PROSPETTIVE E COMMENTI

Abbiamo superato la sella della caduta del governo Conte e si apre la grande vallata dei commenti. Negli altri giorni, il dramma era quello di doversi confrontare con un’attualità melmosa, collosa, e vagamente schifosa, che non cambiava nai. Oggi il problema è opposto: troppe novità su cui è difficile orientarsi. In parte, ovviamente, perché si tratta di futuro, in parte perché le variabili sono troppe.
Prima domanda: perché il Presidente della Repubblica non ci ha mandati a nuove elezioni? In questo campo l’ottimo Mattarella, a mio parere, ha commesso un grave errore. Ha enumerato una serie di ragioni e fra esse ha infilato il rischio di contagio dovuto alla pandemia. Questo argomento è invalido e tuttavia è stato quello che è stato percepito – e commentato – di più. In realtà, la caduta del governo non poteva aversi in un momento peggiore, nel senso che da mesi il governo Conte rinviava adempimenti essenziali e in particolare il lungo, articolato, particolareggiato documento da inviare a Bruxelles per ottenere i prestiti del Next Generation Ue (da ora NGU). E dunque o questo documento sarebbe stato preparato entro aprile, o si rischiava di perdere i benefici dell’NGU. E un documento di quel genere, che impegna l’Italia per parecchi anni avvenire, non poteva essere presentato da un governo in carica “per il disbrigo degli affari correnti”. Quel documento non è affatto “un affare corrente”. E tuttavia. Sciogliendo le Camere oggi, l’Italia non avrebbe un governo nel pieno dei suoi poteri prima di cinque mesi o più. Impossibile rinviare per tanto tempo, dunque niente elezioni anticipate. Almeno, non subito.
Perché un governo tecnico? Perché in Parlamento non c’è una maggioranza capace di formare un governo, e dunque l’unica alternativa era fra lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni, oppure – appunto – un governo tecnico.
Chi sosterrà il governo? In parte ciò dipenderà dal programma che Draghi proporrà al Parlamento, ma soprattutto dall’alternativa. Tutta la tragedia politica italiana è dipesa dal fatto che il trenta e passa per cento era (ed ancora è) costituito da pentastellati, tanto dotati per la vita parlamentare quanto lo sono io per la tassonomia botanica. Gente piena di ideali sballati ma disposta a rinunciare a tutto salvo la poltrona. E poiché votare contro Draghi corrisponderà – malgrado ogni volontà di Mattarella – ad andare a casa entro un mese, una volta sciolte le Camere, si può perfino pensare al voto positivo del M5s. Un partito nato da ideali rivoluzionari e palingenetici che, col passare del tempo, si è dimostrato disposto a rinunciare a tutto, salvo lo stipendio.
Naturalmente lo stesso argomento vale per gli altri parlamentari, seppure in minore misura, e dunque ci sarà una fortissima pressione per trovare le ragioni di un sostegno incondizionato a Draghi. In linea di principio, salvo imprevisti, l’economista dovrebbe ottenere una facile maggioranza trasversale.
Quale sarà il prevedibile programma di Draghi? Premetto che della nomina di Draghi sono contento a metà, per le ragioni che scrivevo ieri, prima dell’incarico, e che troverete nell’articolo “Mario Draghi”. Considerando la persona, di alcune cose si può essere sicuri.
Draghi non proporrà un governo “lacrime e sangue”. Da keynesiano convinto (keynesiano secondo la moda, non secondo Keynes) anche lui è un innamorato del “deficit spending”. Ciò potrebbe condurlo a provocare disastri ma, nel suo caso, abbiamo una guarentigia. Uno sciocco in possesso della teoria giusta probabilmente farà lo stesso disastri, mentre Draghi è l’opposto: una persona intelligente con una teoria sbagliata. Ma la sua stessa intelligenza e la sua cultura gli impediranno di fare errori marchiani. Mario Draghi non è Giuseppe Conte. Dunque il suo pragmatismo ci dovrebbe risparmiare il peggio.
