ASSOLVERE FINI

Immaginate di non riuscire a far multare dai vigili un vicino che si ostina a parcheggiare la macchina in modo da rendervi praticamente impossibile tirare fuori la vostra dal garage, e che poi un giorno lo vediate condannare a otto mesi di reclusione proprio per avervi disturbato con la sua automobile. Una simile giustizia, con i suoi eccessi di indulgenza e severità, riuscirebbe a lasciare scontenti tutti.
Caligola, prima che un efferato criminale, fu un malato di mente. Soltanto un malato di mente avrebbe potuto dare a un padre e ad un figlio la scelta fra quale far morire dei due e, dopo che i due si erano conteso l’onore di morire per salvare l’altro, farli uccidere tutti e due. Caligola però era un singolo folle che si comportava da tiranno crudele. Come accettare che quasi nello stesso modo si comporti la giustizia di un Paese civile come l’Italia? Attenzione, riguardo a Gianfranco Fini, sono convinto che i magistrati che prima hanno tenuto un certo comportamento, e quelli che, anni dopo, hanno tenuto un comportamento diverso, sono stati tutti ugualmente competenti e in buona fede. Purtroppo, guardando la cosa superficialmente e da lontano, non si può non essere stupiti.
Io ho smesso di avere simpatia per Fini (che non ho mai votato) quando ha cominciato a dare di matto, pur di andare contro Berlusconi. Dico “dare di matto” non perché si comportasse da ingrato (in politica è “lecito” questo e altro) ma perché proprio non vedevo che utilità potesse ricavare dal suo comportamento. Come in seguito si è visto.
Poi il “Giornale” svelò che una nobildonna aveva lasciato in eredità al partito di Fini, e per le finalità del partito stesso, un appartamento a Montecarlo. Fini invece quell’appartamento l’aveva venduto, per un quarto o meno del suo valore, al fratello di sua moglie, Elisabetta Tulliani. Fini negava ogni addebito, i giornali parlavano di “macchina del fango”, i due giornalisti che conducevano l’inchiesta – da me seguita senza mai saltare un articolo – erano giudicati severamente. Ma essi accumulavano prove su prove, fino a sommergere il Presidente della Camera. Ma costui, negando l’evidenza e aggrappandosi alla sua poltrona, rimase in carica fino alla scadenza del mandato.
Nessuno sembrava avesse occhi e orecchie per quelle evidenze. La vicenda finì lo stesso in mano ai giudici ma essi assolsero Fini, probabilmente con motivazioni giuridicamente ineccepibile, che magari non avrebbero trovato se si fosse trattato di Berlusconi. Comunque la carriera di Fini era stata stroncata. Il giudizio che la magistratura non aveva emesso lo emise il popolo italiano. L’ex giovane Gianfranco fu totalmente stroncato alle elezioni e fu come se fosse stato fulminato da un colpo apoplettico. Anzi, come se non fosse mai esistito. Gianfranco chi?
Sono passati anni, e tutto ha cospirato contro l’ex delfino di Giorgio Almirante. L’evidenza dei fatti è stata tale che lo stesso Fini ha dovuto ammettere di avere mentito, di avere sbagliato, di “essere stato un coglione”. Si sono scoperti gli affari poco chiari dei Tulliani, ei loro legami con tale Corallo, “re delle slot machine”, oggi accusato di gravi reati. E, tanti anni dopo, è accusato anche Gianfranco Fini. Tutti parlano di “riciclaggio” ed altri reati, tanto che un giornale esulta in prima pagina, annunciando che l’imputato rischia trent’anni di galera.
Sono notizie che inducono una certa mestizia. Sa Dio quanto sarei stato felice di vedere la stampa libera al fianco di quei due giornalisti, Chiocci e Malpica, quando si battevano da soli e instancabilmente per la verità. Ma l’impegno di tutti sembrava essere quello di tenersi alla larga dalla faccenda. Allora mi sarei contentato di qualche onesto riconoscimento della verità, ma tutto mi era negato; oggi invece, nel momento in cui Gianfranco Fini non è neppure un signor nessuno come me (perché me, almeno, i condomini mi giudicano un galantuomo), lo vedo annichilito, umiliato, trascinato nel fango e processato come un comune malfattore. Questo è francamente troppo.
Devo essere chiaro. Nella faccenda della casa di Montecarlo ero sufficientemente informato per essere sicuro della responsabilità di Fini. Dunque avevo buone ragioni, per essere colpevolista. Invece oggi tendo ad essere innocentista, ma senza avere idee precise né sull’accusa né sulla difesa. Come mai malgrado tutto non riesco ad immaginare Fini colpevole, quanto meno coscientemente colpevole?
Bisogna sapere che le norme penali non sono soltanto i 700 o poco più articoli del Codice Penale. Sono tali anche quelle – contenute in una miriade di leggi – che sono sanzionate penalmente. Dunque, una volta o l’altra, tutti potremmo essere processati per reati che non sapevamo neppure di avere commesso. L’incertezza e il rischio sono ulteriormente aumentati per le persone che esercitano funzioni di comando, o sono pressoché costantemente trattate con ossequio, come avviene ai medici (che hanno da fare con malati spaventati) o ai professori d’università, dotati di un potere assoluto. Costoro arrivano a considerarsi in diritto di fare qualunque cosa. Molti medici firmano certificati falsi a mucchi, molti professori promuovono i raccomandati come niente fosse e gli stessi magistrati, se sfuggono meglio di altri alle tentazioni, è perché la loro competenza in diritto penale li rende acutamente coscienti del pericolo.
La cosa notevole, in questo fenomeno, è che gli interessati sono innocenti come bambini. Una volta un chirurgo amico si arrabbiò con me perché insistevo che mi fosse pagata una traduzione e arrivò a scrivermi che ero sostanzialmente un ingrato. Infatti lui in ospedale “mi aveva operato gratis”. Intendeva che a me non aveva chiesto la mazzetta che chiedeva di solito, per essere operati da lui personalmente. E firmava una lettera che, esibita a un giudice, l’avrebbe fatto condannare per corruzione.E invece io lo assolsi per “infermità mentale, in quanto chirurgo”.
Del resto che cosa c’è di diverso nella recente vicenda di quell’eccellente professionista che, a quanto raccontano i giornali, nominato primario di un reparto di chirurgia vascolare, l’avrebbe chiuso per un giorno, addirittura trasferendo un paio di degenti nel reparto di chirurgia generale, per permettere ai dipendenti di partecipare alla festa per la sua nomina? Un mentecatto? No. Semplicemente un normale primario che considera l’ospedale di sua proprietà e si sente in diritto di fare qualunque cosa. Dopo il clamore suscitato, questo chirurgo si è vista togliere la nomina e forse subirà un processo, ma io l‘assolverei per “infermità mentale, in quanto primario”.
Fini è stato un enfant prodige della politica, fino ad incantare, letteralmente, un uomo intelligente come Giorgio Almirante. È stato per anni ed anni il padrone assoluto di Alleanza Nazionale. È stato Presidente della Camera. Se avesse saputo attendere, sarebbe stato il successore di Berlusconi. Come non pensare che le sue imprudenze siano derivate dal sentimento di onnipotenza che gli dava la sua importanza? Forse dal punto di vista giudiziario è colpevole, ma io l’assolverei per “totale infermità di mente, in quanto uomo di straordinario successo”.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
17 luglio 2018

