LE STREGHE E L’IS

 

 

Le streghe sono citate come casi di persecuzione ingiustificata. Ma l’umanità – che pure buona e gentile non è mai stata – era dunque particolarmente oppressiva e crudele, in quei secoli? Sì e no. Indubbiamente erano tempi più rudi dei nostri, ma le ragioni per processare le streghe non sempre erano infondate. Innanzi tutto a volte commerciavano in veleni; altre volte commettevano esse stesse reati (si parlò perfino di omicidi di bambini); ma soprattutto – ed è ciò che interessa – proclamavano di avere dei poteri a causa dei loro rapporti con Satana. In una società in cui tutti credevano al Diavolo, era praticamente naturale che l’ammissione di una simile alleanza si pagasse con la vita.

Le streghe non potevano evitare questo rischio. Per convincere i clienti a pagare i loro servigi (per esempio, un maleficio mortale) dovevano necessariamente vantarsi di poteri diabolici: non potevano certo rivendicare un rapporto speciale con Santa Chiara. Ma, se processate, ciò corrispondeva anche ad un’ammissione di responsabilità. Una brutta trappola, quand’anche fossero semplici truffatrici. Si ripensa a quei thriller in cui qualcuno si vanta falsamente d’avere ucciso la moglie e poi rischia di essere condannato a morte perché la moglie viene effettivamente trovata morta, uccisa da qualcun altro. È pericoloso vantarsi di un crimine che non si è commesso.

I seguaci dello Stato Islamico credono di guadagnare pubblicità sgozzando pubblicamente innocenti, ed è vero che in un’epoca mediatica come la nostra il terrore può facilmente essere recapitato a domicilio, sugli schermi televisivi: l’effetto emotivo è assicurato. Ma la pratica non è priva di controindicazioni. Se è pericoloso vantarsi di un crimine che non si è commesso, figurarsi quando si è effettivamente colpevoli.

Il terrore è un’ottima arma quando chi lo subisce non ha nessuna possibilità di resistenza. Mentre il monarca assoluto per antonomasia, Luigi XIV, non faceva certo paura ai suoi intimi, Stalin era il massimo specialista, in materia. Incuteva un tale terrore, che quando si sentì male e cadde per terra, poco prima di morire, quelli che gli vivevano accanto sul momento non osarono sollevarlo e metterlo su un letto. Nessuno era sicuro di come avrebbe potuto reagire, riprendendosi. Il terrore internazionale, invece, ha senso soltanto se un Paese è talmente forte che nessuno oserebbe minimamente contrastarlo, neppure se commettesse crimini orrendi e li esibisse. E non è il caso dell’Is.

Il terrore dovrebbe scoraggiare la resistenza, ma può anche avere l’effetto opposto. Se un governo dice ai cittadini che, per ragioni di geopolitica, è opportuno intervenire militarmente in una data regione, molte persone nicchieranno. I motivi sembreranno astratti. Se invece i barbari dell’Is bruciano vivo un pilota giordano, il giorno dopo possono cominciare a subire gravi e incessanti bombardamenti. Infatti il governo di Amman non avrà bisogno di convincere i propri cittadini dell’opportunità di prendere le armi contro l’Is: sarà anzi spinto a farlo dalle indignate manifestazioni di piazza.

Tutto ciò vale persino per l’Italia. Finché si parla di sicurezza nazionale, molti si ricordano del pacifismo della nostra Costituzione, altri sono sempre e comunque contro la guerra, altri ancora enumerano pericoli apocalittici. Il giorno in cui subissimo episodi di barbarie come quelli che abbiamo visto, e l’intero Paese fosse in preda all’orrore e all’indignazione, anche quelli che prima avevano fatto professione di sconfinata mitezza comincerebbero a chiedere fiumi di sangue nemico. Siamo un Paese emotivo.

La riprova dei contraccolpi che può avere la crudeltà gratuita si è avuta con l’Egitto, che forse non aspettava che un buon pretesto, per contrastare l’estremismo islamico di un Paese troppo vicino. E, come nel caso della Giordania, gli aeroplani possono portare a termine le loro missioni (poco spettacolari, ma sicuramente molto più efficaci di ciò che si può fare con un coltello) e tornare alla base senza danni. Segno che gli agitatori di bandiere nere sono poco più che thugs: quelli strangolavano, questi tagliano le gole. Possono impegnare le forze del deliquescente governo irakeno ma, di fronte ad un esercito moderno, opporrebbero una resistenza risibile.

Il sedicente califfo può usare il terrore per fini interni nelle regioni conquistate, ma per il resto la  barbarie è soltanto un errore. Già Tucidide avvertiva che non conviene trattare con crudeltà i vinti, perché ciò indurrà i nemici a preferire alla resa la morte in combattimento. Inoltre, riuscire ad unificare contro di sé anche gruppi che prima erano nemici fra di loro è un gravissimo errore, che dimostra l’incultura di quei fanatici. Persino Nasr Allah, il capo degli Hezbollah libanesi, ha condannato e dichiarato cattivi musulmani i boia libici. Le coalizioni hanno questo, di pericoloso, che spesso vincono per il loro semplice peso.

E al Baghdadi può star certo di non avere più capacità di Napoleone.

Gianni Pardo, pardonuovo@myblog.it

17 febbraio 2015

LE STREGHE E L’ISultima modifica: 2015-02-18T10:10:30+01:00da gianni.pardo
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