Naturalmente il suo governo redigerà un piano dignitoso per il NGU e Draghi dovrà promettere a Bruxelles le riforme richieste per il rilascio dei fondi. Draghi le prometterà ma non credo che riuscirà a realizzarle, visto che siamo in Italia, sicché mi chiedo per quanto tempo riceveremo i fondi. Ma per questo c’è tempo.
In conclusione, c’è da essere contenti della scelta di nominare Draghi Presidente del Consiglio incaricato? Sì e no. Ma piuttosto sì che no, perché almeno non è un imbecille incompetente.
Quanto tempo durerà il governo Draghi? Si accettano scommesse. Probabilmente Mattarella spera che duri per tutto il 2021, in modo che dopo la patata bollente passi al nuovo Presidente della Repubblica. Ma facciamo tutte le ipotesi.
Draghi, nello stesso mese di febbraio, si presenta alle Camere e non ottiene la fiducia. Mattarella scioglie le Camere, si va a nuove elezioni e “Dopo di me il diluvio”.
Draghi ottiene la fiducia, presenta il documento a Bruxelles, ma subito dopo, con la prima scusa, gli viene negata la fiducia e cade il governo. Si va a nuove elezioni.
Oppure ciò si verifica quando già è scattato il semestre bianco, durante il quale Mattarella non può sciogliere le Camere, e ciò vuol dire che per mesi – forse per molti mesi – avremmo un governo in carica per il disbrigo degli affari correnti, cioè soltanto per tenere caldo il posto. E chissà che non sia un bene, dal momento che dei governi nel pieno dei loro poteri recentemente hanno provocato disastri, si pensi al reddito di cittadinanza e all’abolizione della prescrizione penale.
Ma è possibile che, anche durante il semestre bianco, si formi una maggioranza anomala (esempio: Lega+Fratelli d’Italia+Forza Italia+Italia Viva+parlamentari sfusi e in pacchetti) e questa, dopo avere fatto cadere Draghi, formi un nuovo governo. Basterà che un rappresentante di questa coalizione si presenti a Mattarella dicendo: “Eccoci. Abbiamo una maggioranza precostituita” e non potrebbe non ottenere l’incarico.
Insomma le variabili sono tante che non si possono fare previsioni serie. Attualmente mi sentirei di dire che Draghi otterrà la fiducia, ma perfino in questo potrei sbagliare. Non ci resta che incrociare le dita e ringraziare il Cielo per due cose: ci siamo liberati di Conte e del M5s e il prossimo presidente della Repubblica non sarà eletto prevalentemente da una maggioranza rosso-gialla. Magari esiste un altro personaggio equilibrato come Mattarella. Anche se, dopo i tanti esempi avuti in passato, dubito che il miracolo si ripeta. Io non mi sono ancora ripreso dallo shock di presidenti come Scalfaro, Pertini, Napolitano. Meriterei un “break”, una tregua.
Per concludere, alcune domande ingenue che tutti ci facciamo, non fosse altro che per giocare: chi ha vinto? Chi ha perso e perché?
A mio parere hanno perso – e disastrosamente perso – il M5s e il Pd. Essi hanno tentato di dare la colpa di tutto a Matteo Renzi, ma è vero che, in materia di programmi, hanno detto di no al Mes, alla riforma della prescrizione, e a tutti i provvedimenti che poi Renzi si è incaricato di snocciolare su un social network. Inoltre hanno detto di no ad alcuni cambiamenti essenziali nella compagine di governo (per esempio la rimozione di Alfonso Bonafede da un Ministero della Giustizia che gli andava a pennello come un tutù a un barbone, ed altro ancora). Fino a permettergli di dire che i grandi partiti della coalizione gli hanno detto no su tutto, e su ogni forma di “discontinuità”. Rimane da spiegare il perché di questa rigidità.
