BRIDGE ED ECONOMIA

Il bridge – di gran lunga il più bello dei giochi di carte – oltre che un divertimento è una palestra per la logica e il buon senso. La fase iniziale è una sorta di asta in cui chi non osa perde, e chi osa appena un po’ più del giusto, perde pure lui . Ed anche più rovinosamente. Comunque, poiché si gioca a coppie, ognuno subisce le conseguenze della timidezza o dell’audacia del compagno.
Questo ha fatto sorgere il problema di come frenarne l’azzardo, e qui interviene il consiglio di un noto “lifemaster” (maestro di bridge), Pierre Albarran. Se si ha un compagno che tende all’audacia, l’unico modo per frenarlo è essere più audaci di lui. Soltanto così si accorgerà delle conseguenze di quel comportamento. Se invece, spaventati, cerchiamo di frenarlo essendo più prudenti del solito, con ciò gli daremo più spazio di manovra e dunque un motivo per azzardare anche di più.
Il principio può essere considerato generale. Se si ha una cassa in comune con qualcuno e costui è uno spendaccione, se ci si comporta in modo da fare economia, lui avrà l’impressione di avere più denaro di prima, e continuerà a scialacquare. La soluzione è spendere molto anche noi, perché presto il nostro compagno sbatta il muso e metta la testa a posto.
Purtroppo, questi comportamenti non sono facili. Il bridge è un gioco e si rischia soltanto di passare per imbecilli, nella realtà invece spesso il partner è persona cui vogliamo bene, e dunque il primo, forte istinto è quello di frenarlo sulla via dell’errore. In particolare, quando le persone coinvolte sono milioni e i danni che si potrebbero provocare sono immensi, si comprende che l’uomo responsabile non assuma a cuor leggero la posizione di chi dice: “È bene che tu assaggi il risultato di ciò che intendi fare”. In realtà ci si sgola, come Charles De Gaulle fra le due guerre, a indicare la soluzione giusta: in quel caso, la necessità di un esercito moderno, di movimento piuttosto che di trincea, non ottenendo altro che di essere considerato un seccatore. E infatti De Gaulle non fu ascoltato in Francia, ma in Germania, in particolare da Heinz Guderian. Quello che poi rise della Linea Maginot.
È uno stato d’animo tremendo, quello di chi non può salvare chi si mette in pericolo. E non è facile contribuire al disastro, sperando che così non si verifichi. Perché nulla rende sicura la frenata all’ultimo momento. Come può un padre sovvenzionare generosamente il consumo di eroina del figlio, in attesa che si accorga delle conseguenze del suo vizio, se queste conseguenze possono essere la malattia, il decadimento fisico e persino la morte? E come può un singolo lemming (stando alla leggenda) frenare l’intera tribù mentre corre verso l’abisso? Rischia soltanto di essere calpestato dalla folla in corsa, senza nemmeno ritardare il momento del massacro generale.
Tristi considerazioni, che ben si attagliano al momento economico attuale. L’Italia vive da anni in bilico, col rischio di cadere nel burrone del default, e ci sono tanti che incoraggiano a fare l’ultimo passo, convinti che quel tragico scoscendimento sia soltanto un’illusione ottica. E tutto questo mentre un singolo dalla faccia di contabile sfortunato come Giovanni Tria sbarra la strada col suo corpicino e i suoi occhiali scivolati sul naso.
In questo si vede a che punto siamo “zoon politikòn”, animali sociali: in fondo, chi glielo fa fare, a Tria, di salvare i suoi connazionali? Certo non può sperare neanche in un applauso, dal momento che la maggioranza – ovviamente composta in prevalenza da dementi – è più pronta ad applaudire le follie dei demagoghi che gli astrusi ragionamenti degli economisti. È l’istinto di salvare i propri cari anche quando essi tendono a collaborare con il loro nemico.
Forse gli italiani, quelli che al 60% sostengono ancora oggi l’attuale governo e i suoi piani disastrosi, meriterebbero che Tria dicesse che lui non ha nessun personale motivo per frenare il loro ottimismo e la loro voglia di realizzare le promesse elettorali. Ché anzi, per non intralciarli, si farà da parte. E dal momento che ha un certo gruzzolo in banca, si toglierà di mezzo andando a passare gli ultimi anni della sua vita alle Bahamas. Del resto, il suo inglese (cosa rara) è fluente, e non avrà nessuna difficoltà ad ambientarsi.
Purtroppo i figli spensierati spesso hanno genitori responsabili che gli tolgono le pietre dal sentiero, li difendono dai nemici, li nutrono e li proteggono. Fino a far credere loro che i pericoli non esistano e le torte di mele crescano sugli alberi. Ma tutto ciò non impedisce ai figli di andare a sbattere il naso. Sia perché i genitori non ci sono per sempre, sia perché, quando più le cose sembrano a torto facili, tanto più ci si deresponsabilizza. Si finisce col pensare che tutto non possa che andar bene, esattamente come il bridgista novizio e scervellato, che dichiara cinque fiori quando forse, giocando bene, se ne potrebbe permettere tre.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
20 settembre 2018

BRIDGE ED ECONOMIAultima modifica: 2018-09-20T10:57:09+02:00da gianni.pardo
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2 pensieri su “BRIDGE ED ECONOMIA

  1. Pero’ con cinque fiori si puo’ chiudere la manche, mentre con tre fiori non si fa molto.
    Ma qui mi sa che si gioca a “senza”…. e forse ci sarebbe da “contrare”.

  2. Gentile professore, ci salveremo dall’imbecillità dei cinque stelle solo se la Lega avrà il fiuto, e il cinismo, di sfilarsi prima della catastrofe. Il livello della delirante demagogia di Di Maio è ormai al limite del paradossale. Oggi lo sentivo affermare con sicumera che “un governo serio i soldi li trova”. E che in ogni caso “il 2 per cento del deficit non può essere un tabù”. Che è come dire che gli altri non erano seri perchè manchevoli del “coraggio” di indebitarsi ancora di più.
    Purtroppo, però, provo la sgradevole di sentirmi il lemming di cui parlava anche lei. Perchè non veggo alcuna reazione di incredulità o di stupore alle parole di questo figuro, neanche nella cerchia delle persone a me vicine. E questo mi fa pensare che, evidentemente, la droga è entrata cosi prepontemente in circolo nel sistema da non consentire più di percepire la realtà.
    Speriamo bene, professore. Speriamo bene.

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