I DANNI DELLA RIFLESSIONE

Una statistica rivela che il 60% degli abitanti di Stoccolma vive da solo. E in generale la percentuale di coloro che vivono da soli si è raddoppiata o più che raddoppiata nei Paesi sviluppati. Qualcosa tutto ciò significherà.
Ovviamente non sono in possesso di una spiegazione incontrovertibile, ma penso che il fenomeno dipenda innanzi tutto da tre cose. La prima è la prosperità. Infatti se un tempo due persone vivevano insieme, ed ora vivono da sole, prima avevano un solo tetto ed ora hanno bisogno di due tetti. Che devono potersi pagare.
La seconda è che si fanno molto meno figli. Infatti possono vivere da soli gli adulti, non certo i bambini o i ragazzi. Ma è la terza la più interessante. Sembra che l’uomo sia sempre meno un animale sociale sottoposto agli istinti.
Il primo istinto che si è attenuato è quello di avere figli. Magari tre o quattro, come quando bisognava contrastare la mortalità infantile. Oggi invece sembra che sesso e procreazione abbiano perso il loro collegamento. Uomini e donne, a proposito di figli, si chiedono innanzi tutto: “Chi me lo fa fare?” E spesso quel perché non lo trovano. Ma già il fatto di porsi l’interrogativo è un possente incentivo per non imbarcarsi nell’impresa. Un’impresa che, a conti fatti, effettivamente comporta molti più problemi e preoccupazioni che soddisfazioni.
Pare anche che si sia attenuato l’istinto della socialità. Almeno il 60% degli Stockholmers (chissà come si chiamano, in italiano) segue il detto: “Meglio soli che male accompagnati”. Ma sarebbero proprio male accompagnati? È questo il punto.
L’uomo è un animale sociale e dunque la sua collocazione normale è in famiglia. Da figlio o da padre, ma non da solo. Questo implica il dovere della tolleranza, perché accanto ai vantaggi pratici, affettivi e persino sessuali della convivenza, ci sono i normali inconvenienti derivanti dalla differenza di carattere, di gusti, di preferenze, ed anche di idiosincrasie. Un tempo si sapeva che questo era l’inevitabile scotto del vivere e infatti i tedeschi hanno un bel modo di dire, “in Kauf nehmen”, accettare nell’acquisto. Cioè sapere che non puoi avere una cosa senza l’altra. Oggi invece, come per i figli, l’uomo non accetta nessun fastidio che possa evitare pagando. E in queste condizioni l’inevitabile frizione della convivenza diviene insopportabile. Non so più quale attrice o attore di Hollywood dichiarava sorridendo: “Sì, il nostro è un matrimonio felice, lui vive a Londra ed io a Los Angeles”.
Un tempo l’unità della società era la famiglia patriarcale. Poi, nel Ventesimo Secolo, è divenuta la famiglia nucleare: padre, madre e figli. Nel Ventunesimo stiamo arrivando alla scissione del nucleo, e l’unità della società rischia di essere il singolo.
Si direbbe che, per la prima volta, in seguito alla prosperità economica, stia divenendo un fenomeno di massa qualcosa che nessuno aveva previsto: la capacità di riflessione. Forse l’homo sapiens, a forza di riflettere, sta arrivando alla conclusione che, se val la pena che lui personalmente viva, e comodamente per giunta, non è detto che valga la pena di strapazzarsi per far sopravvivere la specie.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
19 dicembre 20208

