ESOPO DICE LA SUA SU GENTILONI

La favole moderne hanno l’intento di divertire i bambini e proprio per questo le migliori sono quelle dei fratelli Grimm. Mentre la favole di Perrault hanno tracce di moralismo e quelle di Andersen echi di un insuperato dolore, le favole dei due tedeschi – forse perché tratte dai racconti popolari – sono del tutto prive di ideali. Non disdegnano l’orrore, il sadismo, la fantasia per la fantasia e di “morale” c’è soltanto il successo del protagonista. Ma soltanto perché in esso si identificano i piccoli, ed è significativo che non importa se poi costui vince perché migliore moralmente o semplicemente più furbo e più privo di scrupoli. Il bambino è tendenzialmente amorale.
Le favole antiche avevano invece intenti precisamente pedagogici, tanto da essere per la maggior parte “teoremi gnomici”, come li ha definiti qualcuno. Cioè apologhi col preciso scopo di insegnare qualcosa. Forse anche per questo né Esopo né Fedro sono stati grandi artisti, mentre l’unico, grandissimo artista della congrega è Jean de la Fontaine. Occasionalmente moralista, occasionalmente cinico, sempre preoccupato della bellezza.
Proprio pensando alla politica italiana di questi giorni, viene in mente una favola di Esopo. Una volta le rane, stanche dell’anarchia, chiesero un re a Giove. Il padre degli dei rise della richiesta e gettò nello stagno un travicello. Le rane, resesi conto della sua inerzia, coprirono d’insulti il pezzo di legno e chiesero un altro re.
Scrive Esopo: “Allora fu mandato da Giove un orribile serpente acquatico, che fece una grande strage di rane. Invano le misere rane correvano per tutta la palude per evitare la morte con la fuga: poi mandarono di nascosto Mercurio a Giove per aiutare le sfortunate. Ma il re degli dei punì la stoltezza delle rane con parole dure: ‘Poiché non avete voluto sopportare il vostro bene, ora tollerate il vostro male’”.
La favola parte dal pezzo di legno e arriva al serpente ma nulla impedisce il procedimento inverso. Infatti, nel tempo che segue gli eventi dolorosi. gli uomini mostrano di avere appreso la lezione. Se c’è un momento in cui tutti sono disposti a pagare alti prezzi per la pace, è dopo la fine di una guerra. Mentre è soltanto dopo un lungo periodo di pace che i popoli divengono bellicosi. Se Giove avesse inviato prima il serpente, e poi il re Travicello, le rane quest’ultimo lo avrebbero amato.
In Italia abbiamo fatto un’esperienza di questo genere. Per circa mille giorni abbiamo avuto Matteo Renzi: un Primo Ministro clamoroso, eccessivo, sbruffone. Egocentrico, retorico, arrogante ed eccessivamente sicuro di sé. Insomma una sorta di incarnazione dell’eccesso, della hybris greca. Non era sprovvisto di qualità: era eccellente dialettico e grandissimo comunicatore, era energico e aveva coraggio da vendere. Appariva travolgente in ogni senso. Abbatteva avversari e ostacoli come birilli e molti cominciarono a sperare che potesse compiere miracoli. Naturalmente l’impossibile è al di à delle capacità umane (qualcuno dice anche di quelle di Dio) e alla lunga gli eccessi stancano. Così, nel giro di pochi mesi, l’umore delle rane cambiò. Quando l’interessato cominciò a rendersene conto – siamo a metà 2016 – per salvarsi moltiplicò gli interventi e le pressioni, senza capire che così moltiplicava anche i motivi del rigetto. Un rigetto che infatti si manifestò, clamoroso e irrimediabile, col referendum del quattro dicembre.
Il serpente acquatico fu seguito da Paolo Gentiloni, uomo pacato, beneducato e rispettoso di tutti. Un Primo Ministro tutt’altro che invadente e quasi grigio. Non prometteva grandi risultati ma non provocava grandi guasti. Era riposante, insomma, e umanamente amabile. Non fosse altro per il contrasto con il predecessore, cominciò a raccogliere una universale messe di simpatie. Forse perfino esagerate. Esagerate perché un ottimo Primo Ministro non è soltanto un maestro di cerimonie. Deve realizzare grandi e benefici cambiamenti nella vita nazionale, soprattutto quando una nazione, come la nostra, è in crisi da un decennio.
Naturalmente questa non è una critica a Gentiloni. Nelle condizioni date probabilmente nessuno avrebbe potuto far di meglio. Ma il punto è che il solo fatto di non essere Renzi non trasforma nessuno in un gigante della storia.
Oggi invece questo genere di errore è di moda. Un intero partito, il M5s, pensa che, se il direttore della banca scappa con la cassa, il miglior direttore di banca sarebbe un uomo onesto. Come se dirigere una banca fosse l’affare del primo venuto e come se un uomo onesto non potesse provocare in buona fede più danni di un disonesto.
Il problema non è scegliere fra Renzi e Gentiloni. Soltanto se San Gennaro moltiplicasse per due i voti attualmente previsti avremmo il dubbio sulla personalità del Pd cui affidare la premiership. Il problema è l’entità dei danni che Renzi ha provocato al Pd. E dunque la percentuale di voti che il partito otterrà fra meno di due settimane. Naturalmente, se per qualche mese non si riuscirà a costituire un governo, ci terremo volentieri Paolo Gentiloni. Ma senza mitizzarlo.
Francamente, si può essere molto, molto stanchi di mitizzazioni e demonizzazioni. Le dimensioni dei nostri politici non permettono né l’una né l’altra esagerazione.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
21 febbraio 2018

ESOPO DICE LA SUA SU GENTILONIultima modifica: 2018-02-21T11:27:20+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo