L’IPERTELIA DI RENZI

Ci sono gli amori a prima vista anche per i concetti. Anni fa incontrai l’ “ipertelia” e me ne innamorai. L’esempio che mi se ne dava erano i palchi di alcuni cervidi. Il cervo che vuole assicurarsi il diritto ad accoppiarsi con le femmine deve battere i rivali, facendo a cornate. Dunque più grandi e più forti sono le sue corna, maggiori sono le sue possibilità. Ma delle corna troppo grandi possono impigliarsi fra i rami degli alberi in modo così inestricabile che l’animale non riesce più a liberarsi e muore di fame e di sete. I palchi hanno lo scopo di favorire il cervo nella riproduzione, ma possono andare “oltre lo scopo” (ecco il significato greco di iper-telia) e uccidere colui che dovevano favorire.
La parola mi piacque molto perché implica il concetto di misura, di moderazione, di riflessione sul proprio comportamento. Se mi innamoro del mio lavoro, e guadagno sempre di più, fino a non avere il tempo di spendere ciò che ho guadagnato, o comunque di godermela, devo decidere: se lavoro per vivere, devo guadagnare di meno e concedermi più tempo, se lavoro per il piacere di lavorare, posso continuare, ma devo smetterla di dire che lavoro per i soldi. O per i miei figli o per qualunque altro scopo. Perché se il denaro finisce con l’essere un valore in sé, fin ad interferire col mio riposo, il mio divertimento, la mia vita affettiva, costituisce un’ipertelia e, per così dire, una mostruosità.
Il concetto è di ambito universale e, già da solo, costituisce una severa critica quasi di ogni “success story”. Nessuno diviene un grande atleta, un grande concertista, un grande politico o perfino un grande scacchista, se alla sua passione non dedica la sua intera vita. Ma – appunto – è sano dedicare tutta la propria vita ad una passione dominante? Nella Bibbia si esecra Esaù perché cedette la sua primogenitura (e dunque il fatto che il Messia sarebbe nato dalla sua discendenza) per un piatto di lenticchie. Ma per chi è miscredente, per chi pensa che il Messia non sia apparso sulla terra né poco tempo dopo Esaù, né mai dopo (questa è comunque la convinzione degli ebrei), non è chiaro che Esaù ha fatto un affare? Il piatto di lenticchie era qualcosa di reale; l’affare della discendenza e del Messia una leggenda. Sono più saporite le lenticchie.
Più spesso che riguardo ai cervi, penso all’ipertelia a proposito dei politici, e in particolare al più politico dei politici attuali, Matteo Renzi.
Renzi ha una marcia in più rispetto ai suoi colleghi perché è un animale politico nato. Gli altri, forse, ogni tanto, devono costringersi a non avere scrupoli, a non vergognarsi di quello che fanno, ad essere amorali. Renzi no. Lui sembra innocente e crudele come una tigre. E infatti è anche simpatico. Non dà la sensazione della doppiezza, dell’acredine, dell’animosità. Sorride del tutto naturalmente anche alla sua vittima, perché non intende mangiarla in conseguenza di chissà quale intento criminale, ma semplicemente perché è il suo modo di nutrirsi. Il leone sarebbe molto sorpreso, se si sentisse definire “una macchina di morte”. “Io, una macchina di morte? Io sono un cacciatore, un grande cacciatore come Orione, amico degli dei”.
Ma in questo campo la lingua francese ha una felice intuizione quando, parlando di qualcuno, dice che “Il a les défauts de ses qualités”, ha i difetti delle sue qualità. Un uomo è preciso, affidabile, accurato? Qualcuno dirà, magari con ragione, che è pedante, pignolo, asfissiante. Qualcuno che sia generoso può anche essere definito spendaccione; chi è buono può essere detto fesso; chi è razionale può essere considerato freddo. Di ogni medaglia si può vedere l’altra faccia.
Nel caso del politico nato, l’ipertelia è costituita dal contraccolpo delle sue caratteristiche. Egli preferisce il proprio interesse all’amicizia, ma poi non si potrà aspettare i vantaggi dell’amicizia. Chi è un professionista del tradimento non può stupirsi se qualcuno lo tradisce. E se esagera, se tratta tutti da nemici, attuali o potenziali, presto si troverà circondato da nemici.
A questo punto colui che era nato per essere un capo politico rischierà di essere un capo senza esercito. Cesare non aveva un grande rispetto del Senato ma aveva un grande rispetto dei suoi soldati. Con i nemici era un grande patrizio di Roma, con i suoi legionari era un commilitone. Perché di loro aveva bisogno per vincere. Esattamente come Napoleone che, in guerra, dormiva in una tenda, e su una branda militare, in modo da rimanere, anche da Imperatore, le petit caporal che i suoi soldati amavano.
Una vecchia barzelletta, anni fa, raccontava del divieto imposto a Golda Meir, il Primo Ministro israeliano, di portare la minigonna, non perché fosse vecchia e brutta, ma perché con quell’indumento le si sarebbero visti i testicoli. Volgarità a parte, la storiella voleva sottolineare che era più forte e virile di tanti uomini. Ma diceva anche un’altra cosa: gli “attributi” bisogna più averli che mostrarli. Il politico di razza non deve esibire troppo gli artigli. Forse che li sventolò mai Andreotti? E forse che non li aveva, e ben affilati?
A tutto questo si può pensare mentre l’Italia si chiede se oggi Renzi faccia sul serio o bluffi. Se agisce per l’Italia o per il suo partito, o ancor più precisamente per sé stesso soltanto. La sua inaffidabilità umana – grande qualità, per un politico – ha incontrato lo stesso limite del grande bugiardo: il guaio di non essere creduto nemmeno quando dice la verità.
Siamo a poche ore dal tanto atteso incontro con Giuseppe Conte e nessuna osa fare previsioni. E qui si vede quanto ha funzionato l’ipertelia di Renzi. Il ragazzo prodigio, il politico nato, è inchiodato al suo 3%, mentre Giorgia Meloni, solo perché appare sempre sincera e coerente, è riuscita a far superare al suo similpartito le intenzioni di voto del M5S, che appena tre anni fa ha superato il 32% dei voti.
Forse il vero genio della politica è lei, non Renzi.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
17 dicembre 2020 ore 16

L’IPERTELIA DI RENZIultima modifica: 2020-12-17T16:13:09+01:00da gianni.pardo
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