IL DILEMMA

Le idee sballate meritano rispetto. Detta così, può sembrare un’affermazione insostenibile: e se invece di “idee sballate” parlassi di “pensiero laterale”? La grande innovazione è al prezzo di un’idea che, prima, sembrava assurda.
In questo campo ho ricevuto una lezione da un coetaneo, quando non avevamo ancora vent’anni. Questo gaglioffo disse semplicemente: “Mi madre è talmente appetitosa che, non fosse mia madre me la fotterei volentieri”. Si esprimeva in modo volgare, ma in quel momento lo ammirai. Quel ragazzo diceva la verità, e la verità, prima di essere brutta o bella, è la verità. L’incesto è vietato ma quel divieto non ci impone di essere ciechi, e di non vedere che una donna è sexy, anche se è nostra sorella.
Personalmente, per ragioni di buon gusto, non avrei mai detto quello che diceva quel ragazzo. Fra l’altro perché l’aspetto di mia madre non me ne dava la minima tentazione: ma la lezione era valida. Molta gente non osa rispondere all’interrogativo di Nietzsche, che ho conosciuto molto più tardi: “Fin dove osi pensare?”
Ancora recentemente, parlando con una donna che aveva mille problemi a causa di una sorella malata, nevrotica, egoista, bugiarda e chissà che altro ancora, io le dicevo che doveva difendersene, e lei mi rispondeva:”Ma io ho il dovere di amarla, è mia sorella!” Io le rispondevo (inutilmente): “In primo luogo, non si ha il dovere di amare chi non ci ama. In secondo luogo, lei può comandare al suo comportamento, non ai suoi sentimenti. Può perfino essere generosa, con sua sorella, ma ciò non vorrà dire che l’ama. Perché non lo riconosce? Lei sua sorella la odia”. Ma lei continuava a rispondermi: “Ma è mia sorella!” Proprio non osava pensare. E ammettere la verità.
Partendo da questo realismo spietato mi sono posto il problema di quale sia “la retta via” per fronteggiare economicamente la crisi indotta dal Covid-19.
Per cominciare bisogna escludere quelle soluzioni che non sono soluzioni ma pii desideri. Non è una soluzione dire: “Domata la pandemia, ognuno riprenda la vita di prima, cercando anzi di riguadagnare il tempo perduto”. Come farebbe chi nel frattempo ha chiuso il negozio; ha fatto dei debiti e non riesce a pagarli; ha perso il credito in banca ed ha perfino perso i clienti, che da tempo si sono rivolti ad altri, a riprendere la vita di prima? Come farebbe a riprenderla l’impresa che ha dichiarato fallimento? E tutto questo senza dimenticare quella che i competenti chiamano la “filiera”. Il negozio che chiude non paga la pigione e come fa il proprietario del locale a ricuperare le pigioni perdute? E se non trova un nuovo commerciante cui affittare il locale, non soltanto non gli arriva più quel reddito, ma gli rimangono le tasse e le spese generali condominiali. Come fanno tutti costoro a riprendere “a tutta birra”, non appena la pandemia è divenuta quasi soltanto un ricordo?
La mazzata che è stata inflitta all’economia va paragonata – senza esagerare – ad una sconfitta in guerra. In questi casi ci vogliono anni, per recuperare. Non si riprende la vita di prima come dopo un black out elettrico di dodici ore. Infatti Rossellini, girando un film sulla situazione tedesca dopo la guerra, non l’intitolò: “Suvvia, business as usual”, ma “Germania Anno Zero”. Ecco il livello da cui si ripartiva.
Molti suggeriscono tuttavia una soluzione indolore: che lo Stato risarcisca tutti coloro che sono stati danneggiati dalla pandemia. Ma questa è una proposta platealmente assurda. Lo Stato non potrebbe mai risarcire tutti i danneggiati, perché nessuno Stato ha tanto denaro per farlo. Chi era meno indebitato e aveva un po’ di fieno da parte, come la Germania, ha qualche risorsa in più, ma neanche la Germania potrà risarcire tutti, integralmente. Ed anche chi fa meglio, in questo campo, come il Canada, non potrà farlo a lungo. Non parliamo dunque della maggior parte degli Stati, indebitati fino al collo. In questo campo possono soltanto fare la mossa, e non a favore di tutti, come si è visto in Italia. Da noi l’errore aggiuntivo è stato quello della retorica, quando si è promesso di indennizzare tutti e “nessuno sarebbe rimasto indietro”. Infatti indietro è rimasta, tutt’intera, l’Italia.
E poi, come si diceva, ammesso che uno Stato sappia e possa risarcire tutti per un mese, per due mesi, per tre mesi, può forse farlo per un anno o due? È impossibile. Quanti cittadini onesti, prudenti e senza debiti, hanno tanto denaro da parte da poter vivere due anni senza avere un reddito? E se non possono farlo i cittadini, perché dovrebbe poterlo fare uno Stato, soprattutto uno Stato, come quello italiano, che ha un debito corrispondente a una ventina di mesi di prodotto interno lordo? Se tutti gli Stati si mettessero ad indennizzare interamente tutti i cittadini, ovviamente a debito, chi gli farebbe credito, se in campo ci sono solo richiedenti denaro?
Qualcuno dirà: “Le Borse, i privati”. Ma i privati già sanno che il debito pubblico non sarà restituito. Il dato di fatto è stato elevato al livello di ovvietà e certezza scientifica con la “Modern Money Theory”, secondo la quale da un lato è certo che il debito pubblico non sarà pagato (come dicevamo) e dall’altro che si possono fare debiti indefinitamente (come solo un imbecille potrebbe pensare). Dunque solo degli idioti presterebbero denaro agli Stati. E comunque, per ciò che qui interessa, una cosa è certa: nessuno presta denaro con la certezza di non riceverlo indietro. Si può truffare qualcuno e guadagnarci qualcosa per qualche tempo ma, come si dice, “non si possono ingannare tutti tutto il tempo”. E infatti basta chiedere ad un consulente finanziario quanti sono i privati che comprano titoli di Stato.
Né ci può far velo la generosità finanziaria dell’Europa. Se, mettendo insieme il debito di parecchi Stati, e con la credibilità che le viene dalle sue dimensioni, l’Europa ha potuto aprire i cordoni della borsa, dal momento che neppure l’Europa può ripagare quei debiti (non avendo fondi, e ancor meno, redditi suoi) ha soltanto rinviato il momento in cui i mercati, oltre a non fidarsi di Paesi come l’Italia, non si fideranno neppure dell’intera Unione Europea. La somma non è migliore dei suoi addendi.
Il denaro non è ricchezza, la rappresenta soltanto. Se una nazione produce ricchezza, sarà prospera, se non la produce non c’è denaro che possa sostituirla. È vero che Roma, dopo aver conquistato un Impero, visse in larga parte a spese di quell’Impero, ma in primo luogo sul resto dell’impero aveva i diritti del vincitore (diritto che l’Italia non ha nemmeno su S.Marino) e in secondo luogo, quando è divenuta infingarda e parassitaria, quell’impero lo ha perduto.
Tuttavia, nel momento in cui cerchiamo la “vera” soluzione per i danni economici provocati dalla pandemia, non possiamo trascurare un’obiezione di grandissimo peso: “È vero, con i provvedimenti anti-virus gli Stati hanno provocato enormi danni all’economia. Ma che avrebbero dovuto fare, lasciar morire la gente, pur di non danneggiare l’economia?”
E qui finalmente il cielo si schiarisce. Il dilemma è chiaro: se si salva l’economia non si salva la gente, ma se si salva la gente non si salva l’economia. Dunque bisogna smetterla con l’inganno di promettere la Luna. O si spiega ai cittadini che nei mesi e negli anni prossimi il problema sarà quello di non patire troppo la fame, o si spiega ai cittadini che bisogna accettare centinaia di migliaia di morti in più, pur di dare respiro all’economia. Inuiile dire che nessuna delle due opzioni è accettabile. Sarebbe come dire che non è accettabile chiedersi se sia meglio morire improvvisamente o avendo il tempo di prendere i necessari provvedimenti, perché l’unica soluzione accettabile è quella di non morire. Infatti la natura non ci ha mai chiesto di “accettare” che dobbiamo morire: ci fa morire e basta. Nello stesso modo, è inutile dire che non accettiamo il dilemma posto dal Covid-19. Abbiamo soltanto la scelta fra quanta miseria e quanti morti possiamo tollerare, essendo chiaro che quanto più diminuisce una delle due gradezze, tanto più aumenta l’altra.
Lo Stato italiano la smetta dunque di prometterci “ristori” ed altri pannicelli caldi. Ci avviamo verso anni di vacche magre e speriamo che, come nella Bibbia, esse non durino più di sette anni.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
21/01/2021