ASSOLVERE FINIultima modifica: 2018-07-17T15:37:20+02:00da gianni.pardo
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6 pensieri su “ASSOLVERE FINI

  1. Mi permetta professore. Lei scrive post sempre molto interessanti ma temo che uno dei Suoi “difetti” (pregasi tener conto le virgolette) sia che Lei nelle Sue analisi pecca della sindrome del Rasoio di Occam, ossia la mancanza di totale senso del retroscenismo, che Lei probabilmente vedrebbe come complottistico.
    Io resto dell’idea che a Fini siano state promesse delle cose per poi, una volta ottenuto lo scopo (cioè far fuori Berlusconi) abbandonarlo al suo destino.
    Resto cioè convinto che cose come la Sindrome del Numero Due siano sostanzialmente bugie (non Sue) che ci raccontiamo per non dover ammettere realtà molto più dolorose.
    Come, per esempio, che questo paese sia sostanzialmente commissariato dalla magistratura e che, pertanto, Fini abbia semplicemente fatto parte di un complotto per rovesciare Berlusconi.
    Del resto, che Fini fosse a conoscenza di attacchi all’orizzonte contro Berlusconi, ne parla anche Laboccetta, che era un suo sodale.
    O ha mentito Laboccetta (chi può escluderlo) o la Sua analisi è affetta dalla Sindrome del Rasoio di Occam.