MISPRONOUNCED WORDS
Seconda puntata
P.e.: Sciopping. P.c.: ‘ʃopiŋ, all’incirca sciopin, con una sola “p” e senza “g” finale. Solo la “n” cambia, che diviene “ŋ”. Questlo suono (“ŋ”) non è affatto misterioso. Se pronunciate la parola “inglese” e vi fermate prima della “g”, sentirete la “ŋ”. “ŋ” è il suono della “n” quando ci si prepara a pronunciare una gutturale come la g o la k, e poi non la si pronuncia. Niente “g”, in shopping.
Altra cosa: shopping significa andare a fare la spesa, e una signora inglese rideva di cuore avendo sentito che “la regina era andata a fare shopping”. L’aveva immaginata con una sporta pesante appesa al braccio, stanca e sudata. Dite “compere”.
A proposito di doppie: O.K, si pronuncia “ou-kɛi, con una sola kappa e dittongando la “o”. In inglese non esistono le doppie consonanti. Per O.K. la soluzione è semplice: dite “Va bene”.
L’innocente sandwich si pronunzia senza “d”, la prima vocale è “æ” e la consonante finale è, a scelta, una “c” (t ʃ, come in “cesta”) o una “g” (dƷ , come in “giro”).Dunque “sænwidƷ”.
Tanti errori dipendono dal fatto che gli insegnanti d’inglese, ammesso che conoscano la pronuncia giusta, si stancano di correggere gli alunni. Così è nato l’inglese degli italiani, che gli inglesi non comprenderebbero (se non dal contesto), e comunque probabilmente giudicano ridicolo. Gli insegnanti alla fine permettono perfino che i ragazzi pronuncino ”of” (si legge “ʌv”) come “off” (“of”), mentre off ha un altro significato. Ho sentito su “Radioclassica°” pronunciare “Orchestra off London”, che sarebbe come dire “Orchestra lontana da Londra, quanto meno in periferia, dove forse non fa danno”. E costei era pagata per pronunciare quelle tre parole: “’Ookǝstrǝ ʌv ‘lʌndǝn.
Mentre poi ad un professore di liceo scientifico, per 1,500€ al mese, si chiede di spiegare letteratura in inglese. Per fortuna i professori non sanno farlo e comunque i ragazzi non li capirebbero.
G.P.

I DANNI DELLA RIFLESSIONEultima modifica: 2020-12-19T11:21:07+01:00da gianni.pardo
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15 pensieri su “I DANNI DELLA RIFLESSIONE

  1. Alla RAI, mooolto tempo fa, esisteva un apposito “ufficio” incaricato di studiare e insegnare, ai lettori dei tg e comunque a chi doveva comparire sugli schermi, la corretta pronuncia di parole in tutte (o quasi…) le lingue, compresa la posizione degli accenti; servizio poi soppresso “per economia”. D’altra parte, riguardo alla pronuncia, Google offre tale servizio online, con risultati direi egregi per le lingue più comuni, non saprei per quelle che lo sono meno (il traduttore automatico è invece penoso). Questo per il parlato. Quando, tanti anni, stavo a Bombay, seguivo le notizie dal mondo attraverso The Voice of America, in un inglese perfettamente comprensibile (e anche gli indiani colti usavano un ottimo inglese). Quando poi andai in USA (California e Michigan) trovai una situazione ben diversa, per non dire in certi congressi internazionali. Suppongo che la stessa cosa sia successa, all’epoca, per il latino; e succederà per il cinese. Ma non mi sembra importante: Alan Friedman ha una pronuncia talvolta “comica” (alla Ollio, dice qualcuno), ma che non pregiudica la sensatezza del discorso.
    Più seria è la questione dello scritto, dell’abuso di anglicismi, delle applicazioni e traduzioni “fantasiose”. Ne è causa soprattutto la mancata frequentazione (per patriottismo? per storico sciovinismo?) in lingua originale di libri e film (che pure, per i secondi. ha prodotto una scuola di doppiatori di cui andiamo orgogliosi, seppur decaduta), che ha convinto “il popolo” che usarli “fa fino” e ” ‘struito”. Però, riguardo proprio allo shopping, sia il Collins che il Longman e il Cambridge (che offrono anche la pronuncia) sembrano piuttosto ampi nella definizione, non riferendolo solo all’acquisto di broccoli. Che siano cambiati i tempi?

