IL TERRORISMO, PUBBLICITA’ SBAGLIATA

In Kenia si è concluso un maxi-attentato terroristico che ha causato la morte di almeno sessantadue persone, centinaia di feriti e l’angoscia di migliaia di innocenti. I giornali scrivono che gli autori appartengono al movimento Shabaab, affiliato ad Al Qaeda, e ci si può chiedere quale significato politico e quali ulteriori sviluppi avrà il tragico fatto. La risposta, brutale e definitiva, sorprenderà molti: il massacro non avrà nessun effetto.

Nella storia gli attentati, gli assassini, le violenze isolate non hanno mai ottenuto grandi cambiamenti. Se una guerra riescono a provocare, gli autori, è una guerra contro di loro: ad esempio quella di Pompeo contro i pirati, quella degli americani contro l’Afghanistan. Lo stesso assassinio di Cesare avrebbe potuto modificare il corso della storia non quando la folla pianse dinanzi al suo corpo ma quando i successori si scontrarono con degli eserciti e delle flotte. Anche in tempi recenti nessuno dei Paesi contro i quali i terroristi si sono scagliati ha subito grandi modificazioni sociali a causa degli attentati: da Israele agli Stati Uniti, dall’Ulster al  Pakistan.

Un Paese ha un vero cambio di regime quando una potenza straniera lo invade (è il caso dell’Iraq come lo fu della Germania nazista, o quando nuove idee vincono sulle vecchie (è il caso della Francia repubblicana o della Russia Sovietica). Se dunque i programmi dei terroristi – o perfino dei semplici integralisti islamici – seducessero veramente i Paesi in cui vorrebbero trionfare, il terrorismo non sarebbe necessario. Vincerebbero per la semplice forza dei numeri. Come ha detto qualcuno: “Sono le idee che causano i fatti”. Se al contrario gli attivisti cercano di imporsi col terrore o con l’assolutismo non ottengono niente. Perfino quando hanno finalmente una vittoria elettorale, come in Algeria o in Egitto, la maggioranza del Paese reagisce mettendoli in un angolo. L’integralismo islamico riesce ad affermarsi solo in quei Paesi in cui esso corrisponde già al sentimento della maggioranza dei cittadini: in Arabia Saudita e in Iran (qui fino a nuovo ordine).

Un cambiamento di regime in direzione della teocrazia si può ottenere mediante la predicazione. Come fece il Cristianesimo e poi lo stesso Maometto. Una volta chiesero a De Gaulle perché parlasse così spesso di ideali, e lui rispose: “Sono gli ideali, che muovono la storia. Sarebbe realistico, non occuparsene?” Dunque un Kalashnikov usato contro gli innocenti avventori di un supermercato non è lo strumento giusto. Come mai gli attentatori insistono in questa tecnica?

La risposta è da rinvenire in una pervicace illusione umana. Prezzolini ha scritto che l’Umanesimo ha portato in Italia alla “creazione di una classe incline a prender la parola come equivalente dell’atto”. È vero. Ma non è vero solo in Italia e solo a causa dell’Umanesimo. Noi peccheremo nei confronti dei pragmatici inglesi, ma in questo campo certi musulmani ci battono largamente. Essi credono che ottenendo i titoli dei giornali con stragi sempre più orrende – cioè facendo sì che si parli di loro – con  ciò stesso abbiano realizzato un “equivalente dell’atto”. In realtà non è così. Bin Laden e gli amici suoi hanno fatto morire tremila persone, l’Undici Settembre, ma gli Stati Uniti hanno oltre trecento milioni di abitanti nient’affatto decisi a divenire musulmani ferventi. Ora Shabaab ha ucciso decine di innocenti in un supermercato: e con questo? I keniani li ameranno di più, domani?

Il terrorismo è un vicolo cieco. Lo abbiamo visto nel nostro piccolo. L’Italia è prevalentemente di sinistra, quanto meno a livello ufficiale e nel mondo degli intellettuali, e negli Anni Settanta del secolo scorso sembrava addirittura si avviasse a divenire una Democrazia Popolare. Tuttavia, quando le Brigate Rosse, a forza di assassini di inermi cittadini, hanno cercato di accelerare questa sperata transizione, hanno solo ottenuto di essere arrestati e sbattuti in galera per decenni. L’Italia non era con loro.

La massima che una volta si attribuiva alla pubblicità, “parlate pure male di me, purché parliate di me”, non è mai stata vera. Neppure in pubblicità. Quando la Fiat lanciò sul mercato una macchina cui venivano attribuiti dei difetti, la “Duna”, l’immediata fama negativa che ne nacque la fece sparire dal mercato. I terroristi non si accorgono che con questo sistema non otterranno niente e la storia li dimenticherà. Il terrorismo è una pubblicità clamorosa e criminale per un prodotto che non si riesce a vendere perché il mercato lo rifiuta.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

24 settembre 2013

 

IL TERRORISMO, PUBBLICITA’ SBAGLIATAultima modifica: 2013-09-25T09:38:15+02:00da gianni.pardo
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6 pensieri su “IL TERRORISMO, PUBBLICITA’ SBAGLIATA

