LA REALTA’ NON CAMBIA CON I GOVERNI

Un articolo di Sabino Cassese, sul “Corriere della Sera” (1), segnala la straordinaria fame di posti di governo e sottogoverno dell’attuale maggioranza. Il fenomeno va molto oltre l’abituale “spoil system”, cioè il cambio del personale conseguente al cambio dell’esecutivo. In particolare l’editorialista fa notare che mandare a casa quei funzionari la cui qualità essenziale ed istituzionale era quella di essere “indipendenti”, per sostituirli con personaggi più fedeli agli attuali capi, è cosa pericolosa sia per la democrazia, sia per il funzionamento stesso delle istituzioni. E Cassese ricorda con scandalo che sia stato costretto alle dimissioni il Presidente della Consob, la cui nomina era stata approvata dal precedente governo ed anche dalla Corte dei Conti e dal Presidente della Repubblica. La sbrigativa accusa è stata quella di essere un “servitore della finanza internazionale”. Una motivazione che ricorda tristemente “Tribunali del Popolo” non molto sensibili ai diritti del singolo cittadino.
Ma, volendo essere generosi – una generosità che molti troveranno più che azzardata – si potrebbe ipotizzare che questa “fame di posti” sia in realtà “fame di rinnovamento”: dal momento che i precedenti governi e le precedenti maggioranze non hanno saputo salvare l’Italia dalla crisi economica, è necessaria una rivoluzione. Dunque un totale ricambio della classe dirigente. Purtroppo neanche questa benevola versione esenta quelle iniziative da serie critiche.
L’illustre politologo Alexis de Tocqueville ha scritto un libro, “L’Ancien Régime et la Révolution”, proprio per dimostrare che neanche quell’epocale avvenimento ha realmente cambiato la nazione. Nella sostanza la Francia è rimasta più simile a sé stessa di quanto si sarebbe potuto pensare. Gli Stati si evolvono, è vero, ma “natura non facit saltus”. Ci vuole tempo e le brutalità non sempre sono lo strumento adatto: Mao l’idealista, a suo tempo osannato anche in Occidente, perfino da dementi illustri come Jean-Paul Sartre, ha fatto morire di fame decine di milioni di cinesi. Ciò significa che, anche in momenti meno drammatici, pensare di sostituire un personale esperto e competente con personaggi nuovi, se pure fedeli alla “rivoluzione” e pieni di entusiasmo, non è una buona ricetta.
Per spiegare l’errore che può spingere a queste fughe sconsiderate in avanti, bisogna risalire alla “ratio” delle norme. Quando gli uomini si danno delle leggi, è perché pensano che siano utili. Poi, nella speranza di indurre i destinatari ad essere obbedienti, le ammantano di morale. Operazione facile, del resto, perché gli uomini considerano “sacro” tutto ciò che richiede la loro obbedienza. Ma questa qualità astratta delle leggi, mentre contribuisce ad assicurarne l’applicazione, ne vela la razionalità.
Facciamo un esempio concreto. Se una strada è troppo stretta per il traffico che vi si riversa, il comune impone il senso unico. L’utilità della norma è evidente. Purtroppo essa richiede di essere obbedita anche alle tre di notte, quando quella strada è fin troppo larga, per il traffico che c’è. Sicché chi le obbedisce lo fa o per dovere morale o per paura di un improbabile incontro con la polizia; non certo perché la norma gli appaia opportuna. Questo fenomeno finisce con lo sganciare la norma dalla sua utilità, e così molti ingenui (si pensi al famoso “Sessantotto”) arrivano a credere che si possano violare le leggi ché, tanto, esse sono inutili, nocive, e stabilite soltanto per l’utilità dei governanti. Fino a “gettare il bambino insieme con l’acqua sporca”.
I Cinque Stelle hanno proprio questo atteggiamento. O per fame di posti, o per volontà di rinnovamento, si privano di alcuni competenti e danno retta a mestatori (anche accademici) che ridicolizzano le leggi dell’economia, dei mercati, e dell’Unione Europea. E troppi cedono all’illusione infantile di reputare tutte le norme espressione di pregiudizi o, peggio, degli interessi della classe dominante. È vero, a volte lo sono ed è necessario cambiare qualcosa: ma pensare che sia “tutto” sbagliato, “tutto” da rifare, e che proprio i Cinque Stelle siano capaci di operare questo miracolo, non può produrre che guai.
Purtroppo, cosa triste, a questo programma tiene il sacco anche la Lega che, pur avendo la sua base nel Nord produttivo, sembra aver dimenticato che le norme dell’economia derivano dall’Essere, non dal Dover Essere. E che le dimensioni delle strade non cambiano con i diversi governi.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

17 settembre 2018
1) https://www.corriere.it/cultura/18_settembre_16/nomine-ambigue-invasioni-campo-governo-7f02628e-b9e9-11e8-a205-6445d272b52d.shtml

LA REALTA’ NON CAMBIA CON I GOVERNIultima modifica: 2018-09-17T14:58:30+02:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “LA REALTA’ NON CAMBIA CON I GOVERNI

  1. Beh! non credo che il problema sia stato affrontato. Lo spoil system dovrebbe essere considerato cosa virtuosa: non e’ necessario allonanare tutti, ma rivalutare con i termini di paragone delle nuove idee politiche i titoli di tutti, non privandosi anche della possibilita’ di riconfermare qualcuno.

    Persino in Vaticano (ha delle istituzioni che FUNZIONANO), quando muore un Papa tutti gli incariche da esso assegnati decadono.

I commenti sono chiusi.