DE CROCODILIS

Trump avrebbe suggerito di fortificare il confine tra Messico e Stati Uniti con un fossato d’acqua pieno di coccodrilli. Lo scrive il New York Times, citando fonti della Casa Bianca”.
Se Trump querelasse il Nyt ed io fossi il giudice incaricato di emettere la sentenza, ne emetterei una tanto severa da fare il pelo e il contropelo al giornale nuovayorkese. Fino a togliergli il vizio di straparlare. Non in difesa di Trump, ma in difesa della deontologia giornalistica, della verità, e del rispetto del prossimo.
Per giunta la notizia di Gramellini per me è incompleta: io avevo letto altrove che si trattava di coccodrilli e serpenti velenosi. Il New York Times è il più importante giornale statunitense. Domanda: quanta gente farebbe caso al condizionale di Gramellini (“avrebbe suggerito”) e non lo interpreterebbe come “Trump vuole”? Non bastasse, il giornale indica come fonte (innominata, ma ovviamente autorevole, un giornale autorevole si fida soltanto di fonti autorevoli) qualcuno che lavora alla Casa Bianca e che, verosimilmente, quella proposta l’ha sentita con le sue orecchie. A questo punto, quanto vale la smentita di Trump? Zero, ovviamente. E da questo la mia condanna pesante.
Ma la notizia è anche evidentemente falsa e un giornale non serissimo, e nemmeno serio, ma non inferiore a un giornaletto scolastico di Terza Media, non dovrebbe per questo pubblicarla. La frontiera fra gli Stati Uniti e il Messimo è lunga 3.200 chilometri, cioè 3,200.000 metri. A un coccodrillo ogni dieci metri, bisognerebbe trovare 320.000 coccodrilli, impacchettarli e spostarli su quella frontiera. E già mi chiedo se sul pianeta Terra ci siano, con l’attuale antropizzazione, trecentoventimila coccodrilli. Ma, anche a trovarli, trasportarli negli Stati Uniti non sarebbe un’impresa da niente.
Ma c’è di più. I coccodrilli sono animali acquatici e la frontiera non è piatta come il mare. Come si farebbe dunque a far stare l’acqua sui rilievi? Forse bisognerebbe fare una vasca ogni dieci metri, alimentarla in acqua, depurarla, fare i necessari rabbocchi, ecc. E poi, se nella vasca si mettono i serpenti velenosi, chi dice che quei poveri ofidi non anneghino? O non muoiano di fame? O non siano divorati dai coccodrilli? Bisognerebbe insegnargli a convivere pacificamente. E soprattutto bisognerebbe reclutare un esercito di veterinari (la buona salute di 320.000 coccodrilli non è garantita) e bisognerebbe anche provvedere ai loro accoppiamenti. Dei coccodrilli, non dei veterinari. Ma già, questo è il meno, rispetto al problema del caldo o del freddo. Non è che i coccodrilli possano vivere a qualunque temperatura, se no ci sarebbero anche nell’Artico. Dunque quell’acqua andrebbe riscaldata o raffreddata, secondo i bisogni del rettile. E, per le femmine, bisognerebbe provvedere anche ad un entroterra, accanto alla vasca, in cui andare a fare il nido e deporre le uova. E poi bisognerebbe difendere i coccodrilli appena nati dai serpenti velenosi sopravvissuti.
Ma non basta. Certo, se gli emigranti accorressero in folla a buttarsi nelle vasche dei coccodrilli, il problema della loro alimentazione sarebbe risolto. Ma se non lo facessero? Quanta carne bisognerebbe acquistare e distribuire, per nutrire quell’esercito di mostri affamati? Trecentoventimila coccodrilli mica si accontentato di uno spiedino di pollo. E quanto personale bisognerebbe assumere? Forse non basterebbero nemmeno tutti gli imbecilli che hanno preso sul serio la notizia, approfittandone per ridere di Trump.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

3 ottobre 2019
(1)https://www.corriere.it/caffe-gramellini/19_ottobre_03/crocodile-trump-793cf7ba-e549-11e9-b924-6943fd13a6fb.shtml

DE CROCODILISultima modifica: 2019-10-03T14:14:02+02:00da gianni.pardo
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