IL DILEMMAultima modifica: 2021-01-21T11:22:06+01:00da gianni.pardo
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3 pensieri su “IL DILEMMA

  1. Pardo, sa che ho un vicino di casa che non crede affatto a questo Covid?
    Dice che è tutta una messa in scena…
    e mette la mascherina (malvolentieri) solo per non prendere multe…
    non parliamo poi del vaccino (per lui veleno puro)..
    Lei non è affatto complottista?

  2. Perfettamente giusto e vero, ma l’attenzione di tutti, ovunque, è sul “salvare vite”, oggi, senza indugio, a tutti i costi, perché ogni vita ha un valore incommensurabile (e la mia qualcosina in più, ovvio, per una serie di motivi che non sto qui a elencare). E quindi si vaccinano (che sarebbe il salvagente universale, ma di efficacia e permanenza ancora in discussione) i più vecchi, compreso il 104enne, e da oggi gli over-80 sono in trepidante attesa della chiamata dell’ASL; e nessuno di loro – c’è da esserne certo – dirà “lasciate perdere me e vaccinate mio nipote”. E tutto ciò benché i vecchi non contribuiscano alla “produzione”, ma anzi “consumano” risorse prodotte da altri. Certo, il fatto che “consumino” ha un aspetto interessante, ma senza di loro i “produttivi” potrebbero consumare di più (se è il consumo il valore principe di una società). Certo, mancando loro potrebbe esserci il problema del baby-sitteraggio…
    Indubbiamente però, in una corretta analisi costi-benefici a lungo termine, la precedenza dovrebbe essere data agli elementi “produttivi” (con ulteriore precedenza alle donne, in quanto “fattrici”), quindi agli adolescenti (per il loro valore prospettico, non certo “per difendere i nonni”, che non si vede quale rilevanza abbiano per loro), infine i bambini (facilmente sostituibili con altri felici accoppiamenti tra i produttivi); con le sciacquature delle fiale si può infine provvedere ai più vecchi e ai già gravemente malati, ma solo “selezionati”.
    Ma purtroppo questo è un mondo di pazzi, inconsapevoli del baratro aperto davanti a loro.

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