LE CONGRÈS S’AMUSE

Sarà che ho un’eccessiva tendenza a meravigliarmi di ciò che accade ma, invece di limitarla, questa tendenza me la tengo stretta. È soltanto conservando la capacità di meravigliarsi, e di condannare le ingiustizie, che chi è nato in una società maschilista può accorgersi che il machismo è un orrore. Od anche, scendendo ad argomenti meno drammatici, notare le stranezze dell’attuale crisi governativa.
Come si sa, il Presidente della Camera, Roberto Fico, è stato incaricato dal Presidente della Repubblica di procedere ad un’“esplorazione”. Si tratta di vedere se i gruppi che hanno sostenuto il governo appena caduto siano disposti a rivotargli la fiducia, oppure a costituire un nuovo governo nello stesso ambito politico. Impresa disperata, in linea di principio. Se questi gruppi hanno litigato quindici giorni fa, perché dovrebbero andare d’amore e d’accordo fra quindici giorni?
Insomma questa riunione non serve a niente. Almeno, del Congresso di Vienna, nel 1814-15, si disse che “Il congresso si diverte”, perché le cose andavano per le lunghe e nel frattempo i delegati si davano a banchetti, balli ed ogni forma di mondanità. Qui invece ci si strapazza tanto per far funzionare le corde vocali. Non ci sono più i congressi di una volta.
Ammettiamo allora che la materia del contendere sia una soltanto: il fatto che Matteo Renzi non vuol più vedere Giuseppe Conte Presidente del Consiglio. A questo punto i gruppi si dovrebbero riunire soltanto per buttare fuori o Conte o Renzi, e trarne le conseguenze. E invece no. Renzi sostiene che non è questione di persone (anche se – unico – non accetta esplicitamente Conte): per lui è questione di programmi. E allora andiamo ai programmi. Anche se i delegati hanno già detto che la riunione non si concluderà con un documento scritto. E allora a che serve? Un altro mistero.
Fico che, sabato, ha incontrato i vari partiti politici, poi ha santificato la festa ed oggi, lunedì, ha dato il via alla discussione. Ma lui personalmente si è appena presentato all’inizio, ha augurato “buon lavoro!” e se ne è andato. Gli incaricati di discutere il programma sono stati lasciati soli, senza neppure un moderatore che abbia il compito di dare e togliere la parola, per quanto se ne sa.
E non è che ci si è comportati così perché il compito è facilissimo. Il programma sognato dovrebbe mettere d’accordo tutti, e questo rimanendo sempre inteso che tutto può scoppiare se tutti si impuntano su Conte e Italia Viva conferma il suo no. Ma per il momento lasciamo perdere ed occupiamoci del programma.
Occuparsi seriamente di un programma di governo significa affrontare una discussione estremamente ardua, perigliosa addirittura, perché i partiti si differenziano proprio per ciò che vogliono fare, una volta al potere. Dunque, quando parlano di questi argomenti, è come se parlassero della loro anima, della loro ragion d’essere, quasi di vita o di morte. E tuttavia una completa vittoria è in ogni caso esclusa. I politici possono tentare di mettersi d’accordo soltanto in via di compromesso. “Io rinuncio a questo e tu rinunci a quello”. “Del mio programma per la giustizia ne accetti due terzi, ed io accetto due terzi del tuo programma economico”.
Tutt’altro che una bazzecola perché, seppure scendere a compromessi è inevitabile, in democrazia, la cosa è spesso vista dagli elettori massimalisti come un tradimento. E se tutto questo è vero, è ovvio che il compromesso non lo può accettare una figura di secondo piano. Chi può farlo è soltanto chi di ogni partito è il dominus. Cioè colui che può far ingoiare ai maggiorenti e perfino alla base elettorale qualche disgustoso rospo.
Dunque, in questo caso, ci saremmo aspettati che per ogni partito andasse chi ha più potere. E invece ha cominciato Fico, andandosene dopo avere appena salutato. E poi la diserzione è stata totale. Leggete qui di seguito la lista dei presenti, come l’ha pubblicata l’Ansa: “partecipano una quindicina di persone: i capigruppo di M5S Davide Crippa ed Ettore Licheri, quelli del Pd Graziano Delrio e Andrea Marcucci, per Italia Viva i capigruppo Maria Elena Boschi e Davide Faraone, per Liberi e Uguali Federico Fornaro e Loredana De Petris, per ‘Europeisti – MAIE – Centro Democratico’ del Senato i senatori Raffaele Fantetti e Maurizio Buccarella, per il Gruppo parlamentare ‘Per le Autonomie del Senato Albert Laniece e Gianclaudio Bressa, per CD-Maie Bruno Tabacci ed Antonio Tasso”.
Ora ditemi, costoro hanno il potere di decidere per il loro partito? E allora che cosa sono venuti a discutere? A dire ad alta voce che tutti la pensano diversamente? Questo lo sapevamo già. Forse per questo hanno già detto che la riunione non si concluderà con un documento scritto. E allora a che serve? Un altro mistero.
Sorge il sospetto che essi si metteranno d’accordo su un programma puramente ideale ed ottativo (il libro dei sogni in riassunto, cioè la botte piena e la moglie ubriaca) che non servirà a niente. E poi i capi passeranno alla domanda fondamentale da rivolgere a Matteo Renzi: “Accetti che Presidente del Consiglio rimanga Giuseppe Conte?” E secondo la sua risposta si riformerà il nuovo governo, magari cedendo a Matteo Renzi anche su altro, o si andrà a rimettere la faccenda nelle mani di Sergio Mattarella.
Il perché ciò che deciderà Renzi è tanto importante è presto spiegato: perché, essendo il suo partito ridotto al lumicino, è l’unico a sinistra che non teme le urne. Gli altri abbaiano, lui può mordere.
Insomma ancora tre o quattro giorni persi, forse spesi dal Presidente della Repubblica per poter dire agli italiani: “Io ho fatto tutto il possibile. Ora non vi lamentate, se risolvo la faccenda a modo mio”.
Se questa fosse la spiegazione di tutto, finalmente avrei un po’ meno da meravigliarmi. Ogni volta che i comportamenti umani rientrano nello schema della stupidità o della follia mi tranquillizzo: finalmente è tornata la normalità.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com

LE CONGRÈS S’AMUSEultima modifica: 2021-02-01T17:36:41+01:00da gianni.pardo
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “LE CONGRÈS S’AMUSE

  1. Ennò, ennò. Un “programma” ci vuole, e occorre che sia approvato da tutti.
    Programma di legislatura, contratto PER l’Italia: lo si chiami come si vuole.
    Purché sia generico e con parole alate: “realizzare l’equità sociale”, “riformare il regime fiscale”, “assicurare giustizia rapida garantendo i diritti de* cittadin*” (raccomandato l’* per evitare discriminazioni…), “realizzare la felicità”. Chi non sottoscriverebbe?
    Abbiamo il governo, sulla base di premesse non negoziabili. E ovviamente “non è questione di nomi, ma di idee e buona volontà”.
    Poi, sarà sui “dettagli”, in fase di attuazione, che ricomincerà la gnàgnera. D’altra, è proprio questa la “grande bellezza” del nostro Paese. Si goda l’animazione di Bruno Bozzetto, in https://www.youtube.com/watch?v=XkInkNMpI1Q , e giudichi Lei se ci si può “dividere” anche per quanto riguarda un caffè al bar: cosa verissima…..

I commenti sono chiusi.