  2. Caro Marino,
    Lei scrive cose interessanti, cui rispondo con argomenti opinabili.
    Riconosco che non tendo a non credere ai complotti, ai retroscena, ecc. Per alcune ragioni. In primo luogo perché, per temperamento, sono disgustato dall’idea di agire nell’ombra, di mentire, di dissimulare. In secondo luogo perché, trattandosi di tesi indimostrate, potrebbe trattarsi di semplici perdite di tempo. In terzo luogo e soprattutto, come Lei ha perfettamente capito, perché sono un adepto del Rasoio di Occam. Le spiegazioni più semplici, salvo smentita, sono probabilmente quelle vere.
    Nel caso particolare, l’ipotesi del complotto è in conflitto con l’idea, molto diffu-sa, che Fini sia una persona intelligente. Come sarebbe possibile allora che, men-tre io – che non sono nessuno e non faccio politica – non ho visto sbocco, nel progetto di Fini, lui ci abbia potuto credere? Come avrebbe potuto credere che una sinistra che, dal 1944, non fa che sputare sul fascismo, avrebbe fatto spazio al capo di un partito postfascista, una volta ottenuto lo scopo di far fuori Berlusco-ni? Non riesco ad immaginarlo tanto sciocco. Che potesse attrarre truppe sparpa-gliate e deluse, come effettivamente tentò di fare, era concepibile: ma io ero con-vinto che non sarebbe andato da nessuna parte. Magari non immaginavo la scon-fitta totale ed umiliante che ebbe, ma che la sconfitta fosse nelle previsioni, per me era indubitabile.
    La vicenda di Fini in fondo non l’ho capita. Ma seguo il principio generale per cui, ogni volta che veramente non capisco il comportamento di qualcuno, devo dedurne che non è del tutto sano di mente. Chi è sano di mente è sempre com-prensibile e costante. Possiamo disapprovarlo, ma sappiamo chi è e che cosa probabilmente farà. Ecco perché. Parlando di Fini, ho espresso la mia opinione con l’espressione “dare i numeri”.

  3. In merito ai suoi perché, stavolta rispondo col rasoio di Occam 🙂
    Le mie ipotesi sono queste.
    1) Fini sapeva di avere quello che noi a Napoli appelliamo come “Mariuolo in corpo” e dunque che fosse ricattabile. Di conseguenza, sapeva benissimo che se non avesse tramato contro Berlusconi, sarebbe stato lui stesso travolto dalle medesime grane giudiziarie.
    Tengano presenti i lettori di questo blog (non Lei che ha già mostrato di tenerlo presente) che il reato di cui è accusato Fini è *GRAVISSIMO*, non una sventatezza qualsiasi. Pertanto, è facilmente intuibile che Fini non avesse scelta e anzi (qui ripongo nuovamente nel cassetto il rasoio di Occam e ritorno nel retroscenismo) che anche la creazione velleitaria di Futuro e Libertà, abbia coinciso con un sostanziale giuoco delle parti che casualmente ha visto l’appoggio anche di parte di quel giornalismo giudiziario che tante spine nel fianco ha causato al Cavaliere.
    2) Fini forse ad un certo punto ha creduto di avere davvero a che fare con un delinquente e che la magistratura fosse, sostanzialmente, ben intenzionata. Non dimentichi (ma so bene che non lo dimentica) che il garantismo non è affatto un valore di destra. Esso nasce negli anni in cui la sinistra qualificava i giudici come “sepolcri imbiancati”, contrapposta ad una destra che, al contrario, parlava di legalità e di giustizia. E’ possibile dunque che non abbia visto il disegno che vi era dietro il complotto contro Berlusconi e che lui davvero pensasse che la magistratura lo avrebbe lasciato fare.