  2. Consiglio due buoni traduttori online, DeepL e Reverso, gratuiti, interagiscono con Windows e traducono con un comando tutto quello che si evidenzia, in tutti i programmi, non solo nel browser, anche email e altre app. DeepL ha il limite dei 5000 caratteri nella versione gratuita, ma si possono aprire diverse sessioni e tradurre tutto quello che si vuole. Di ogni parola, cliccandola, ci sono diverse alternative: con un minimo di conoscenza dell’inglese si possono avere ottime traduzioni. Anche Reverso interagisce con Windows, ha anche la pronuncia e fornisce un gran numero di esempi di uso comune. Per avere la pronuncia dei nativi si può usare Forvo. Per imparare IPA (alfabeto fonetico internazionale) ci sono tanti corsi gratuiti, io consiglio BritLish. In internet è possibile avere tutto quello che serve per l’apprendimento dell’inglese, tantissimi corsi gratuiti, ma anche a pagamento per avere didattica a distanza personalizzata. Chi al giorno d’oggi si ostina a sbagliare le pronunce delle parole straniere è un pigro o un menefreghista (che fa rima con fancazzista). :))

  3. “Per fortuna i professori non sanno farlo e comunque i ragazzi non li capirebbero.”
    Mi permetto di contraddirLa: pochi, ma esistono.

  4. Strano: i commenti riguardano la pronuncia e la traduzione di lingue straniere quando l’argomento del giorno è ben altro. Gli Italiani, ma anche gli Europei o gli occidentali in genere non si riproducono più o non in misura sufficiente per assicurare almeno la stabilità della popolazione (allo scopo è necessario un tasso di natalità del 2,1%). Direi che negli anni Cinquanta e persino Sessanta sposarsi, fondare un famiglia, avere dei figli fosse l’aspirazione della stragrande maggioranza della gente. Poi vennero la Cinquecento e la Seicento, insomma il benessere eccetera. E i figli divennero un peso e persino una scocciatura – come per gli antichi Romani decadenti. Un’evoluzione inevitabile, è vero, ma che lo stesso dà da pensare. Comunque non preoccupiamoci troppo: se noi siamo decadenti e destinati ad estinguerci, abbiamo al di là del Mediterraneo un “giardino d’infanzia” al quale attingere, come dice Emma Bonino.

  5. Non so a quale lingua lei si riferisca, ma io posso dirle che, al liceo, avevo un collega di inglese che era nato ad Omaha (Nebraska) e l’inglese lo parlava sul serio. Incaricato di una supplenza nella sua classe (una quinta) fidando che, almeno in quella classe, potessi permettermelo, ho parlato in inglese, vedendo intorno a me facce sbalordite. Nessuno capiva una parola. Ed io non ho giudicato male il collega- Chi insegna una lingua straniera neolatina può anche provarci, ad insegnare in lingua straniera, ma per l’inglese (e non parliamo del tedesco) direi che “non se ne parla. Insomma non sono stato affatto sicuro che sarei stato più bravo del collega di Omaha. Del resto, all’università il coltissimo prof.Brunelli insegnava letteratura francese parlando in italiano. E dubito che ne fossero capaci, anche per le altre lingue, i suoi colleghi. Non so se l’Italia sia o no un paese per vecchi, certo non è un Paese per poliglotti.

  6. Due opinioni:
    – famiglia: piu’ che essere scomparsa, e’ cresciuta fino ad essere sostituita dallo Stato, diventando molto piu’ grande e potente. Controprova: dove c’e’ poco Stato, sia nel dare che nell’avere, il familismo impera, per necessita’ di sopravvivenza del singolo attraverso la protezione della sua tribu’. Si potrebbe dire Familismo vs. Nazionalismo, se non fossero due dimensioni diverse dello stesso oggetto (Gianni, provi ad immaginarsi senza la pensione, o la proprieta’, o il valore della moneta, garantiti dallo Stato, lei da solo contro le famiglie numerose circostanti e con tante bocche da sfamare).
    – sopravvivenza della specie: e’ da un bel pezzo che se problema c’e’, e’ per eccesso di riproduzione, non per carenza. E’ notizia di qualche tempo fa, e ora sta raggiungendo i media specializzati, che l’insieme dell’uomo con la sua cosiddetta tecnosfera, in peso, pare abbia superato la somma di tutti gli altri esseri viventi, alberi compresi. Un successo travolgente. Trovatemi un altro animale in cima alla piramide alimentare (l’uomo e’ di gran lunga il piu’ temibile e apicale dei predatori) che possa essere presente in quantita’ tanto massiccia nel suo ambiente senza consumarlo e distruggerlo completamente, a prescindere dal suo grado di ecologismo consapevole. E senza essere falcidiato dalle epidemie per eccesso di brodo di coltura per microrganismi costituito dalla specie stessa: senza le scoperte della medicina degli ultimi secoli, dai vaccini in poi, mai saremmo potuti concentrarci in citta’ tanto grandi e diventare cosi’ numerosi (e anziani) diffondendoci in ogni angolo della terra, le pestilenze ricorrenti ci avrebbero tenuti a bada.
    https://www.nature.com/articles/s41586-020-3010-5

