L’IRRISIONE

Le previsioni economiche per l’Italia sono nere. Siamo sinceri: nerissime. Da molti decenni, e costantemente, l’Italia ha aumentato le ragioni di trovarsi nei guai, riuscendo alla fine a galleggiare a stento, col naso a un paio di centimetri sopra l’acqua. Oggi è inutile cercare i colpevoli, perché per la maggior parte sono morti. Potremmo pure giudicare responsabili coloro che gli sono succeduti, ma essi hanno in buona fede creduto normale seguirne l’esempio. Sicché siamo in braghe di tela, senza nessuno con cui prendercela. Fra l’altro, se resuscitassero, i morti potrebbero dirci in coro di aver fatto ciò che gli italiani gli chiedevano, per essere felici.
Qualcuno potrebbe dire che è colpa del virus Sars-CoV-2, se ci troviamo in tremende difficoltà, ma non è interamente vero. Una persona prudente non ha nel cassetto giusto di che comprarsi da mangiare e pagare le bollette fino alla fine del mese. Perché l’imprevisto – il costoso imprevisto – non è affatto un imprevisto. Chi è al riparo dalla improvvisa necessità di subire una costosa operazione chirurgica? Chi è sicuro di non avere un incidente d’auto che miracolosamente lo lascia illeso ma rende necessario l’acquisto di una nuova automobile? In realtà, chi non ha un piccolo volano, una riserva di denaro, qualcosa con cui far fronte ad un’improvvisa spesa, è come se avesse posto le premesse per affondare alla prima mareggiata.
Qualcuno dirà che una pandemia come quella che ci troviamo ad affrontare non era prevedibile e, per così dire, i guasti da essa provocati sono comunque imparabili, senza un aiuto. Ma questa affermazione è gravemente contraddittoria. Se fosse vero che la pandemia è capace di mandare al tappeto qualunque Paese, come mai l’Italia invoca l’aiuto di altri Paesi, se possibile a fondo perduto? In base alla teoria prima formulata, anche questi Paesi dovrebbero essere al tappeto. Forse che la pandemia non è arrivata anche da loro? Se dunque c’è una differenza fra noi e loro, e se questa differenza è a nostro sfavore, a chi vogliamo dare la colpa, al “destino cinico e baro”?
Per questo ho poche speranze. Perché, contrariamente ad una sessantina di milioni di concittadini, non reputo che sia dovere degli altri Paesi soccorrerci. E temo proprio che non ne abbiano nessuna voglia. Sicché non mi stupirei se, alla fine della fiera, ci ritroveremo con somme ben inferiori a quelle che speravamo di ottenere e per giunta non a titolo di regalo (sussidio, lo chiamano, come se esistesse il reddito di cittadinanza europea) ma a titolo di prestito.
Il realismo – se è autentico – deve prescindere dai propri interessi. Se mi credo autorizzato a tenermi il mio, poi non potrò permettermi di biasimare chi si tiene il suo. Se Molière condanna tanto duramente Tartuffe, sfruttatore della devozione altrui, e capace di insidiare la moglie del suo benefattore mentre cerca di rubargli il patrimonio, non è per questi comportamenti, quanto per il fatto che predica da mane a sera, in nome del Signore, le massime virtù. Quello che ispira una selvaggia voglia di vendetta è la pretesa dei buoni propositi che non si hanno, con il loro insopportabile sapore di irrisione.
L’Italia si è indebitata fino al collo e anche più su. Non è soltanto possibile, è probabile che nei mesi e negli anni prossimi dovremo pagare molto amaramente il fio delle nostre follie. Ma perché, per esempio a partire dai nostri governanti, rintronarci le orecchie con promesse che non soltanto non manterranno, ma non potrebbero mai mantenere? Con quale coraggio Giuseppe Conte ha potuto dire che: “Nessuno sarà lasciato indietro” quando la realtà probabilmente sarà che nessuno si salverà, a meno che non si salvi da sé? Quando mai lo Stato avrà le risorse necessarie (non il denaro, le risorse) per compensare le perdite economiche che tanti milioni di italiani avranno subite? E quanto ai sussidi in denaro, come farà a distinguere chi, per un’eccellente causa, avrebbe bisogno di molto di più e chi otterrà parecchio senza in realtà avere diritto a niente? E non pensano, i signori ministri, che i giornali sottolineeranno col megafono i due casi, fino a generalizzarli? Non sarebbe stato più onesto dire la verità? Oltre tutto era semplice: “Siamo presi nella tenaglia fra morte per virus e povertà. Faremo del nostro meglio ma non possiamo garantirvi né che eviterete l’una né che eviterete l’altra. Preparatevi a far fronte alle avversità”. E invece hanno detto: “Non vi preoccupate di niente, penseremo a tutto noi e tutto andrà bene”. Come comprarsi la rabbia e il rancore del prossimo a prezzo di favore.
