LA POLITICA ITALIANA COME UN WESTERN

Uno dei motivi per i quali i film western hanno avuto un successo durato almeno un secolo è la semplicità del loro schema. Non si discute di problemi astratti: ci si batte per il denaro, per il potere, per sopravvivere. La trama prevede il più delle volte lo scontro fra due violenze, quella dei cattivi e quella dei buoni. Ma i buoni hanno la giustificazione morale della legittima difesa, e dunque il loro trionfo, con la morte del principale cattivo, è accolto con sollievo. In fondo è ciò che si aspettava sin dall’inizio.
La tensione è spesso accentuata dal fatto che tutto il film è congegnato in modo da rendere probabile la vittoria dei cattivi. così lo spettatore – pur avvertito da centinaia di esperienze precedenti – quasi dubita della prevalenza del bene. Come esempi si possono citare “Mezzogiorno di fuoco” e “Quel treno per Yuma”. Addirittura c’è un caso in cui la soluzione positiva, per il “buono”, è impossibile, trattandosi di un uomo pacifico e poco uso alle armi, come James Stewart, che dovrebbe affrontare un Lee Marvin truce e temibile come non mai. E se infatti alla fine Stewart vince, con grande sorpresa di tutti, è perché, al suo posto, nascosto e in segreto, ha sparato in realtà John Wayne. Talmente il “happy ending” è un “must”, nel western.
E tuttavia esiste anche il caso che il protagonista, pur vincendo, muore. Nel film “Il Pistolero”, un John Wayne anziano e condannato dal cancro nella realtà, interpreta sullo schermo proprio un pistolero malato per morire, esattamente come lui. E se alla fine soccombe nella sparatoria, è perché il regista ha offerto al vecchio mito del western una morte più epica di quella che ebbe nel suo letto.
Queste considerazioni nascono nello stato d’animo di chi assiste da anni alla politica italiana. Anche qui si è accumulata un’enorme tensione, senza che ci sia stato lo show down. Sono anni che aumenta il debito pubblico, rischiando di esplodere, e non è esploso. Sono anni che aumenta la contestazione dell’Unione Europea, dell’euro e dell’establishment, e ancora nessuno ha vinto. Infine abbiamo visto un partito, il Movimento 5 Stelle, dedito prima alle più insensate mattane verbali e poi – vittorioso nelle urne – intenzionato a metterle in pratica. Per vedere l’effetto che fanno. Così alla fine la voglia di sapere se vinceranno i buoni o i cattivi o – quanto meno – di vedere come andrà in concreto, è diventata spasmodica.
Del resto tutto ciò è conforme ai film western. Se, prima della sfida finale, il cattivo dicesse: “Ma, dopo tutto, perché dobbiamo ammazzarci? Riconosco di avere esagerato. Vi chiedo scusa, vi indennizzo, me ne vado”, il pubblico sarebbe molto deluso. Lo spettacolo di vedere il cattivo che sale sulla stage coach, la famosa diligenza con il tiro a quattro, non vale certo quello di vederlo steso, stecchito, sulla merda di cavallo, in Main Street. E questo avendo fatto lo sbruffone fino ad un minuto prima. Nello stesso modo – fedeli al copione classico – i pentastellati, e in primis l’ineffabile Luigi Di Maio, anche a pochi minuti dalla sparatoria finale continuano a pavoneggiarsi con le loro pistole e promettono sfracelli a chi oserà resistergli. Mentre il “buono”, il ministro Tria, ha l’aria mite della vittima designata. Ma, attenzione, tutti sappiamo che non per questo è inerme. Ché anzi, in questo caso, contrariamente a ciò che avviene nei western, non si vede come possa perdere.. Infatti è come se dal fondo della strada stesse per arrivare il Settimo Cavalleggeri (l’Unione Europea, i mercati e l’intera economia del Continente) per sostenere o vendicare selvaggiamente il proprio campione.
Un film appassionante, non c’è dubbio. E infatti il principale motivo d’angoscia non è che vinca il cattivo – c’è una grandezza, nella sconfitta del buono, si pensi alla morte di Ettore – ma che si arrivi ad un accordo al ribasso, un compromesso che non è onorevole per nessuno, un Otto Settembre dell’economia. Parafrasando Churchill, allora potremmo dire che ci era stata offerta la scelta fra la guerra e il disonore, abbiamo scelto il disonore e avremo anche la guerra.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
24 settembre 2018

LA POLITICA ITALIANA COME UN WESTERNultima modifica: 2018-09-24T09:31:03+02:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “LA POLITICA ITALIANA COME UN WESTERN

  1. 8 settembre…
    8 settembre…
    Mi ricorda qualcosa…
    Ah, sì, l’esaltazione che ne ha fatto Conte come “momento di rinascita per l’Italia”!
    Che uomo! Che tempra!

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