GIUSEPPE CONTE E MACHIAVELLI

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per me è uno strazio. Uso la parola nel suo senso etimologico: straziare significa tirare in senso opposto fino a far soffrire molto. E dunque torturare. Del resto è la stessa etimologia di stracciare. Conte mi tira in due direzioni opposte che mi fanno stare ben peggio che a disagio: quasi sdoppiato in due persone.
Ammetto di non avere una grande stima di quest’uomo ma, contrariamente a ciò che si potrebbe da prima pensare, oggi non intendo né giudicarlo né, ancor meno, insultarlo. Ché anzi molti dei suoi difetti, osservati da un altro punto di vista, sono grandi qualità.
Conte mi sembra un uomo senza spina dorsale, senza serie convinzioni, senza scrupoli. Senza problemi di coerenza, di dignità o di moralità. È del tutto indifferente alla verità, e dunque serenamente bugiardo fino al lirismo della menzogna. È il perfetto “animale politico” di cui per primo Niccolò Machiavelli ha avuto il coraggio di fare il ritratto esauriente. Un uomo perfettamente adattato, come una macchina da guerra, all’azione che vuole intraprendere. E per questo ogni osservatore neutrale dovrebbe ammirare. Come ho sempre tentato anch’io di fare.
Se Conte non avesse capacità di affabulazione, di dissimulazione, di astuzia – se non fosse la “volpe” di cui parlava Machiavelli – non sarebbe mai riuscito, partendo dal niente e non essendo nessuno, a farsi prendere sul serio come Presidente del Consiglio. Per questo bisogna fargli tanto di cappello. Non si può dimenticare che quella carica gli si è stata attribuita come in un teatrino di provincia si affida ad un mediocre attore una spada di latta. Lui invece l’ha usata come fosse d’acciaio di Toledo, senza temere le irrisioni del loggione. Tanto spesso ha detto: “Ho deciso questo”, “Ho deciso quello”, “Si farà così” , “Si farà cosà”. che alla fine gli italiani hanno dimenticato di fischiare questo miles gloriosus che in guerra non c’è mai stato e ne parla come se l’avesse vinta single handed, da solo.
Conte da due anni è riuscito a non essere annichilito dalla risata omerica che avrebbe meritato. Oggi, addirittura, i commentatori discutono del ruolo che potrebbe avere se cambiasse il quadro politico. E tutti quelli che sto descrivendo sono autentici miracoli. Al punto che oggi non mi stupirei se l’omino venuto dalla Puglia sostenesse di aver guarito dei ciechi nati e di aver camminato sull’acqua.
Il Presidente del Consiglio è l’uomo che dovrei ammirare di più dopo De Gaulle. Anche De Gaulle, da condannato a morte del governo Pétain, partì da solo e senza appoggi per intraprendere un’impresa folle. Si proponeva, nientemeno, di riscattare l’onore del suo Paese sconfitto. Voleva riconquistare la libertà della sua patria, collaborare alla sconfitta di un nemico che era parso invincibile e infine ricollocare la Francia al suo posto di grande potenza. Vaste programme, ma proprio nel suo caso realizzato.
Purtroppo, mentre l’ammirazione per De Gaulle rimane un punto fermo nelle mie nozioni di storia, Conte mi fa soffrire perché la stima machiavellica che mi impone di tributargli è in stridente contrasto con tutto ciò che amo: la lealtà, il rispetto per la verità, la modestia, la capacità di amicizia. La fedeltà ai propri ideali, la magnanimità, il disinteresse e, in una parola la grandezza.
La grandezza è un elemento da tenere presente, quando si parla di storia. Machiavelli aveva ragione di ammirare il Duca Valentino, perché, nel suo piccolo, quel signorotto era stato capace di imprese e crimini addirittura spettacolari. Se avesse avuto più fortuna, chissà che non avrebbe riunificato l’Italia sotto la sua tirannide, per trasformarla poi in una decente monarchia. Ma un grande uomo ucciderà un rivale soltanto per conquistare un impero, non per divenire assessore in un Comune. In Conte invece traspare un tale disinvolto opportunismo da svalutare perfino la sua ambizione. Si direbbe che per lui i trenta denari siano anche trattabili. Gli impegni assunti non contano. È un uomo capace di dirsi oggi guelfo e domani ghibellino, sostenendo per giunta di esserlo sempre stato.
Giuseppe Conte mi mette di fronte ad una contraddizione fra mente e cuore del tutto insolita per me. Con la mente devo dargli ragione e dovrei perfino ammirarlo. Col cuore ciò mi risulta del tutto impossibile. Tanto che sono costretto ad aggiustare il mio personale machiavellismo: apprezzo l’uomo politico delineato dal grande Niccolò, ma niente e nessuno potrà mai costringermi ad amarlo.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com
29 gennaio 2020

GIUSEPPE CONTE E MACHIAVELLIultima modifica: 2020-01-29T07:57:17+01:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “GIUSEPPE CONTE E MACHIAVELLI

  1. Prof. giorni fà parlavo con un amico propio di questo, cuore e cervello, il secondo è sede dell’intelletto,della razionalità, cultura e tutto ciò che è afferente ad esso. ” Ma ò core tene ragioni cà ll’ate nù ponno capì” Saluti Prof.

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