E perché gli Stati meno disastrati dell’eurozona continuano a prometterci – ma in modo vago, intendiamo, senza precisare né cosa, né come, né soprattutto quando – un aiuto che molto probabilmente non ci forniranno? Probabilmente faranno la mossa, tanto per mettersi la coscienza a posto, ma aiuti sostanziali nisba. Ed io li capisco. Ma perché collaborano a diffondere la favola che la solidarietà è un dovere, quando spesso non esiste nemmeno fra fratelli, all’interno della stessa famiglia? E come mai gli italiani, tanto cinici normalmente, improvvisamente sono capaci di prendere sul serio le favole? L’interesse è capace di fare persino questi miracoli?
Molti dicono che l’Unione Europea potrebbe voler salvare l’Italia (ma anche la Spagna, ma anche tutti gli altri?) pur di salvare sé stessa. Ma questo è un modo erroneo di formulare l’ipotesi. Perché di quell’Unione fa parte la stessa Italia e, se potesse salvare sé stessa, il problema per noi non si porrebbe. Dunque l’ipotesi giusta è un’altra: i Paesi non indebitati, quelli capaci di sopravvivere alla crisi della pandemia, dovrebbero aiutare con una valanga di miliardi in regalo quelli che da soli non potrebbero farcela. Bene, ma per la Germania – visto che sempre di questa nazione si finisce col parlare – in fin dei conti il problema sarà: “Ci costa di più salvare l’Unione o la sola Germania?” E se le costerà di meno salvare soltanto sé stessa, col piffero che scucirà un euro per gli altri. E del resto, mi permetto di chiedere, non faremmo lo stesso ragionamento, noi, se fossimo al posto della Germania? E perché mai pretendiamo che loro si sacrifichino per noi quando noi (giustamente) non ci sacrificheremmo per loro?
A questo punto legioni di moralisti si lanciano in filippiche contro Berlino che avrebbe beneficiato dell’Unione a nostre spese. Tutti ripetono che da tempo ha un illecito scompenso nel bilancio delle esportazioni rispetto all’Unione stessa, ed altro ancora. La faccio breve. Ammettiamo che la Germania sia colpevole di furto nei nostri confronti per l’importo di mille miliardi di euro. Se essa fosse un nostro connazionale solvibile, andremmo dal giudice e ci faremmo restituire ciò che è nostro. Ma non è così. Qualunque cosa abbia potuto fare la Germania (ed io non la ritengo colpevole di niente) è abbastanza forte per tenersi il maltolto, e caso mai siamo stupidi noi a non aver fatto lo stesso, e peggio, di loro. Così si ragiona in campo internazionale.
A Berlino mi sentirei di chiedere un’unica cosa: di non dire “gli eurobond no” e poi, vedendo che tanti li chiedono, di ribattezzarli “Recovery fund”. E questo essendo assolutamente intenzionata a non scucire un euro né con l’una né con l’altra denominazione.
In Europa non cala una pioggia di “helicopter money” ma una pioggia di “promesse ipocrite” che sono altrettanti semi di discordia e rancore. Questo avremmo potuto evitarcelo. Anche se un Presidente del Consiglio come Giuseppe Conte, visto quello che dice, autorizza tutti gli altri a spararle più grosse di Münchhausen. Qualcuno che in Germania conoscono bene.
Gianni Pardo, giannipardo1@gmail.com

L’IRRISIONEultima modifica: 2020-04-26T08:20:49+02:00da gianni.pardo
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Un pensiero su “L’IRRISIONE

  1. “Annullare il debito pubblico in mano alla Banca Centrale non è una proposta campata per aria perché facendo parte del settore pubblico è una chiara partita di giro. Il problema è casomai politico” ( Roberto Perotti )

    Ammesso che si trovi un accordo il Recovery Fund non serve per almeno due motivi. Il primo è che arriverebbe troppo tardi, il secondo è che farebbe schizzare il rapporto debito/Pil a dei valori troppo alti per essere sostenibili. Rimane solo il Consiglio direttivo della BCE dove i Paesi nordici sono in minoranza. Se gli Stati agiscono solo ed esclusivamente nel loro interesse, questo è il momento di dimostrarlo. La BCE decida per la monetizzare del debito che ha acquistato ( che di fatto è già monetizzato ), in proporzione alla quota di partecipazione di ogni Stato, in modo da creare spazio per l’emissione di nuovo debito.
    E’ inutile girarci attorno, altre soluzioni non sono praticabili.

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