  7. x Sergio. Bene, analizziamo. Fare figli è un’operazione in perdita. Le spese per “farli crescere” e fornirgli l’istruzione adeguata (tale che poi non ti rimproverino per “non aver fatto abbastanza”) potevano essere un investimento speculando sull’obbligo di mantenimento e di tutela verso i genitori quando vecchi. Ma se il sistema di welfare se ne fa carico, se i figli si disperdono nel mondo, oppure – al contrario – se ti aspetti che sarai solo un peso e quindi non ti aspetti nulla, diventa solo “beneficienza” carica di oneri. Passiamo al matrimonio. Indubbiamente, fornisce compagnia e aiuto: per una femmina, “sposare un uomo significa avere chi ti sposta i vasi pesanti sul terrazzo”. Per un uomo, significa avere infermiera, consolatrice e sesso facile. Peccato che ormai questo è ben poco vero (“signora mia, non ci sono più le donne e gli uomini di una volta”). Rimane la compagnia e l’aiuto nella vecchiaia, che è la principale recriminazione dei single e di vedove/i; ma è un progetto a scadenza troppo lunga e di esito incerto quando ancora vi si è lontani. Occorre quindi una grande dose di ottimismo per “mettere su famiglia con figli”, che è scarsa oggi quando gli scienziati prevedono la morte del pianeta a breve “se tutti noi non faremo qualcosa” (“tutti? 8 miliardi? allora non c’è speranza…”). In conclusione, un essere razionale ed “economico” eviterebbe il rischio. A meno di un “progetto di potenza collettivo”, tipico ad esempio di batteri, muffe ecc., in cui la moltiplicazione protratta a ritmo sostenuto serve a fini di dominio e “schiavizzazione” dell’ambiente; simile per le formiche, ma con la colonizzazione di territori diversi.
    Che è poi il progetto che Salvini attribuisce all’islam (come monolite), trascurando che tra GLI islam pare che il passatempo preferito sia stripparsi tra di loro.
    Cordialità.

  8. @ Roberto

    In gran parte vero quello che scrivi. Lo stesso contesterei queste tue affermazioni:
    “Fare figli è un’operazione in perdita.”
    “Occorre quindi una grande dose di ottimismo per “mettere su famiglia con figli”.”