Se il limite dell’idealista è quello di non capire la realtà, il limite del cinico è quello di non capire che a volte gli altri possono avere moventi diversi da quelli che lui immagina. Probabilmente quei partiti si sono detti: “Noi siamo grandi e grossi, mentre lui ha un consenso tra i il due e il tre per cento. Perché mai dovremmo cedere alle sue richieste? Per lui sarà grasso che cola se gli consentiamo di rientrare nella maggioranza, e nel governo, alle condizioni di prima. Certo non rischierà di andare alle elezioni anticipate, dal momento che non è popolare. Mentre se rimane con noi beneficerà della popolarità di Conte e della nostra forza. Cederà. All’ultimo minuto, all’ultimo secondo, forse, ma cederà”. Viceversa non hanno tenuto conto di alcune cose.
In primo luogo, è vero che Italia Viva ha soltanto un piccolo gruppo di senatori, ma se quei senatori sono essenziali per la maggioranza di governo, è inutile sottolineare che sono diciotto su centocinquanta. È come dire che ho un’automobile perfetta in ogni particolare, capace di andare a duecento all’ora e che è impossibile che non riesca ad andare dove voglio soltanto perché mi manca una cosa stupida come un paio di litri di benzina.
Quanto all’altro calcolo, secondo cui Renzi era troppo debole per farli cadere da cavallo, ed anche per permettersi di andare a nuove elezioni, il loro errore è stato tanto più grande in quanto l’esempio opposto era proprio quel Conte che loro sostenevano. Si è detto e ripetuto fino alla noia che Conte era forte della sua debolezza, perché – come nel gioco chiamato “Shanghai” – toccato uno stecco si muove tutto, e si è perso. Ebbene, perché mai non hanno capito che la forza di Renzi era esattamente la sua debolezza? Non contando a sufficienza nel governo in cui era, non riuscendo a determinarne nemmeno in parte l’azione, e vedendo che il suo consenso “elettorale” non aumentava, Renzi e compagni hanno deciso che potevano rischiare tutto perché quel “tutto” era ben poco. E mentre le anime piccole non vogliono perdere nemmeno il poco, i coraggiosi sono capaci di rischiare e magari perdere. Certo è che il tonfo che ha fatto Renzi, uscendo dal governo, è stato molto minore di quello che hanno fatto Conte, il Pd e il M5s. Che si sono giocati il governo ed anche l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, che certo non sarà appannaggio soltanto della loro coalizione.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
3. febbraio 2021

MARIO DRAGHI
Mario Draghi è un uomo superiore. In Italia lo pensano tutti e qualcuno potrebbe ritenere che si tratti di un punto di vista interessato e provinciale. Ma mi risulta che Draghi è universalmente stimato anche in Europa, e questo è più o meno come un giudizio di Cassazione: mette punto alle polemiche. Con la conseguenza che, se fosse nominato capo di un governo istituzionale/del Presidente/dei tecnici/di transizione, o comunque si voglia chiamarlo, nessuno ne sarebbe scontento e nessuno oserebbe dichiararsi contro questa scelta. Nessuno salvo il sottoscritto.
Non che io neghi le qualità di Draghi, che per giunta mi è simpatico. Il punto è che se qualcuno è il miglior matador de España, sarà certamente un modello mondiale del coraggio e della tecnica della tauromachia, ma per chi è contro la tauromachia, quelle qualità non avranno valore. Perché servirebbero a fare qualcosa di sgradito. Si può uccidere velocemente un bovino per mangiarne la carne, ma è orribile che lo si tormenti a lungo e in parecchi, per giunta slealmente, solo per divertimento.
Questo paragone si applica a Draghi nel senso che, essendo la sua prima e fondamentale competenza l’economia, se segue una teoria che non mi convince, non mi convincerà neanche la sua azione di governo. Forse realizzerà le sue intenzioni in modo superlativo, ma sono intenzioni che non approvo.
