebbe vivere sereno nel proprio Paese e che invece studia lingue straniere inusitate e va ad esiliarsi in posti scomodissimi. Lo fa per insegnare, a persone che non gliel’avevano mai chiesto, verità utili alla loro anima.”

    Questo passaggio mi ha fatto venire in mente un aneddoto di Annie Dillar:

    Un cacciatore Inuit chiese al prete missionario locale:
    “Se non so niente di Dio e del peccato, andro’ all’inferno?”
    “No,” disse il prete, “no, se non lo sai”
    “Allora perche’,” chiese serio l’Inuit, “me lo hai detto?” 🙂

  2. “No,” disse il prete, “no, se non lo sai”
    È una barzelletta.
    Di fatto, secondo la dottrina cattolica, coloro che sono nati prima di Cristo sono andati all’inferno, anche se non solo perché non sapevano nulla di Cristo, ma nulla avrebbero mai potuto sapere. E all’inferno si diceva che andassero anche i bambini non battezzati, unde l’uso di battezzarli appena nati. “Non si sa mai”.
    Poi gli stessi credenti si accorsero dell’enormità di questi principi e inserirono nel Credo – se non ricordo male – che Gesù scese agli inferi per salvare molti di questi “incolpevoli”. Se non ricordo male.
    Il Prete che risponde all’inuit è un prete “moderno”.
    G.

  3. Ho inviato la rettifica il giorno stesso, agli amici della mailing list ed ho solo dimenticato di inserirla anche in questa sede. Un amico mi ha anche inviato i nomi, di quei figli, aggiungendo che risulta che Socrate di fatto si disinteressò di loro.
    Tanto che, con umorismo nero, gli ho risposto: “Socrate ha avuto quei figli per sbaglio, ma ha compensato l’errore essendo un cattivo padre”.

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