    Perché si vive? O persino: qual è il senso della vita? Il senso ultimo – riprodursi e trasmettere i propri geni – era dato e da tutti o quasi tutti accettato (persino con gioia nonostante tutto), era l’orizzonte della gente comune, cioè di tutti o quasi tutti. Poi arrivò la dolce vita del dopoguerra che ha oscurato quell’orizzonte. Oggi il senso della vita è autorealizzarsi, godersela, e i figli intralciano questo progetto di vita tanto da essere considerati una vera e propria scocciatura. È successo altre volte nella storia (Augusto istituì una tassa per chi aveva meno o solo tre figli, non ricordo bene – la tassa sul celibato del Ventennio non è stata una pura invenzione).
    Che avere figli sia un’operazione in perdita dipende dal punto di vista. Lo è per tanti Italiani, chissà forse addirittura per la maggioranza oggi. Anche per tanti occidentali. Ma secondo me è un errore o forse la ineluttabile fase finale di una civiltà. Vorrei aggiungere che io non ho figli e oggi i bambini mi danno in genere ai nervi (rumorosi, viziati, maleducati ecc.). Però continuo a pensare lo stesso che – non ridere – “i bambini ti tirano su” (i tedeschi dicono: sie stellen dich auf). Sono o possono essere carini, divertenti, bisognosi di protezione ecc., danno un seno alla tua vita ovvero ti senti importante e indispensabile per loro ecc. (altra risata, vabbè). E poi attraverso i figli “ti etterni” (doppia t come nella Commedia).
    In una società in espansione demografica ci possono stare ed essere tollerati anche i celibi, ma sembra che gli Italiani a furia di realizzarsi e di godersi la vita si stiano estinguendo. Qualcosa non va o, come detto sopra, questa evoluzione è perfettamente naturale: il troppo benessere castra gli individui. Alcuni Pardo vanno benissimo, anzi siano benedetti; milioni di Pardo (o del sottoscritto) sono invece un problema.

    P.S. Una curiosità. Nel mio dizionarietto filosofico (l’autore è un gesuita) c’è scritto che sposarsi è obbligatorio per tutti (ma Gesù sembra non lo fosse). Un’eccezione si può fare per i religiosi poiché la generazione e la sopravvivenza della società sono ampiamente garantite.

  9. Mentre discutiamo di pronuncia e di com’era eroico il passato, si susseguono le annate sulla tabella istat dei cittadini residenti divisi per eta’, da cui potete facilmente evincere che stanno avvicinandosi alla pensione classi di eta’ da un milione di persone l’anno nate fra i 40 e i 60 anni fa, mentre chi dovra’ avvicendarsi e mantenerle appartiene a classi di eta’ da 0.4 milioni/anno, meno di meta’. Giornalisticamente, forse esagerando un po’, a meno che non si consideri bambino un ventenne, si parla di un bambino per ogni 5 anziani.

    Dal punto di vista socioeconomico, questo fatto da solo implica l’apocalisse, anche senza considerare che cio’ avviene in concomitanza con la necessita’ inderogabile per l’italia della mitologica crescita economica al fine di mantenere la sostenibilita’ del debito e del sistema pubblico italiano, crescita materialmente IMPOSSIBILE, anche perche’ avviene a sua volta in concomitanza con la prossima inevitabile carenza mondiale di risorse a causa dell’intemperanza demografica globale dell’ultimo secolo, italia per prima compresa, per cui e’ irresponsabile chiedere piu’ figli, visto che e’ proprio il piu’ figli che ci sta portando alla crisi epocale. Il vero Hockey Stick, ben prima di quello climatico, e’ quello demografico.

    Presone atto, forse fanno bene i nostri politici ad agitarsi in modo ormai francamente pagliaccesco, sconclusionato e insensato, e facciamo bene noi a discutere di pronuncie.

    Chi ha ancora solo pochi anni di vita e’ fortunato e fa bene a goderne, perche’ si e’ preso il meglio. Forse, pero’, sarebbe serio evitare moralismi, dato che chi e’ in eta’ di fare prediche non solo si e’ gia’ preso il meglio, ma ha anche marcato il gramo destino di chi verra’ dopo, generazionalmente parlando, di sopravvivere in un mondo gia’ sfruttato fino all’osso.

    Popolazione residente per classi di eta’:
    http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=42869#