  1. Forse: Negli stati moderni la disparita’ di potenza di fuoco fra chi controlla gli Stati (non necessariamente solo il proprio) e chi vi si oppone e’ spropositata, come pure e’ inaudito il grado di controllo dei cittadini: non e’ che restino altre alternative.Le condizioni del dispotismo dell’attualita’ secondo me non hanno equivalenti nel passato: la tecnica e la burocrazia non sono mai state cosi’ espanse, e non hanno mai privato tanto dell’autonomia fisica gli uomini.Chi compie questi atti fa cio’ che hanno sempre fatto tutti i loro simili: dare l’esempio del capobranco sperando che poi il gregge di pecore segua. E’ sempre stato cosi’ e lo e’ tuttora anche nella nostra politica e informazione. La lotta e’ sempre fra i capibranco (detti anche “classe dirigente”, oggi). Vince chi riesce a trascinare di piu’. Ognuno ha i suoi metodi, che devono essere adeguati al contesto in cui si trova ad agire.Le brigate rosse avevano fatto una scommessa che perdettero solo perche’ nel Partito Comunista di allora vinse la corrente che le vide come nemiche e le isolo’. Ci sono momenti della storia in cui il fiocco di neve si fa valanga.

  2. Alla fine, ognuno si becca il governo che chiede, e quindi si merita.Sul terrorismo sono perfettamente d’accordo.La chiave, in ogni caso, rimane l’appoggio della popolazione. Senza di esso non si fa nulla.Ora grazie ai media apprendiamo che si possono lanciare missili da droni e intercettare chicchessia. Ma se non si vince sull’appoggio del popolo (hearts and minds), non si va da nessuna parte.L’ipertecnologica America, in Viet Nam, non ha salvato il Sud, perche’ i 50mila suoi morti erano meno accettabili del milione di vietnamiti bruciati col napalm.In Iraq i soldati hanno paura ad uscire di pattuglia, perche’ vengono assassinati nei vicoli o fatti saltare con gli IED.In Afghanistan i talebani sono li’, ad aspettare che gli americani si ritirino, e reputo la promessa di Obama, di andarsene comunicando la data, un errore colossale.Lo stesso in Italia. Le BR non hanno fallito per colpa del PCI. Hanno fallito perche’ la loro reazione non era giustificata da un governo altrettanto e piu’ cruento. ED INOLTRE perche’ se la presero non contro il sistema, ma contro gli inermi. ED INOLTRE la borghesiuccia rossa italiana, con la bocca larga e la penna veloce nel firmare la condanna a morte di servitori dello stato come Calabresi, quando s’e’ accorta che i morti morivano sul serio, s’e’ tirata indietro.Ma nessuno si convinse mai che le bombe le aveva messe il ministero degli interni, nessuno credeva veramente che ammazzarsi fosse la soluzione e nessuno voleva avere problemi.Immaginiamo se criminali assassini come i brigatisti avessero vinto.Pol Pot sarebbe passato alla storia come un benefattore.Sto leggendo in queti giorni l’ultimo libro di Pansa. Ma quando nel mio minuscolo piccolo faccio presente che in questo paese abbiamo un gravissimo problema di contatto con la realta’, mi trovo di fronte lo stesso muro di stolidita’ e nichilismo della contessa del libro.CordialmenteG.

  3. “Hanno fallito perche’ la loro reazione non era giustificata da un governo altrettanto e piu’ cruento.!Se avessero vinto, gli storici del futuro avrebbero pero’ detto che e’ perche’ “la reazione del governo fu troppo debole”… 😉 La borghesia italiana e’ piu’ probabile che si sia tirata indietro quando s’avvide che, isolate, non sarebbero state loro a vincere (e chi le avesse appoggiate, o sfruttate, dato che non sempre a godere dei frutti dello scrollamento dell’albero e’ chi lo scrolla). Il contatto con la realta’ di sicuro manca quando si sbaglia il pronostico del vincitore, ma e’ facile a dirsi sempre e solo dopo 😉 Tant’e’ che prima lo dicono tutti, pur riferendosi a realta’ incompatibili. Lo dicevano anche i materialisti storici brigatisti, che se ne assumevano il monopolio. Per l’uomo della strada scegliere fra tanta offerta non e’ semplice.

  4. L’integrita’ purtroppo a volte deve scendere a patti col “tengo famiglia”. Secondo me non e’ biasimevole chi, per atavica esperienza, si piega ad una forza che sa, o prevede, essere schiacciante.Da questa deriva ci possono salvare solo i matti, quelli incapaci, anche volendo, di comportarsi secondo un calcolo di convenienza, e quindi non ricattabili.Peccato che fra gli stessi, sicuramente, ci fossero molti degli adepti delle BR.Quindi, la salvezza e’ resa possibile dalle stesse condizioni che rendono possibile la dannazione.

  5. gli aguzzini dei lager tenevano famiglia.in italia dobbiamo fare solo un ulteriore e finale passo, prima di rilassarci davvero: accettare che siamo una societa’ mafiosa. con rapporti di silenzio, convenienza, convivenza, approvazione, disapprovazione che seguono gli stessi riti e le stesse modalita’ con cui di fronte a qualunque problema, per non fare un torto, si telefona a chi ci e’ superiore e potrebbe causarci gravi danni, per sapere cosa dire e cosa fare. la quale telefonera’, in caso di minimo dubbio al suo, di superiore… eccetera.siamo diventati cosi’.questo provoca il magggior scollamento tra il dire il fare. quello che si dice non conta niente. uno lo dice per dar credito a se stesso. nei fatti e’ come dico io. nessuno e’ piu’ in grado di decidere nulla per nessun motivo.blaterare? tutti.cordialmente.g.

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