SCENDO AD ALESSANDRIA

Una volta un tale avvicinò un life master (così chiamano i grandi maestri di bridge) per proporgli un suo nuovo sistema di “dichiarazione”. Il super-competente studiò la cosa e se ne venne fuori con un giudizio definitivo: “Tutto ciò che è utile è vecchio, e tutto ciò che è nuovo è sbagliato”. Nello stesso modo, a proposito della politica mondiale e soprattutto italiana, può dirsi che, se uno proprio ne vuol scrivere, rischia di sentirsi dire: “Tutto ciò che è intelligente è stato già detto cento volte, e tutto ciò che è nuovo è stupido”.
È questa la tragedia della pubblicistica attuale. E infatti una noia imparabile colpisce come un fulmine chiunque osi leggere qualche editorale. L’unica soluzione, da qualche tempo, sembra essere quella di non provarci neppure. Meglio divagare. Meglio scrivere un corsivo divertente, una rievocazione storica, o riprendere un problema morale (sono argomenti eterni). Bisogna allontanarsi dall’attualità oppure accettare il rischio del sottile disprezzo altrui.
Comunque Il meglio che si possa fare è guardare i problemi tanto da lontano da non sentirne il puzzo. E poi non lasciarsi fuorviare dallr parole da cui sono attualmente ricoperti. Per esempio la famosa “montagna di soldi” (209 miliardi di euro) che sta per abbattersi sull’Italia e che ancora nemmeno sappiamo come spendere.
Formulato così l’argomento, c’è già di che prendersi la testa fra le mani. La montagna di soldi non sta per abbattersi sull’Italia ma, se tutto va bene, e procedendo a rate, arriverà nel corso di cinque-sei anni. Se è una cannonata, è una cannonata al rallentatore. In secondo luogo, noi non abbiamo soltanto il problema di come spendere questa somma, ma anche il problema di come restituirla, perché per la maggior parte si tratta di un prestito. Infine il problema di come spenderla è tutt’altro che secondario. Perché, in questi casi, i politici si accapigliano come avvinazzati. Del resto, basta fare l’ipotesi che si dica, ad una famiglia con cinque figli maschi al di sopra dei vent’anni, che si devono mettere d’accordo, tra loro e con i genitori, su come spendere mezzo milione. Si può star certi che scoppierebbe una lite epocale anche in una famiglia di santi. La somma è infatti tale da suscitare non soltanto i massimi appetiti personali, ma anche i massimi ideali, disinteressati ma non meno perentori.
Il fatto che l’Italia non sia ancora riuscita a mandare il relativo documento programmatico a Bruxelles non è stupefacente. E, per una volta, non è nemmeno colpa di Giuseppe Conte. Il fatto è che, quando si tratta di salvare il Paese con le “necessarie riforme”, ognuno la pensa a modo proprio. E questo “modo proprio” è incompatibile col modo altrui. Per esempio, per me liberale, la migliore riforma sarebbe quella di aumentare la libertà dei cittadini, diminuendo anche il carico fiscale, mentre per i socialistoidi di ogni colore, la miglior cosa da fare è affidare il denaro allo Stato di modo che, con i famosi investimenti, lo sperperi come ha sempre fatto in passato.
Né si può dire che l’Europa ci aiuti. Una delle linee guida delle riforme suggerite da Bruxelles è l’economia verde. Ammettiamo pure che sia una bella cosa. Ammettiamo pure che dopo averla attuata, l’aria sarebbe più pulita e il panorama più arcadico. Ma una cosa è certa: l’economia verde è costosa. Se non lo fosse, non ci sarebbe necessità di incentivarla. A questo punto, semplice domanda: se siamo tutti d’accordo che la nazione è in grave difficoltà economica, è questo il momento per riforme costose e anti-economiche, alle condizioni attuali? Se una famiglia mette a stento insieme il pranzo con la cena, e ringrazia il cielo di avere ancora una vecchia “Punto” funzionante, è forse il momento di comprare una Mercedes, se si trova a disporre di venti o trentamila euro, nel corso di cinque anni?
Leggendo i consigli di Bruxelles c’è da rimanere strabiliati. Noi siamo già dementi per conto nostro e loro ci consigliano di esserlo anche di più. Noi non riusciamo ad ottenere che tutti gli ospedali comprino le siringhe allo stesso (basso) prezzo, e loro ci parlano di digitalizzazione? Da noi anche una causa da cinquecento euro dinanzi al Giudice di Pace dura anni, e loro parlano disinvoltamente di riforma della giustizia, senza nemmeno metterla al primo posto?
Infine il problema della restituzione delle somme. È vero che, quando i debiti sono molto, molto, molto alti, spesso si finisce col non pagarli. Ma questo non vuol dire che si farà un affare. Se ciò che ci toglierà di dosso questo macigno sarà una guerra, una pestilenza, un’inflazione alla maniera dell’Argentina, un fallimento generale o qualche altra catastrofe, posso assicurare tutti che non ci sarà da divertirsi. E tanto meno ci si divertirà quanto più alto sarà il debito.
Ma perché sto a parlarvi di queste cose? È come se fossimo su un treno e ci fosse stato detto che poco prima di arrivare a Torino il convoglio salterà in aria. Che m’importa? Io scendo ad Alessandria.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
30/11/2020

SCENDO AD ALESSANDRIAultima modifica: 2020-12-01T08:13:40+01:00da gianni.pardo
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