  10. x Winston. Bah, a certe speculazioni prospettiche su base planetaria, a certi calcoli basati su ipotesi e postulati, do credito limitato. La tecnologia e l’inventiva riescono spesso a superare certe limitazioni. Gli allevamenti bovini sono indicati come responsabili di consumo di acqua e suolo: i nostri nipoti si abitueranno a mangiare proteine animali derivate da insetti, quando la bistecca costerà quanto un orologio di Bulgari. E si abitueranno a non sprecare alimenti gettandoli nella spazzatura. Problemi seri vedo in certe materie prime e nell’energia, ma soluzioni possono esserci (compreso nucleare) e si stanno studiando. E’ da tenere sotto controllo la demografia di Cina e India, con i riflessi sui consumi: diventeranno abbastanza “ricchi” per limitare la quantità di figli, come da sempre succede negli altri Paesi? Ma questo rapporto è una “legge”? Il problema serio e ravvicinato – in particolare per noi – è l’invecchiamento della popolazione, con la sostenibilità del sistema pensionistico che sta “sulle spalle” di chi (singoli e imprese) è ancora produttivo, E osservo che, curiosamente, tanto amore attuale per “la Natura” dimentica che nella Natura “vera” (non quella di creazione “poetica”) chi non “produce” o non può badare a se stesso viene semplicemente abbandonato al suo immanente destino (non esistono colibrì o elefanti cardiologi). Nell’umano, il terrore per questo meccanismo “naturale” lo spinge a riempirsi di “medicine” artificiali per allontanare l’immanente destino (che pure lo porterebbe alla beatitudine dell’incontro ravvicinato col Padre Celeste o equivalenti). Strana contraddizione, così “umana”: evidentemente, si ritiene fondamentale, chissà, per la sopravvivenza del Pianeta; al quale si sente molto affezionato, ed ai suoi prodotti. Ma forse per “natura” si intendono solo i passerotti e i fiorellini, che tanto ci deliziano.
    Strano animale. Innaturale. Forse un prodotto di tecnologia extraterrestre.

  11. Sergio, a me sembra semplicistica l’equazione che vorrebbe generosi quelli che “investono” su un figlio, ed egoisti quelli che non lo fanno per godersi la vita.
    Innanzitutto, fare un figlio sperando che si prenda cura di te è una delle cose più egoistiche che si possono fare – ma per fortuna non tutti i genitori sono motivati da questo. C’è poi il fatto che uno può fare un figlio e curarsene poco, oppure non farne e passare la sua vita a prendersi cura degli altri, o del pianeta, o comunque di qualcosa al di là del proprio divertimento personale. Infine, una delle caratteristiche più notevoli dell’uomo è la sua immensa adattabilità. Magari uno adesso si guarda intorno, vede com’è messo il pianeta, e dice: non è il momento di riprodursi. Quindi è una decisione dettata non tanto dall’egoismo personale o meno, ma dalla capacità di capire le circostanze. E per fortuna: pensa se tutti insistessimo a fare sempre la stessa cosa anche quando la situazione richiede l’opposto…
    Gesù non dava molto peso alla famiglia, anzi; secondo me tutta la retorica familista cristiana deriva in parte dall’Antico Testamento in parte da tutte le culture in cui il cristianesimo ha dovuto attecchire per sopravvivere. Se leggi bene il Vangelo la famiglia è un disvalore, non un valore.

  12. Il favore per la famiglia e per la procreazione di molti figli nasce dall’istinto di conservazione della specie, particolarmente quando la mortalità infantile era altissima. Dunque, a mio parere, non è questione di Vecchio Testamento, ma di umanità.
    In secondo luogo, per quanto riguarda i vangeli, benché scritti molto posteriormente alla vita di Gesù, essi conservano lo stesso ampiamente traccia dell’autentico messaggio di quel profeta, che era essenzialmente apocalittico. Dunque non è che la famiglia fosse un disvalore, quando che non c’era tempo per occuparsene, tanto era vicina la fine del mondo. “Non avrete il tempo di visitare tutte le città di Israele…”

