INFLAZIONE ESTERNA, INFLAZIONE INTERNA

Immaginiamo che l’Italia abbia ancora come moneta la lira, magari una lira pesante equivalente all’euro. Dal momento che spendiamo (includendo gli interessi sul debito pubblico) più di quanto produciamo; che importiamo più di quanto esportiamo e che l’economia non solo è ferma, ma è in recessione, immaginiamo che il governo svaluti la lira sui mercati internazionali del trenta per cento. A chi ci dà cento euro diamo centotrenta lire. 

Naturalmente da un giorno all’altro rincarano del trenta per cento tutti i prezzi che dipendono dalle importazioni: petrolio, ferro, grano, elettricità, lana, prodotti elettronici, la lista è infinita. Si è così provocata una svalutazione della moneta. Il potere d’acquisto di chi guadagnava mille ora è di ottocento o meno. Tutte le cifre sono indicative e servono solo a spiegare il ragionamento. 

Nel frattempo però di colpo i prodotti italiani all’estero sono scontati del trenta per cento e si vendono molto più facilmente. Dunque le imprese italiane esportano di più, assumono nuovo personale per far fronte alle richieste e l’economia si rimette in moto. Anche i turisti sono favoriti: dal momento che al cambio gli vien dato un trenta per cento in più di lire, trovano il viaggio in Italia molto più conveniente di prima e vengono numerosi. In breve, la svalutazione decurta il valore di tutto ciò che è denominato in moneta, scoraggia le importazioni, favorisce le esportazioni e rilancia l’economia. 

Il prezzo però lo pagano soprattutto i poveri. Mentre l’artigiano, il libero professionista e le imprese possono aumentare le loro richieste, per coloro che vivono di salari o di stipendi il reddito rimane quello di prima: ma con esso non comprano più ciò che compravano prima. La manovra è crudele ma efficace, perché nessuno può sfuggirle. E lo Stato se la può permettere perché la rabbia della gente si scarica soprattutto sui fornitori di beni e servizi.

Questo meccanismo, in un Paese legato all’euro, è impossibile. Ma dal momento che la manovra rimane necessaria, si tenta di ottenere lo stesso risultato con una svalutazione “interna”, che si può così descrivere: lo Stato impone al cittadino, che guadagnava mille, nuove tasse e imposte per duecento, in modo che alla fine egli disponga solo di ottocento. Con la svalutazione “esterna”, i prezzi dei beni aumentano mentre i soldi per comprarli rimangono gli stessi, con la svalutazione “interna” i prezzi rimangono gli stessi, ma lo Stato ha tolto dalle tasche dei cittadini una parte del denaro che avevano per comprarli. Il risultato dovrebbe essere lo stesso. 

C’è tuttavia una differenza politica. Nel caso della svalutazione normale, la gente se la prende con i negozianti, con i produttori, con i mercati e con la malasorte. Nel caso della svalutazione “interna” stramaledice il governo e scende in piazza con i forconi. E tuttavia, si potrebbe anche correre il rischio dei forconi se il sistema funzionasse: il fatto è che non funziona. 

Mentre l’inflazione provocata dalla svalutazione opera spietatamente ma in modo pressoché invisibile per la maggior parte delle persone, con la svalutazione “interna” le leve sono visibilmente azionate dallo Stato con due risultati: da un lato, per ragioni politiche, non si possono colpire i cittadini indiscriminatamente, inclusi i poverissimi, come fa l’inflazione; dall’altro, proprio per questo, la sua azione è meno efficace. Ma soprattutto, che le ragioni dell’insuccesso siano queste o siano altre, poco importa: il fatto è che l’operazione non ha funzionato e non funziona. Né in Grecia, né in Spagna, né in Italia.

Dal momento che l’alternativa a questa politica è quella – tragica – dell’eliminazione dell’euro, in Europa si insiste da molto tempo sulla soluzione dell’“inflazione interna”, pensando sempre che, se non funziona, bisogna solo rincarare la dose. Ma dopo tanti mesi, qualche dubbio dovrebbe pure affiorare. 

L’eliminazione dell’euro non sarebbe certo un’operazione indolore: costerebbe lacrime e sangue e fra l’altro provocherebbe un’enorme inflazione.   Può dunque darsi che valga la pena di fare ogni sforzo per salvarlo: ma è sicuro che non ci sia alternativa? Dobbiamo continuare con un’“inflazione interna” che ci ha condotti ad una drammatica recessione e che per giunta non ha eliminato il rischio di fallimento di grandi Paesi come la Spagna e, Dio non voglia, l’Italia? Perché in questo caso allo scoppio dell’euro si arriverebbe lo stesso, e non in modo controllato e magari utile, come nella sperata fusione nucleare, ma nel modo devastante della fissione nucleare. 

Gianni Pardo, giannipardo@libero.it

26 luglio 2012 

P.S. Si accettano volentieri precisazioni, correzioni e smentite.

 
INFLAZIONE ESTERNA, INFLAZIONE INTERNAultima modifica: 2012-07-26T16:35:00+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “INFLAZIONE ESTERNA, INFLAZIONE INTERNA

  1. Alla svalutazione non segue necessariamente inflazione, se c’e’ forte contrazione dei consumi interni tale da bilanciare l’incremento di prezzo dei beni di importazione.
    Negli anni successivi alla svalutazione del 30 per cento dei primi anni ’90 (governi amato-ciampi) ci fu un forte inasprimento della tassazione come da patti per l’ingresso nell’euro, che drenando mezzi di pagamento dall’economia privata, limito’ la svalutazione, che anzi continuo’ a diminuire tendenzialmente.

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