Tutto questo, ai miei occhi, è fondato proprio sull’episodio che gli ha dato la massima fama e costituisce ancora oggi il suo massimo merito. Parlo proprio del “salvataggio” dell’Italia quando era il capo della Banca Centrale Europea. Proprio l’aver detto che avrebbe effettuato quel salvataggio “whatever it takes”, qualunque cosa sia necessaria e a qualunque costo, mi sembrò e mi sembra sbagliato. Non sempre il rimedio è migliore del male.
Ciò che Draghi pensava erano due cose: che i mercati avevano perso fiducia nella solvibilità italiana (sempre che non si sia trattato di una manovra della sinistra internazionale per rimuovere Berlusconi dal potere) e che quella fiducia poteva essere ristabilita trasferendo il peso del debito dall’Italia alla Banca Centrale Europea. E infatti da quel momento la Bce non ha fatto che sfornare miliardi per darli all’Italia, contribuendo alla sua spensieratezza e all’aumento del suo debito pubblico. Un debito che, già stratosferico prima del Covid-19 (134%) è schizzato col Covid-19 all’incirca al 160% del prodotto interno lordo. E non è detto che si sia fermato.
Draghi ha curato la malattia o il sintomo? Ha guarito l’economia italiana o ne ha nascosto la febbre, con un antipiretico?
La Bce infatti non ha fondi propri e un giorno o l’altro i soci dell’euro potrebbero ribellarsi a questa “inflazione mascherata” di cui beneficia soltanto l’Italia, a spese loro. In secondo luogo, se fosse vero ciò che pensa il keynesiano Draghi, le iniezioni di massicci fondi esteri per correggere la congiuntura avrebbero dovuto rilanciare la produzione, aumentare il nostro prodotto interno lordo e invece da noi il debito pubblico ha continuato a salire. Fino ad esplodere in questi mesi. Ha veramente salvato l’Italia o ne ha solo nascosto sotto il tappeto i problemi, aggravandoli, per qualche anno?
Insomma, Draghi non ha curato il male dell’Italia – il brutto vizio di spendere più di quanto incassa, indebitandosi fino al collo – ma le ha insegnato che può fare debiti a volontà. Tanto, whatever it takes, la salverà qualcun altro.
È vero che dopo Draghi Christine Lagarde aveva debuttato con ben diverse affermazioni, ma subito è tornata sui suoi passi. Le hanno fatto capire che non si trattava di salvare un’Italia spendacciona, quanto un’Europa stupidamente ad essa legata dall’euro. Ma anche la signora Lagarde sbaglia. O i debiti non sono un errore, e tanto vale indebitarsi a volontà, finché i mercati non dicono basta (ma allora perché è intervenuto il whatever it takes di Draghi?) oppure bisogna smetterla di fare debiti e arrivare al pareggio di bilancio. Anche se è costoso e doloroso. E soprattutto smetterla di credere nell’assurda fola che le spese demenziali dello Stato rilancino l’economia. Se fosse vero, dal momento che l’Italia segue questa politica da mezzo secolo, sarebbe il Paese più prospero d’Europa. E non lo è.
Se Draghi è il più intelligente dei keynesiani, mi leverò il cappello dinanzi a lui come mi levo il cappello dinanzi al miglior espada delle corride spagnole, ma questo non mi convertirà al keynesismo d’accatto che viene praticato, e che farebbe rivoltare Keynes nella tomba.
No, Draghi non è il nostro salvatore. Varrà certo quanto tutti gli attuali ministri messi insieme e, se metterà mano al documento da presentare a Bruxelles per il Next Generation Eu, sicuramente non commetterà gli errori di ortografia economica di cui è capace qualunque ministro dei Cinque Stelle, a partire da Giuseppe Conte incluso Ma lo stesso avrei preferito Antonio Martino, se ancora fosse attivo.
Gianni Pardo giannipardo1@gmail.com
2 febbraio 2021

PROSPETTIVE E COMMENTIultima modifica: 2021-02-03T11:08:49+01:00da gianni.pardo
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