    Capisco il suo disgusto. Ma Lei sa per primo che la politica è, purtroppo, il regno dei complotti e dei tradimenti, peraltro perfettamente leciti e giustificati quando si persegue uno scopo.

    In questo caso, mi passi la battutaccia, le trame del delfino di Almirante si sono risolte nella più classica… eterogenesi di Fini.
    Dopo questa freddura, capirei un Suo ban.

  4. Mi scusi, ma secondo il Devoto–Oli coincidere si coniuga con l’ausiliario “avere”. A meno che io non abbia capito a che cosa si riferisce.

    E comunque, sarei felice, se questo fosse il genere di errori che si sentono in giro.

  5. Fini e Berlusconi iniziarono a litigare sulla riforma della giustizia voluta da Berlusconi. Una riforma che non era condivisa dalla maggioranza degli ex di AN a cominciare da Giulia Bongiorno che all’epoca presiedeva la commissione parlamentare competente che doveva licenziare il testo per la votazione in aula. Poi le cose degenerarono quando giornali e trasmissioni televisive del Cavaliere, tra cui Striscia la notizia, presero di mira la moglie Elisabetta per i suoi trascorsi con Gaucci. Lo stesso Fini lo rinfacciò a Berlusconi nella famosa assemblea del ” che fai mi cacci ?”. Possibile che nessuno lo ricordi ? https://www.youtube.com/watch?v=EZKXIYio26Q&t=200s ( dal min. 1,50 )

    Umberto Silva lo ricorda in questo divertente articolo .

    Le complicazioni amorose di un divorzio politico sul sofà dell’analista

    Me ne sto a Ventotene, seduto al bar di un’incantevole piazzetta. Una fanciulla con un nastro rosso tra i capelli canta la “Historia de un amor”; due giovanotti l’accompagnano con la chitarra. Sorseggiando il martini sfoglio i giornali. A Giuliano Ferrara Gianfranco Fini promette di stare tranquillo, ma qualcosa dice che il suo odio è irrimediabile. Il Cavaliere l’ha capito e ha deciso di liberarsene. Da qualche minuto l’ho capito anch’io. Es la historia de un amor/como no hay otro igual, canta ispirata la fanciulla dal nastro rosso. Tutto d’un tratto mi pare d’intendere l’istante preciso in cui Gianfranco Fini decise in cuor suo di uccidere Silvio Berlusconi. Da tempo Fini aveva abbandonato il suo primo dio, il Duce, chiamandolo “male assoluto”, e già si mostrava deluso del suo secondo nume tutelare, quando accadde il fattaccio.
    La ragazza del presidente della Camera fu sbeffeggiata dalle tivù e dai giornali del Cav., tutti gli italiani ne risero. “Principessa del foro” fu apostrofata dai beffardi corsari dell’impero Mediaset, e a nulla valsero le pronte scuse del Cavaliere, che risuonarono nei timpani del cofondatore come ulteriori sghignazzi. Fini giurò vendetta. Un giuramento che solennemente ripeté quando la graziosa signora dagli occhi innamorati divenne madre dei suoi figli. Altro che una battaglia sui clandestini e la bioetica, allora, e sulla P3 e panzane varie ora; amore oso pensare sia la posta, con i suoi fidi scudieri pronti all’arme: onore e morte. “Meglio rischiare di finire dimenticato come un Rutelli o un Follini – in tutto questo tempo ha rimuginato il presidente della Camera – piuttosto che regnare impietrito accanto a colui che in un modo o nell’altro, per una responsabilità oggettiva e tribale, per il suo maledetto conflitto d’interessi assecondato da una macha indolenza, ha permesso che la mia nuova vita nascesse nel generale ludibrio”. Berlusconi è diventato a sua volta “il male assoluto”, in quanto tale reo di ogni delitto possibile e immaginabile …….
    https://www.ilfoglio.it/articoli/2010/07/30/news/le-complicazioni-amorose-di-un-divorzio-politico-sul-sofa-dellanalista-68100/

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