L’APPLAUSO È UNA DROGA

Vivo in provincia e la persona più importante che ho conosciuto è stata mio cugino, che è arrivato ad essere Presidente di Sezione della Cassazione. Ma, come si sa, la parentela è un caso. Come se non bastasse, sono un dannato misantropo e. se mai m’avessero proposto (e chi, poi?) di divenire membro del Rotary, avrei detto un risoluto no. Non è che ce l’abbia con quel club, ché anzi c’è gente che farebbe carte false per esservi ammesso: voglio soltanto riconoscere che come esperto di rapporti con uomini di successo non sono un’autorità.
Viceversa ho un amico che ha avuto occasione di conoscere molti personaggi noti in ambito nazionale. Così ho avuto l’idea di porgli la domanda: “I tuoi contatti con queste figure importanti le hanno sminuite, ai tuoi occhi, o te le hanno fatte considerare anche più stimabili di quanto pensino i molti che non le hanno mai incontrate?”
Premetto che non avrei chiesto questo parere al primo che passa. Spesso chi è deluso dal poco che è riuscito a fare nella vita, coglie ogni occasione per dire peste e corna di chi ce l’ha fatta. Invece il mio amico è tutt’altro che un invidioso. Non soltanto anche lui ha fatto molta strada, ma è sereno, benevolo, pronto ad applaudire il prossimo con molta generosità. Dunque ero preparato a credergli qualunque cosa mi avesse scritto. E tuttavia la sua mail mi ha sorpreso:
“Caro Gianni,
 la domanda permette una risposta molto semplice, quando ricordiamo che il termine ‘persona’ deriva dall’etrusco phersu, cioè ‘maschera’. Ebbene, ognuno di loro, senza eccezione, ci teneva a rappresentare, in maggior o minor grado, la ‘persona’ pubblica che era. Ormai quella maschera era lui, in tutto e per tutto, e doveva ‘rappresentarla’. Ogni situazione era per lui una sede opportuna per recitare il suo copione. Questa, in assoluto, è la regola. Per tutti e sempre”.
Francamente, sono rimasto stupito, perché recitare è mentire. Non per caso “ipocrita” in greco significava “attore”. E chi ha bisogno di mentire, se non colui che reputa la menzogna più bella della verità? Il grande uomo di televisione che recita la parte del grande uomo di televisione dinanzi al medico che dovrà curarlo o dinanzi al commercialista che dovrà consigliarlo dimostra qualcosa di inaspettato: non è sicuro di essere all’altezza della sua immagine pubblica. E dal momento che teme di non essere colui che gli altri si aspettano che sia, quel personaggio lo recita.
Non sto affatto dicendo che tutti gli uomini importanti valgano poco ed abbiano bisogno di nascondersi dietro il loro nome. Sto dicendo il contrario. È assolutamente probabile che privatamente essi non siano né migliori né peggiori degli altri, e qualcuno sicuramente sarà largamente superiore alla media. Dunque non avrebbero nessuna ragione di preoccuparsi. Invece commettono l’errore di pensare che ciò che sono non basti ed è questa la ragione per la quale recitano il loro copione, come dice il mio amico. Da un lato il loro narcisismo li spinge a chiedere l’applauso in ogni occasione, dall’altro, temendo che quell’applauso non arrivi, si esibiscono: “Sì, sono proprio quel gigante che avevi immaginato”.
E dire che la realtà è tanto più semplice. Un mio amico lavorava in banca e un giorno pensò di cambiare istituto di credito. Così, in vista della nuova assunzione, ebbe un colloquio con uno psicologo, apprendendo in seguito che quel professionista si era profuso in lodi incredibili, sul suo conto. Tanto che se ne stupiva.
–Ma tu che gli hai detto?
-Io? Niente di speciale. Abbiamo parlato del più e del meno. Non mi ha chiesto niente di speciale e non gli ho detto niente di speciale.
-E non hai capito il perché delle lodi?
Così gli spiegai che chiunque, in questi casi, cerca di fare bella figura. E dimostra così di essere un insicuro. Di voler essere giudicato migliore di quello che è. Mentre lui, essendo assolutamente sé stesso, aveva dimostrato di non aver bisogno di nascondersi. Non si considerava né un asso né un incapace, ma era serenamente convinto di essere sufficientemente qualificato per quel lavoro e dunque, con lo psicologo, parlava del più e del meno. E il professionista, che si aspettava di incontrare un candidato bugiardo, si stupiva di aver trovato un uomo sereno.
A me una volta andò diversamente. Mi lasciai convincere da un amico, spaventato dalla mia spontaneità, a mostrarmi serio, raffinato e colto, e così non fui assunto.
La verità è che nella vita parte favorito chi è convinto di non avere niente da dimostrare. L’applauso è una droga pericolosa.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
18 gennaio 2018

L’APPLAUSO È UNA DROGAultima modifica: 2018-01-18T09:30:18+01:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “L’APPLAUSO È UNA DROGA

  1. Letto il mio articolo l’amico in questione (che ai corrispondenti comuni potrà eventualmente rivolgersi rivelando il proprio nome) mi ha mandato un commento, che reputo interessante e che rimaneggio appena, togliendo i riferimenti personali.
    “Nel film “Gli intoccabili” Al Capone (De Niro) quando sta per essere messo in galera, urla: “Chiacchiere e distintivo! Sei tutto chiacchiere e distintivo!”. Ha perfettamente ragione, non solo riguardo ai poliziotti, ma anche riguardo a tutti coloro che hanno una “carica” ufficiale. Costoro, qualunque veste ufficiale rivestano, prima della propria “persona” fanno parlare il “distintivo”. 
    Ci se ne accorge quando vanno in pensione. Non più coperti dall’usbergo-carapace (meritatissimo, perbacco!) il loro eloquio diventa più sciolto, più leggero, in sostanza più spontaneo, perché quella “carica” li difendeva ma, anche, li appesantiva.
    Certo che l’applauso è una droga. E solo quando è in pensione questo individuo capisce che una buona parte degli applausi era rivolta non a loro, ma al distintivo. Questo, per molti, è una vera e propria morte anticipata, che non immaginavano potesse essere così repentina e dolorosa.
    Niente più carica, niente più applausi, niente più posta al mattino (succede!) niente più telefonate urgenti. Un crollo verticale…”

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