  13. Non esiste nessun istinto di conservazione della specie, anche perche’ la selezione non avviene a livello di specie salvo che negli insetti eusociali, le formiche, cui peraltro assomigliamo pericolosamente sempre di piu’ nella nostra organizzazione, c’e’ l’istinto a fare sesso e l’istinto ad accudire la prole, e c’e’ l’istinto a primeggiare fra gli individui della propria specie, non contro le altre specie che sono solo “cose” da usare quando servono. Poi, che nelle societa’ “arretrate” appartenere ad una tribu’ numerosa sia la migliore assicurazione sulla vita, lo capisce al volo chiunque ci si trovi in mezzo o a capo, senza bisogno di alcuna intelligenza (e.g. “8 milioni di baionette”), visto che l’unico predatore cui e’ sottoposto l’uomo e’ l’altro uomo piu’ organizzato (microrganismi esclusi a chiudere il cerchio – l’uomo riunito in societa’ e’ senza dubbio alcuno IL predatore apicale, e in quanto tale dovrebbe essere raro sulla terra, solo nel qual caso potrebbe anche essere utile e prezioso, ma cosi’ non e’, ed e’ quindi facile immaginare come andra’ a finire, prima o poi).
    Le famiglie, quando non c’e’ un nemico esterno da fronteggiare unite, esplodono in cento pezzi, e’ la dinamica piu’ antica del mondo, che si manifesta a tutti i livelli di dimensione e complessita’ delle comunita’ umane: la guerra, il capro espiatorio, e’ il collante della societa’.
    La maternita’ e’ istintuale, la paternita’ NO oppure se lo e’ lo e’ in grado molto minore, e’ in gran parte un costrutto sociale, da cui il rinselvatichimento e l’esplosione della violenza maschile di branco dove la famiglia non c’e’ o e’ precaria, come succede tipicamente negli strati infimi/disagiati delle nostre societa’, ma anche nei grandi stati nazionali dove lo Stato si sostituisce appunto alla famiglia, nel qual caso i branchi vengono chiamati eserciti.
    A periodi di grande euforia, crescita e prosperita’, che nella storia dell’uomo coincidono con le grandi scoperte di cui egli subito approfitta piu’ che puo’, ai carnevali, seguono le quaresime, le crisi, le stasi, le decrescite, le guerre, le malattie. Per chi ci si trova in mezzo e’ semplicemente la normalita’, il peggio e’ per chi non ci si era abituato prima, fin da piccolo. Noi qui presenti abbiamo vissuto il periodo probabilmente piu’ florido dell’intera storia materiale dell’umanita’ sulla terra, gli anziani col “bonus” ulteriore della grande crescita, che e’ meglio della stasi anche quando opulenta, figuratevi la decrescita.

  14. “l’equazione che vorrebbe generosi quelli che “investono” su un figlio, ed egoisti quelli che non lo fanno per godersi la vita”

    In tal caso i piu’ generosi dovrebbero essere quelli con 15 figli (qui tipico fino a due o tre generazioni prima della nostra, tant’e’ che all’epoca abbiamo invaso il mezzo mondo non ancora completamente occupato, e tipico tutt’ora in africa): ma ce l’immaginiamo come sarebbe l’italia di oggi se tutti avessero continuato ad essere tanto “generosi”?
    Saremmo al cannibalismo.
    Ci arriveremo comunque, per quanto detto sopra, il covid e la crisi del debito e il depauperamento della biosfera globale sono solo le prime avvisaglie, “segnali deboli” com’e’ di moda dire adesso, cosi’ come dovrebbe far riflettere la colonizzazione di Marte di cui si parla, con lo schema mentale tipico della martingala nel giocatore d’azzardo, il continuo raddoppio della posta (meriterebbe analisi capire perche’ l’uomo, fra gli istinti difficilmente contenibili, abbia quello del gioco d’azzardo, e perche’ spesso i peggiori giocatori d’azzardo raggiungano posizioni apicali nella catena gerachica dove si prendono le decisioni, salvo che subito dopo gli immani disastri da essi provocati tipo le guerre miseramente perdute).
    E si continua a ciarlare di crescita come unica soluzione di tutti i mali, mali che naturalmente nell’immaginario possibile attuale non possono essere che di tipo economico, e questioni di crescita contabile, di partita doppia, di produttivita’, di merito, di tasso di interesse sul debito, di concorrenza, eccetera.

    Se tale sara’ il futuro, forse stiamo istintivamente e per paradosso facendo la scelta piu’ sensata: affrontarlo con l’atteggiamento del pazzo.

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